L’assunzione del dirigente deve essere effettuata per iscritto e con l’indicazione delle funzioni attribuite.
Tuttavia l’assunzione può avvenire anche senza alcuna formale lettera di assunzione, attraverso la pronuncia del magistrato, qualora vengano dimostrate in giudizio le situazioni di fatto caratterizzanti la subordinazione, quale dirigente, di un (asserito) consulente (cfr. commento sub. art. 1, lettera c).
L’assunzione formale del dirigente industriale, viceversa, avviene attraverso la sottoscrizione di un atto (la lettera di assunzione) costituito da alcuni elementi essenziali:
- l’indicazione delle parti;
- la data di inizio del rapporto di lavoro;
- l’indicazione dell’inquadramento nella categoria dirigenziale;
- l’indicazione dell’applicazione del contratto collettivo dei dirigenti di aziende industriali;
- la descrizione delle mansioni, compresa l’indicazione dei poteri e delle responsabilità affidati;
- il luogo di lavoro;
- l’orario di lavoro (tempo pieno o part-time);
- l’indicazione della retribuzione;
- le informazioni sull’eventuale presenza e sulle relative modalità di utilizzo di sistemi decisionali e/o di monitoraggio integralmente automatizzati.
Sono viceversa elementi accessori (che molto spesso fanno parte integrante della lettera di assunzione):
- l’indicazione dei fringe benefits;
- la previsione di una parte variabile della retribuzione (che può essere assegnata in modo discrezionale, oggettivo o misto);
- l’eventuale periodo di prova;
- l’eventuale patto di non concorrenza;
- le modalità di utilizzo dei beni aziendali quali, ad esempio, autovettura, computer, telefono cellulare, indirizzo mail;
- l’eventuale richiamo ad un codice etico (aziendale o di gruppo);
- l’eventuale apposizione di un termine (nel rapporto di lavoro a tempo determinato).
La lettera di assunzione riveste un’importanza fondamentale nella futura dinamica del rapporto di lavoro e nella gestione delle eventuali criticità, contribuendo spesso a semplificare eventuali situazioni conflittuali, soprattutto nella fase terminale del rapporto di lavoro stesso.
Per questo è opportuno dedicare qualche approfondimento ai più comuni elementi accessori.
Per approfondire ti segnaliamo:
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1) I fringe benefits
I fringe benefits rappresentano una forma di retribuzione che viene corrisposta attraverso la fruizione di beni e/o servizi.
Per usare le parole della Suprema Corte:
“Il reddito da lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Tale regola è espressione del principio di <<omnicomprensività>> del reddito di lavoro con riguardo a tutto quanto percepito dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro, il che comporta che si debbano includere in questa categoria reddituale anche gli importi e le erogazioni in genere integranti un vantaggio accessorio attribuito dal datore di lavoro al dipendente in aggiunta alla normale retribuzione (fringe benefits)” (Cassazione 17 marzo 2020 numero 7377).
Poiché i fringe benefits sono considerati retribuzione a tutti gli effetti, il relativo valore economico deve essere calcolato ai fini dell’incidenza sugli altri istituti retributivi, soprattutto sul trattamento di fine rapporto e sull’indennità sostitutiva del preavviso.
Per le altre voci retributive occorre attenersi alla formulazione del contratto collettivo.
Trattandosi di retribuzione, inoltre, il valore dei fringe benefits rientra nella determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi previdenziali.
I fringe benefits più frequenti sono:
- polizze assicurative non previste dal contratto collettivo;
- l’assegnazione di un’autovettura aziendale (per uso personale o promiscuo);
- il rimborso di spese personali di viaggio;
- l’alloggio.
Questi ultimi due nel caso in cui il dirigente (con famiglia) sia residente in una località diversa dal luogo di svolgimento della prestazione lavorativa.
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Vedi anche
2) La retribuzione variabile
La retribuzione variabile, come detto, può essere quantificata attraverso 3 criteri:
- discrezionale;
- oggettivo;
- misto.
Se è quantificata con un criterio discrezionale, l’erogazione dipende esclusivamente dalla valutazione insindacabile del datore di lavoro; in tal caso il dirigente non matura alcun diritto azionabile ma una mera aspettativa.
Se la retribuzione variabile è quantificata in modo oggettivo, la relativa erogazione è vincolata al raggiungimento di determinati obbiettivi (aziendali e/o personali) oggettivamente riscontrabili.
In tal caso il dirigente acquisisce il diritto alla retribuzione variabile se e quando gli obbiettivi vengono raggiunti.
I problemi potrebbero sorgere se l’azienda, dopo essersi impegnata a fissare degli obbiettivi, ometta concretamente di farlo, impedendo così al dirigente la maturazione del relativo bonus.
In tal caso, per ottenere il pagamento della retribuzione variabile, il dirigente dovrebbe essere in grado di dimostrare che egli avrebbe potuto raggiungerli se fossero stati regolarmente fissati.
Trattasi di una prova da raggiungere anche in via presuntiva.
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È possibile, inoltre, che venga utilizzato un criterio misto, vincolato in parte al raggiungimento di determinati obbiettivi (ad es. il 50%) ed in parte alla insindacabile valutazione del datore di lavoro sulla prestazione lavorativa fornita dal dirigente.
Per una più approfondita disamina si rimanda al commento sub art. 6 bis, che peraltro è stato oggetto di revisione dal rinnovo del 13 novembre 2024.
Presso molte imprese, soprattutto se quotate in borsa, non è raro che la parte variabile della retribuzione dei dirigenti apicali sia corrisposta con particolari modalità, già utilizzate da tempo dalle banche per i cosiddetti “dirigenti strategici”.
La parte variabile viene corrisposta (solo) in parte attraverso denaro ed in parte (anche oltre il 60%, se si tratta di importi particolarmente ingenti) attraverso strumenti finanziari (principalmente stock options).
La corresponsione avviene nell’arco temporale di almeno un triennio e viene prevista la possibilità di non corrispondere la retribuzione variabile concordata (c.d. clausola di “malus”) o addirittura di recuperare la parte variabile già corrisposta (c.d. clausola di “claw back”), nel caso l’azienda registrasse delle performances negative o emergessero comportamenti inadempienti del dirigente.
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Il commentario analizza, articolo per articolo, tutte le disposizioni contrattuali, con un taglio pratico e ricco di riferimenti normativi e giurisprudenziali. Tra i temi trattati:
- nuovi criteri per la categoria di dirigenti;
- retribuzione minima garantita, fringe benefits, parte variabile;
- golden parachutes, patto di non concorrenza;
- responsabilità civile e penale;
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