In merito al rapporto tra regime forfettario e Reverse charge, occorre distinguere se si tratta:
- di una cessione di beni o una prestazione di servizi; ovvero
- di un’operazione interna, intra-UE o extra-UE.
Vediamo nel dettaglio.
| L’articolo è tratto dall’eBook “Tutti i casi di reverse charge”, recentemente aggiornato con le novità del D.lgs. 81/2025. |
Ti potrebbero interessare gli eBook:
1) Reverse charge interno
Le cessioni di beni e/o le prestazioni di servizi interne effettuate da soggetti che applicano il regime forfetario sono escluse dal regime dell’inversione contabile. Per tali soggetti rimane, quindi, obbligatoria l'emissione della fattura, senza addebito dell'IVA a titolo di rivalsa, che dovrà riportare l'annotazione “operazione in franchigia da IVA”, con l'indicazione del riferimento normativo.
Di converso, laddove il contribuente forfetario riceva una fattura senza l’addebito dell’imposta con l’annotazione dell’operazione soggetta a Reverse charge, dovrà adempiere agli obblighi IVA, per cui dovrà integrare la fattura ricevuta e, poiché non può detrarre l’IVA, dovrà versarla entro il 16 del mese successivo.
Tuttavia, in luogo del termine di versamento mensile, il D.Lgs n. 81/2025 ha previsto, dall’entrata in vigore del decreto stesso, il versamento dell’imposta sul valore aggiunto al secondo mese successivo a ciascuno dei trimestri solari.
| L’articolo è estratto dall’eBook “Tutti i casi di reverse charge”, recentemente aggiornato con le novità del D.lgs. 81/2025. |
Ti potrebbero interessare gli eBook:
2) Reverse charge esterno: operazioni intra-UE
In ambito comunitario, le cessioni di beni rese nei confronti di un soggetto passivo IVA si assimilano a cessioni interne, per cui sono effettuate senza l’applicazione dell’imposta a titolo di rivalsa, e la fattura deve contenere l’indicazione che “l'operazione non costituisce cessione intra-UE ai sensi dell'art. 41, comma 2-bis, del D.L. n. 331/1993 convertito in L. n. 427/1993”.
Oltre alla citata annotazione, la fattura dovrebbe altresì contenere la dicitura del regime forfetario. Le medesime regole sono poi previste quando le cessioni di beni avvengono nei confronti di un consumatore finale comunitario.
Invece, per le prestazioni di servizi rese ad un soggetto titolare di partita IVA comunitaria si applicano le regole ordinarie IVA, per cui il contribuente forfetario italiano deve innanzitutto iscriversi al registro VIES ed emettere fattura “non soggetta ad IVA ai sensi dell'art. 7-ter, D.P.R. n. 633/1972”, in regime di Reverse charge. Se, invece, le prestazioni di servizi sono rese ad un consumatore finale comunitario, la fattura è emessa senza IVA e con annotazione di applicazione del regime forfettario.
Per quanto concerne gli acquisti di beni in regime di inversione contabile intracomunitari, occorre verificare se è superata o meno la soglia annua di acquisti intracomunitari dei 10.000 euro. Nel caso in cui la stessa non fosse superata, gli acquisti effettuati da soggetti forfetari non sono considerati intracomunitari, bensì assimilati ad interni. Pertanto, saranno assoggettati ad IVA nel Paese del fornitore UE.
Diversamente, qualora la soglia sia stata superata, il contribuente forfetario, purché soggetto in regime di franchigia, deve assolvere gli obblighi relativi all’imposta, per cui deve dapprima integrare la fattura ricevuta dal fornitore UE indicando l’aliquota e l’ammontare dell’imposta e, poiché non può comunque detrarre l’IVA, sarà tenuto al versamento dell’imposta sul valore aggiunto entro il 16 del mese successivo. Tuttavia, in luogo del termine di versamento mensile, l’art. 6 del D.Lgs n. 81/2025 ha differito, dall’entrata in vigore del decreto stesso, il versamento dell’imposta sul valore aggiunto al secondo mese successivo a ciascuno dei trimestri solari.
| L’articolo è estratto dall’eBook “Tutti i casi di reverse charge”, recentemente aggiornato con le novità del D.lgs. 81/2025. |
Non occorre invece la verifica circa il superamento della soglia, se il contribuente in regime forfetario ha optato per l’applicazione dell’IVA nei modi ordinari; in questo caso, infatti, l’acquisto intracomunitario effettuato è soggetto ad IVA in Italia, con la conseguenza che il soggetto in regime forfetario è tenuto ad integrare la fattura ricevuta e a versare la relativa imposta.
Diversamente, per l’acquisto di prestazioni di servizi intra-UE – contrariamente agli acquisti di beni intra-UE – non si dovrà avere riguardo alla soglia di 10.000 euro: pertanto, il contribuente forfait dovrà in ogni caso essere iscritto al VIES, integrare la fattura ricevuta dal fornitore UE – con l’indicazione dell’aliquota e dell’ammontare dell’imposta – ed eseguire il versamento nei termini visti in precedenza.
