Come noto la Direttiva (UE) 2022/2462, ovvero la Corporate Sustainability Reporting Directive (nota anche con l’acronimo «CSRD»), che si inserisce in un reticolato giuridico ampio, complesso ed eterogeneo, è stata recepita dall’Italia con il D. Lgs. 125/2024, innovando le relazioni sindacali.
Il principale presupposto normativo alla base di questa “rivoluzione” è certamente il Considerando 52 della CSRD che recita «Gli Stati membri dovrebbero garantire che la rendicontazione di sostenibilità sia effettuata nel rispetto dei diritti dei lavoratori all'informazione e alla consultazione. La direzione dell'impresa dovrebbe pertanto informare i rappresentanti dei lavoratori al livello appropriato e discutere con loro le informazioni pertinenti e i mezzi per ottenere e verificare le informazioni sulla sostenibilità. Ciò implica ai fini della presente direttiva modificativa, l'instaurazione di un dialogo e di uno scambio di opinioni tra i rappresentanti dei lavoratori e la direzione centrale o qualsiasi altro livello dirigenziale che potrebbe essere più appropriato, in tempi, secondo modalità e con contenuti tali da consentire ai rappresentanti dei lavoratori di esprimere il proprio parere. Il loro parere dovrebbe essere comunicato, se del caso, ai pertinenti organi amministrativi, direttivi o di controllo».
Sul fronte nazionale, invece, soccorrono:
- (i) l’art. 3, comma 7, del D. Lgs. 125/2024, riguardante la Rendicontazione di Sostenibilità individuale, che recita «La società, anche nel rispetto della normativa e degli accordi applicabili in materia, prevede modalità di informazione dei rappresentanti dei lavoratori al livello appropriato e discute con loro le informazioni pertinenti e i mezzi per ottenere e verificare le informazioni sulla sostenibilità. I rappresentanti dei lavoratori comunicano il parere, ove adottato, all'organo amministrativo e di controllo» e
- (ii) l’art. 4, comma 9, del D. Lgs. 125/2024, riguardante la Rendicontazione di Sostenibilità consolidata, che recita «La società madre, anche nel rispetto della normativa e degli accordi applicabili in materia, prevede modalità di informazione dei rappresentanti dei lavoratori al livello appropriato e discute con loro le informazioni pertinenti e i mezzi per ottenere e verificare le informazioni sulla sostenibilità. I rappresentanti dei lavoratori comunicano il parere, ove adottato, all'organo amministrativo e di controllo.»
Appare evidente che la novella sembra ampliare il perimetro delle relazioni industriali, in quanto descrive sostanzialmente due nuove forme di informazione e consultazione sindacale obbligatoria, che di seguito si approfondiscono.
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1) Rendicontazione di sostenibilità: le "nuove" relazioni industriali
A leggere con attenzione il combinato disposto della normativa euro-unitaria citata con quella, più in dettaglio, dell’odierno Legislatore interno, si disvela in maniera chiara e netta che la Sostenibilità ha impatto anche sulle relazioni industriali.
Vengono indubitabilmente descritte, dagli artt. 3 e 4 del D. Lgs. 125/2024, due forme nuove di informazione e consultazione collettiva obbligatoria che, laddove vengano correttamente interpretate soprattutto dai Sindacati (e dai loro Rappresentanti), sembrerebbero poter divenire financo occasioni di partecipazione organizzativa.
Una interpretazione per nulla peregrina, ma anzi coerente, per quel che riguarda ilo “fronte nazionale”, con la novella prospettiva costituzionalistica introdotta nel nostro ordinamento dalla L. Cost 1/2022, segnatamente con il novellato art. 41, 2° e 3° comma, Cost.
Di più, la richiamata novella Costituzionale[1], a “braccetto” con la normativa di derivazione euro-unitaria, non ha fatto altro che preparare (“sul fronte interno”) il “terreno” di intervento giuridico del D. Lgs. 125/2024 nel quale, appunto, le nuove disposizioni costituzionali, così riempite di contenuti prescrittivi, si pongono in stretta continuità con gli orientamenti di politica economica ed industriale euro-unitaria oltre che sovranazionale/internazionale.
Ed è all’interno di questo framework che vanno letti i disposti normativi citati e la loro concreta attuazione, poiché perimetrano ancor meglio:
- (a) da un lato la Responsabilità Sociale dell’Impresa in Italia, dando a quest’ultima una portata giuridica rafforzata non solo sul pianto Environmental e Social, ma anche e soprattutto sul piano della Sostenibilità complessivamente intesa e
- (b) dall’altro lato la novella “forma” delle relazioni industriali, financo come opportunità di partecipazione organizzativa dei lavoratori e dei loro rappresentanti, quali portatori di interesse.
D’altra parte, a ben vedere, gli art. 3 e 4 del D. Lgs. 125/2024 stabiliscono che le imprese, o le società madre, debbano (n.d.r. obbligo informativo) prevedere modalità di comunicazione delle informazioni di Sostenibilità nei confronti delle rappresentanze dei lavoratori, nel «rispetto delle normative e degli accordi applicabili»[2].
A loro volta, i rappresentanti dei lavoratori potranno esprimere un parere scritto su quanto discusso, che va comunicato, poi, all’Organo Amministrativo e di Controllo.
E’ del tutto evidente che un tale articolato, che si inserisce in un sistema di relazioni industriali come quello italiano che, a differenza di altri modelli presenti in altri Paesi, molto spesso prevede precisi impegni che vanno spesso al di là del “solo dialogo sociale”, non può essere sottovalutato, anche in termini interpretativi.
