Con l’ordinanza n. 21635 del 28 luglio 2025, la Corte di Cassazione ribadisce con fermezza un principio cardine in materia di riscossione coattiva: la nullità della cartella di pagamento emessa da un Agente della riscossione territorialmente incompetente.
La competenza, radicata nel domicilio fiscale del contribuente, non è una mera formalità procedurale, ma un requisito di validità dell’atto, posto a presidio del diritto di difesa e dei principi di efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa.
La pronuncia si inserisce in un solco giurisprudenziale consolidato, confermando che l’unificazione della riscossione sotto un unico ente nazionale non ha scalfito la rilevanza delle articolazioni territoriali e delle relative, inderogabili, sfere di competenza.
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1) Il caso
La vicenda processuale trae origine dall’impugnazione di una cartella di pagamento, relativa all'imposta di fabbricazione su oli minerali, notificata a una società in qualità di coobbligata solidale.
Il ricorso della contribuente veniva parzialmente accolto in primo grado dalla Commissione Tributaria Provinciale.
Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale, in sede di appello, accoglieva l’impugnazione dell’Ufficio.
Avverso tale decisione, la contribuente proponeva ricorso per Cassazione, affidandolo a quattro motivi.
Tra questi, spiccava, per il suo carattere pregiudiziale, la censura relativa alla violazione delle norme sulla competenza territoriale dell’Agente della riscossione.
In particolare, la ricorrente lamentava che la cartella fosse stata emessa dall’Agente della riscossione della Provincia de L’Aquila, nonostante la società avesse il proprio domicilio fiscale in Roma.
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2) La decisione della Corte
La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 21635 del 28 luglio 2025, ha accolto il ricorso della contribuente, cassando la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha annullato la cartella di pagamento.
I Giudici di legittimità hanno ritenuto fondato e assorbente il motivo relativo all’incompetenza territoriale dell’Agente della riscossione.
La Corte ha riaffermato il principio, ormai consolidato nella sua giurisprudenza, secondo cui la competenza territoriale per l’emissione della cartella di pagamento è determinata inderogabilmente dal criterio di correlazione tra l’ambito territoriale di operatività dell'Agente e il domicilio fiscale del contribuente.
Richiamando gli articoli 12 e 24 del D.P.R. n. 602 del 1973, la Corte ha statuito: “Ne consegue, da un lato, che il ruolo deve essere necessariamente consegnato dall’ente impositore all’agente della riscossione il cui ambito territoriale coincide con il domicilio fiscale del contribuente; dall’altro, che solo l’agente della riscossione nel cui ambito territoriale sussiste il domicilio fiscale del contribuente può emettere la cartella di pagamento nei confronti di quest’ultimo, pena la nullità dell’atto riscossivo (si veda, da ultimo, la ricostruzione sistematica effettuata da Cass. n. 23889 del 05/09/2024).”
La Corte ha inoltre operato una netta distinzione tra la competenza ad emettere l’atto, che è inderogabile, e la facoltà di delegare la materiale attività di riscossione ad altro ufficio, prevista dall’art. 46 del medesimo D.P.R. n. 602/1973, la quale ha natura facoltativa e non sana il vizio originario di incompetenza nell’emissione dell’atto.
Poiché nel caso di specie era pacifico che il domicilio fiscale della società contribuente fosse a Roma, la Corte ha concluso per la nullità della cartella di pagamento emessa dall’Agente della riscossione della Provincia de L’Aquila, accogliendo l’originario ricorso della società.
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3) Il commento
L’ordinanza in esame merita piena adesione per la chiarezza e il rigore con cui riafferma un principio fondamentale a tutela del contribuente e della legalità dell’azione amministrativa.
La statuizione della Corte non si limita a risolvere una questione meramente formale, ma tocca il cuore del rapporto tra Fisco e cittadino, ribadendo che l’esercizio del potere impositivo e della riscossione deve avvenire nel rispetto di regole precise, la cui violazione determina l’invalidità dell’atto.
La ratio del criterio di competenza territoriale, legato al domicilio fiscale del debitore, è plurima.
Da un lato, risponde a esigenze di efficienza, speditezza e razionalizzazione dell'attività amministrativa, come più volte sottolineato dalla stessa giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 20669/2014 e Cass. n. 20458/2019, citate nella stessa ordinanza in commento). Dall’altro, e con valenza ancora maggiore, costituisce un presidio essenziale per il diritto di difesa del contribuente (art. 24 Cost.).
Radicare la competenza dell’Agente della riscossione presso il domicilio fiscale del debitore significa garantirgli un interlocutore prossimo, facilitando le comunicazioni, l’adempimento spontaneo, la richiesta di informazioni e, non da ultimo, l’eventuale esercizio del diritto di azione in sede giurisdizionale.
Il fondamento normativo di tale principio è inequivocabile e risiede nel combinato disposto degli artt. 12, comma 1, e 24, comma 1, del D.P.R. n. 602/1973.
Tali norme stabiliscono una sequenza procedimentale vincolata: l’Ufficio impositore forma i ruoli distinti per ambiti territoriali e li consegna all’Agente della riscossione “dell'ambito territoriale cui esso si riferisce”.
L’ambito territoriale, a sua volta, è definito in base al domicilio fiscale dei contribuenti iscritti a ruolo. L’emissione della cartella di pagamento da parte dell’Agente è l’atto conclusivo di questa fase, e non può che essere posto in essere dal soggetto legittimato in base a tale criterio.
L’orientamento è pacifico e consolidato.
Numerose pronunce, sia di legittimità che di merito, hanno costantemente affermato che l’atto di riscossione (cartella, intimazione di pagamento, fermo amministrativo) emesso da un ufficio territorialmente incompetente è affetto da nullità (Tribunale di Siracusa, sentenza n. 288 del 18 marzo 2025; Corte di Giustizia Tributaria di 1° grado di Rovigo, sentenza n. 147/2021; Corte di Giustizia Tributaria di 1° grado di Catania, sentenza n. 4987/2024).
La giurisprudenza ha precisato che tale vizio attiene alla carenza di potere in concreto dell’organo che ha emesso l’atto, configurando un'ipotesi di incompetenza funzionale e territoriale che rende l’atto nullo (Tribunale Palermo, sez. 5, sentenza n. 2700/2020).
È altresì importante sottolineare come la giurisprudenza abbia chiarito che la riforma del servizio di riscossione, con la soppressione di Equitalia e il subentro dell'ente pubblico economico “Agenzia delle entrate-Riscossione”, non ha minimamente inciso sulla vigenza e sulla rilevanza di tale principio (Cass. civ. ord. n. 23889/2024).
Anche se l’Agente della riscossione è oggi un ente unico a livello nazionale, esso opera attraverso articolazioni territoriali la cui competenza rimane definita dalle norme previgenti. Come correttamente osservato da recenti decisioni, l’accentramento della funzione in un unico ente non ha determinato “l’abrogazione implicita degli artt. 24 e 46 del d.P.R. n. 602/1973” (Cass. civ. ord. n. 23889/2024; Tribunale di Caltanissetta, sent. n. 360 del 25 maggio 2025).
In conclusione, la decisione della Suprema Corte si pone in linea di continuità con un indirizzo che tutela la certezza del diritto e il corretto esercizio del potere amministrativo.
La nullità della cartella emessa dall’Agente incompetente non è una sanzione sproporzionata, ma la logica e necessaria conseguenza della violazione di una norma attributiva di competenza, posta a garanzia di un equilibrato e trasparente rapporto tra amministrazione e contribuente.
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