In ultimo, si precisa che per gli acquisti effettuati da un soggetto in regime forfetario presso un fornitore UE che, a sua volta, usufruisce del regime speciale delle piccole imprese, trova applicazione l’art. 38, comma 5, lett. d) del D.L. n. 331/1993, secondo il quale tali acquisti non sono classificabili come “acquisti intracomunitari”.
Scopri tutti i nostri e-book pubblicati nelle diverse collane:
3) Reverse charge esterno: operazioni extra-UE
Superati i confini comunitari si seguono le regole ordinarie IVA, motivo per cui il contribuente in regime forfetario che esporta beni non deve addebitare a titolo di rivalsa l’IVA. Per le importazioni di beni, l’esercente di impresa, arte o professione che rientra nel regime forfetario procede ordinariamente al pagamento dell’IVA in dogana.
Per quanto concerne, poi, le prestazioni di servizi rese a clienti B2B extra-UE, esse seguono il principio generale di cui all’art. 7-ter del D.P.R. n. 633/1972, per cui la fattura deve essere emessa senza l’addebito dell’IVA con la dicitura “operazione non soggetta”. Nell’ipotesi inversa – ovverosia l’acquisto di un servizio da fornitore extra-UE – il soggetto passivo IVA italiano in regime forfettario deve procedere con l’emissione dell’autofattura e versare la relativa IVA derivante dall’integrazione della fattura ricevuta, nei termini di cui sopra.
Scopri tutti i nostri e-book pubblicati nelle diverse collane:
4) Le commissioni bancarie estere
Le prestazioni rese da istituti bancari e finanziari esteri – come SumUp, PayPal, Satispay, Amazon Pay e così via – hanno natura finanziaria e dunque sono esenti da IVA ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 1 del D.P.R. n. 633/1972.
Sotto il profilo “territoriale”, le commissioni pagate dal soggetto passivo italiano per le operazioni finanziarie poste in essere dal soggetto passivo di altro Paese, che sia esso UE o Extra-UE, sono rilevanti in Italia ai sensi dell’art. 7-ter del D.P.R. n. 633/1972, secondo il quale per le c.d. “prestazioni di servizio generiche” il luogo di effettuazione dell’operazione è quello di stabilimento del committente. Ai sensi dell’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, gli obblighi d’imposta per operazioni territorialmente rilevanti rese da cedenti/prestatori UE o Extra-UE nei confronti di cessionari/committenti soggetti passivi devono essere adempiuti da quest’ultimo attraverso la procedura di integrazione – se il cedente/prestatore è stabilito in altro Paese UE – ovvero di auto fatturazione – se il cedente/prestatore è stabilito in altro Paese Extra-UE.
Sul tema è intervenuta anche l’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 12/E del 2010, secondo la quale “nel caso in cui un’operazione rilevante ai fini IVA in Italia sia effettuata da un soggetto passivo non stabilito nel territorio dello Stato nei confronti di un soggetto passivo ivi stabilito, tutti gli adempimenti relativi all’applicazione dell’imposta gravano sul cessionario, il quale dovrà procedere all’assolvimento dell’IVA secondo il meccanismo del c.d. reverse charge. Quindi, nell’ipotesi di operazioni non imponibili o esenti, effettuate in Italia da soggetti non residenti nei confronti di cessionari o committenti nazionali, questi ultimi provvedono all’autofatturazione indicando in fattura, anziché l’IVA dovuta, gli estremi normativi in base ai quali l’operazione risulta non imponibile o esente. Il suddetto documento deve essere annotato nel registro delle fatture emesse e in quello delle fatture di acquisto (articoli 23 e 25 del DPR n. 633 del 1972), ma non deve essere riportato nel quadro VJ della dichiarazione annuale, trattandosi di fattura senza esposizione di IVA”.
Quanto esposto finora è valido anche per l’esercente attività d’impresa, arte o professione italiano aderente al regime forfetario di cui all’art. 1, commi 54-89, Legge n. 190/2014. In pratica, per adempiere agli obblighi comunicativi di cui al D.Lgs n. 127/2015, art. 1, comma 3-bis, entro il 15 del mese successivo al ricevimento della fattura o del documento comprovante l’operazione, il committente italiano dovrà trasmettere per il mezzo del Sistema di Interscambio il documento TD17, assoggettando la “tassa di servizio” ad aliquota Iva 0%, indicando come natura IVA “N4” e il riferimento di Legge art. 10, comma 1, n. 1 del D.P.R. n. 633/1972.
| L’articolo è estratto dall’utilissimo eBook “Tutti i casi di reverse charge”. |
Scopri tutti i nostri e-book pubblicati nelle diverse collane:
5) Per approfondire
Vuoi avere un quadro completo e sempre aggiornato sul Reverse charge?
L’articolo che hai appena letto è tratto dall’eBook “Tutti i casi di reverse charge”, recentemente aggiornato con le ultime novità normative.
Il volume analizza in modo chiaro e operativo l’intera disciplina del reverse charge, sia interno che esterno, con esempi pratici e casi applicativi.
Troverai inoltre:
- approfondimenti su casi particolari (regime forfetario, split payment, regime del margine, IVA per cassa e altri ancora);
- un esame dettagliato del profilo sanzionatorio;
- le principali implicazioni contabili.
Scopri l’eBook completo e tieniti aggiornato sulle regole del reverse charge.