Infatti, appare indubitabile che quanto previsto dal D. Lgs. 125/2024, proprio perché inserito in un complesso framework di relazioni industriali, potrebbe comportare non solo una rivisitazione delle complessive relazioni industriali, ma sembrerebbe introdurre, almeno per come è scritto l’articolato, un confronto impresa-sindacato financo preventivo alla pubblicazione del Report di Sostenibilità.
Infatti, l’articolato potrebbe ragionevolmente essere interpretato nel senso di riconoscere al sindacato la possibilità di esprimere un parere sulla rendicontazione e, se così fosse, potrebbe trattarsi non di un mero obbligo di comunicazione delle disclosures di Sostenibilità “a consuntivo” (n.d.r. come, ad esempio, il rapporto periodico biennale sulla situazione del personale maschile e femminile ai sensi dell’art. 46 del D.lgs n.198/2006 oppure l’adempimento previsto dall’ art. 3 del DPCM del 29/04/2022 sull’invio ai sindacati dell’informativa annuale sulla certificazione della parità di genere) ma invece ad una specifica obbligazione dell’impresa a consultare le organizzazioni sindacali.
Laddove si accedesse ad una tale interpretazione della normativa de quo, l’azienda e/o le unit aziendali preposte (per es. la Direzione del Personale e similari) dovrebbero farsi carico (rectius dovrebbero ricordarsi) di organizzare incontri ad hoc durante i quali presentare il lavoro effettuato che poi confluirà nel Report di Sostenibilità, restando naturalmente in capo agli Amministratori delle società il compito della redazione del detto documento.
Il Sindacato, sicuramente, non partecipa alla redazione del documento, che resta a carico degli amministratori delle società quali soggetti direttamente responsabili al riguardo, ma dovrà essere “ascoltato” dal management aziendale.
I naturali destinatari di un tale confronto, a ben leggere il dettato normativo, sembrerebbero essere le Rappresentanze Sindacali Aziendali (RSA) o le Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU) regolarmente costituite all’interno di ciascuna azienda.
In loro assenza potrebbe essere opportuno verificare che cosa contemplano gli eventuali impegni e clausole del CCNL in materia relazioni sindacali.
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2) Rendicontazione di Sostenibilità e "significato" alla luce del D. Lgs. 125/2024
Da quanto si è detto fin qui è del tutto evidente che i menzionati art. 3 e 4 del D. Lgs. 125/2024 impattano sul “significato” della Rendicontazione di Sostenibilità.
Come noto la Rendicontazione di Sostenibilità si sostanzia in una verifica di gestione aziendale, olistica e trasversale, coerente ai Fattori ESG, nella quale si integra una logica di processo che ricomprende non solo la comunicazione esterna delle disclosures, ma anche l’iter di valutazione interna e lo sviluppo di strategie di Sostenibilità.
Pertanto, non si tratta di un mero adempimento formale, statico e periodico, ma di un “processo” dinamico, circolare e continuo che ricomprende financo l’analisi critica e la pianificazione strategica.
Ed è in questo quadro che si inserisce il coinvolgimento obbligatorio dei rappresentanti dei lavoratori: ci si deve, allora, chiedere quale sia l’impatto potenziale di detto coinvolgimento sul processo di rendicontazione e viceversa.
La normativa prescrive che l’azienda descrive:
- (a) il modello e la strategia aziendale, includendo anche i piani dell’impresa, se predisposti, ivi inserendo le azioni di attuazione ed i relativi piani finanziari e di investimento, ma anche
- (b) il modo in cui detto modello e detta strategia tengano conto delle istanze dei portatori di interesse e del loro impatto sulle questioni di Sostenibilità.
Se è così, sembrerebbe potersi affermare che, a mente delle citate norme e del complessivo articolato del D. Lgs. 125/2024, l’impresa non solo rendiconta cosa fa, ma anche come lo fa e quindi, per quel che qui interessa, in che modo assicura e certifica l’adeguata presa in carico delle istanze dei portatori di interesse, primi fra tutti indubitabilmente i rappresentanti dei lavoratori.
Di più, il dettato dell’art. 3 del D. L.gs 125/2024 sembrerebbe individuare la qualità e l’efficacia della interlocuzione tout court quale specifico oggetto di rendicontazione, cioè il testo normativo sembrerebbe militare per veri e propri diritti collettivi non solo di informazione, ma di vera e propria interlocuzione “negoziale” che, sul piano logico, dovrebbe ragionevolmente svolgersi preventivamente alla definizione ed alla pubblicazione della Rendicontazione di Sostenibilità.
Corollari di una tale “interpretazione” sono: interlocuzioni “appropriate” ed informazioni “pertinenti”, nonchè “mezzi” attraverso i quali sia data la possibilità ai rappresentanti dei lavoratori di poter non solo acquisire le informazioni, ma anche di poterle verificare.
E ciò allo scopo di consentire al Sindacato di formalizzare all’impresa il proprio parere, anche se non vincolante dal punto di vista normativo.
Ecco perché, comunque la si voglia interpretare, la norma in realtà appare postulare un “salto di qualità” delle relazioni sindacali, poiché a ben vedere contempla la possibilità, per la rappresentanza sindacale, di svolgere un ruolo proattivo sui temi della Sostenibilità, nonchè di responsabilizzarsi ancor più, “costringendo” ad una maggiore responsabilizzazione l’Organo gestorio dell’azienda.
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3) Note
[1] n.d.r. La novella Costituzionale de quo sembra assumere una “funzione direttiva”, tal senso ex plurimis Benvenuti M, La revisione dell’art. 41, commi 2 e 3, della Costituzione, i suoi destinatari e i suoi interpreti, in Rivista AIC, 2/2023, 12.04.2023, v. https://www.rivistaaic.it/images/rivista/pdf/2_2023_03_Benvenuti.pdf
[2] così art. 3, comma 7, D. Lgs. 125/2024 e art. 4, comma 9, D. Lgs. 125/2024
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