La Cassazione chiarisce i confini tra occasionalità e attività d’impresa per chi vende regolarmente online. Con la DAC7 e i nuovi controlli digitali, la linea di confine tra hobby e business è sempre più sottile.
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1) Dalle pulizie di armadio all’impresa digitale: cosa cambia davvero
Vendere capi usati o oggetti di seconda mano su piattaforme come Vinted, Subito, Wallapop o eBay è diventata un’abitudine diffusa. Ma quando l’attività da “mercatino online” diventa, agli occhi del Fisco, una vera e propria attività commerciale?
La risposta è arrivata con la sentenza della Corte di Cassazione n. 7552 del 21 marzo 2025, che ha fissato un principio chiaro: se la vendita è abituale e organizzata, anche senza negozio fisico o partita IVA, costituisce attività d’impresa a tutti gli effetti. Il criterio chiave non è la piattaforma usata, ma la frequenza e la sistematicità delle operazioni.
Un contribuente che effettua centinaia di vendite, utilizza metodi di pagamento tracciabili, promuove gli annunci e tiene un magazzino — anche domestico — non può più considerarsi “occasionale”.
Nel caso esaminato dai giudici, il venditore aveva realizzato oltre 1.600 transazioni in due anni.
Per la Cassazione, tale volume era “incompatibile con la casualità” e configurava un’attività imprenditoriale, con obbligo di apertura della partita IVA, tenuta della contabilità e versamento delle imposte (Irpef, Iva, contributi).
2) I nuovi strumenti di controllo: la DAC7 e i dati delle piattaforme
A rendere più stringente il monitoraggio è la Direttiva europea DAC7 (UE 2021/514), in vigore dal 1° gennaio 2023. La norma impone a tutte le piattaforme digitali di comunicare annualmente all’Agenzia delle Entrate i dati dei venditori che superano determinate soglie:
- più di 30 operazioni o
- oltre 2.000 euro di ricavi complessivi annui.
I dati vengono poi condivisi tra le amministrazioni fiscali europee, permettendo controlli incrociati automatici su transazioni, conti correnti e flussi di pagamento. Parallelamente, diverse piattaforme — come segnalato nel rapporto Eurispes 2025 — hanno introdotto sistemi di autosegnalazione: segnalano all’Agenzia i venditori che superano i 1.000 euro di fatturato o che vendono più di cinque oggetti all’anno, anche se non titolari di partita IVA. Per i professionisti, questo significa che l’area di “zona grigia” tra vendita occasionale e attività d’impresa si è drasticamente ridotta: oggi basta poco per rientrare nella seconda categoria.
3) Redditi, IVA e presunzioni: le implicazioni fiscali operative
Chi vende online in modo abituale genera reddito d’impresa (art. 55 del Tuir) e non redditi diversi (art. 67). Ciò comporta una serie di obblighi fiscali e contabili:
- apertura della partita IVA e scelta del regime (forfettario o ordinario);
- emissione di fatture o ricevute per ogni operazione;
- versamento dell’IVA sulle vendite, ove dovuta;
- tenuta dei registri contabili e dichiarazione dei redditi annuale.
L’Agenzia delle Entrate può procedere anche in via presuntiva, utilizzando:
- le movimentazioni bancarie;
- i dati trasmessi dalle piattaforme (DAC7);
- i flussi di pagamento digitali (PayPal, Stripe, ecc.);
- le evidenze derivanti da controlli incrociati su codice fiscale e IBAN.
Ai sensi dell’art. 51 del DPR 633/1972, queste presunzioni hanno valore probatorio e consentono all’Amministrazione di ricostruire i ricavi anche in assenza di contabilità formale.
In tal caso, l’onere di dimostrare che si trattava di vendite occasionali ricade sul contribuente, che dovrà fornire prova documentale della casualità e della natura personale dei beni venduti.
4) Come distinguere un’attività occasionale da un’impresa
Criterio | Vendita occasionale (no IVA, no impresa) | Attività d’impresa (obblighi fiscali) |
Frequenza | sporadica, saltuaria | continuativa, sistematica |
Organizzazione | senza struttura né mezzi dedicati | con strumenti, promozioni o stock di beni |
Finalità | cessione di beni personali usati | compravendita con intento di profitto |
Quantità e valore | limitato, sotto 2.000 € e 30 operazioni annue | elevato, oltre le soglie DAC7 |
Canali di vendita | non professionali, senza tracciabilità | uso di piattaforme, conti business, metodi tracciati |
Non esiste un numero preciso di vendite che segna il confine tra attività occasionale e impresa, ma alcuni indici oggettivi aiutano a orientarsi.
Chi supera anche solo alcuni di questi parametri dovrebbe valutare, con il supporto del proprio consulente fiscale, l’apertura di una posizione IVA o l’inquadramento dell’attività come microimpresa.
Nel caso contrario, il rischio è di incorrere in accertamenti fiscali con sanzioni per omessa dichiarazione e mancato versamento dell’imposta, oltre al recupero dell’IVA e dei contributi.
5) Le nuove sfide per il fisco digitale e i professionisti
La sentenza della Cassazione e l’attuazione della DAC7 segnano un nuovo capitolo della fiscalità digitale.
L’attenzione del Fisco si sposta sempre più sulle micro-attività nate online, spesso prive di struttura formale ma potenzialmente rilevanti sotto il profilo economico. Le piattaforme di intermediazione non sono più spazi neutri: diventano nodi di compliance fiscale, obbligati a trasmettere i dati, identificare gli utenti e segnalare le anomalie.
Ciò comporta per i cittadini un maggiore rischio di controlli automatizzati, ma anche la possibilità di regolarizzarsi volontariamente prima che scattino le verifiche. Per i consulenti fiscali e gli studi professionali, si apre un nuovo ambito di assistenza:
- supporto alla classificazione dell’attività (occasionale o d’impresa);
- analisi preventiva delle soglie DAC7 e dei flussi di pagamento;
- consulenza per l’adesione a regimi agevolati (forfettario o microimpresa);
- gestione di eventuali istanze di ravvedimento e regolarizzazione.
Il principio di fondo è semplice: non è la piattaforma che fa l’impresa, ma la costanza dell’attività.
E nel 2025, con la trasparenza dei dati e gli algoritmi di controllo incrociato, la linea di demarcazione non è mai stata così chiara.
La digital economy rende sempre più labile il confine tra hobby e business.
Vendere online con regolarità — anche solo per arrotondare — oggi comporta obblighi precisi e verificabili. La frequenza delle operazioni e l’intento di profitto sono i criteri decisivi che trasformano l’attività da personale a imprenditoriale.
Chi supera determinate soglie di operazioni o ricavi deve quindi adottare un approccio trasparente: aprire la partita IVA, gestire correttamente la contabilità e pagare le imposte dovute. Il consiglio per i contribuenti è uno: non attendere l’accertamento.
Per i professionisti, invece, è il momento di ampliare i servizi di consulenza fiscale digitale, perché anche un “armadio online” può ormai diventare, per il Fisco, una vera impresa.