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GLI EFFETTI ECONOMICI DEL BENESSERE LAVORATIVO

Gli effetti economici del benessere lavorativo

La sostenibilità come fattore di successo per l'impresa: quanto contano equità sociale, pari opportunità, conciliazioni vita-lavoro e altre variabili nella scelta del lavoro

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La sostenibilità come fattore di successo che rende migliore l’ambiente organizzativo di lavoro e che migliora la produttività e la capacità di attrarre talenti è un campo di indagine che ha avuto una crescente attenzione delle scienze sociali negli ultimi anni.

L’indagine è nata dalla necessità di capire quali sono le leve che spingono i collaboratori a scegliere un’impresa piuttosto che un’altra e se la scelta sia influenzata solo dal livello di inquadramento economico o se invece rilevano altre variabili, come il fatto di essere sottovalutati nell'ambiente di lavoro, non coinvolti in processi di crescita personale o più genericamente dover lavorare in condizioni di scarso benessere.

Il WEF (World Economic Forum) citando uno studio del McKinsey Health Institute ricorda che investire nel benessere dei dipendenti potrebbe aumentare l'economia globale fino a 11,7 trilioni di dollari.

Il Centre for Health and Healthcare del World Economic Forum collabora da tempo con alcuni partner per approfondire la tematica e trovare prove che diano conferma di come il benessere sul posto di lavoro migliori la produttività e la resilienza della forza lavoro. 

Attraverso le comunità Healthy Workforces e Chief Health Officers, le principali organizzazioni stanno lavorando con l’economista Jan-Emmanuel De Neve e altri ricercatori per armonizzare le misurazioni e le metriche più critiche e difficili nell’ambito delle indagini che riguardano questo argomento.

Le evidenze mostrrate dagli studi pubblicizzati dal WEF - in particolare quelli di De Neve – sono illuminanti: in base a delle interviste solo un quarto dei lavoratori negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Canada è effettivamente felice del proprio lavoro. 

Questi risultati vanno interpretati ma certamente ci consegnano alcune possibili conseguenze: lavoratori insoddisfatti minano la produttività delle imprese e l’insoddisfazione protratta nel tempo compromette la salute mentale dei lavoratori.

L'atteggiamento dei dipendenti nei confronti delle pratiche organizzative è fondamentale, poiché il successo e direi anche la sopravvivenza stessa delle imprese, dipendono sempre dall’efficienza del capitale umano.

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1) La sostenibilità sociale nel contesto organizzativo e lavorativo

La sostenibilità sociale nel contesto organizzativo e lavorativo è correlata a diverse variabili, tra queste le più sentite e studiate sono:

  • l'equità sociale;
  • le pari opportunità di lavoro;
  • la tutela della salute e la sicurezza;
  • la formazione e l'istruzione in funzione della crescita professionale;
  • l’acquisizione e la condivisione di nuove conoscenze;
  • le politiche di incentivazione e di welfare aziendale;
  • l’attenzione alla conciliazione vita-lavoro;
  • il coinvolgimento nei processi decisionali;
  • la promozione di strategie organizzative dal basso in una logica (Bottom-UP);
  • la promozione di politiche che garantiscono l’inclusione e la diversità.

Spesso la tutela della salute, e non solo della sicurezza sui luoghi di lavoro, è vista come un obiettivo fumoso e distante dalle logiche di impresa, ma non è così. Come ci ricorda lo studio del McKinsey Health Institute l'evoluzione della durata della vita, le malattie legate all'età, ciò su cui lavoriamo e il modo in cui lavoriamo richiederanno alle persone di godere di una migliore salute fisica e mentale più a lungo e di essere più resilienti e adattabili al cambiamento; si stima che investire nella salute olistica, secondo un approccio integrato di benessere, dei dipendenti potrebbe generare, come anticipato, tra i 3,7 trilioni e gli 11,7 trilioni di dollari di valore economico globale aggiunto. Ciò equivale ad un valore compreso tra circa 1.100 e 3.500 dollari a persona, o dal 17 al 55 percento della retribuzione media annua. Questa stima include l'impatto della riduzione dell'abbandono dal posto di lavoro, la contrazione dei tassi di assenteismo, nonché e ben più importante una maggiore produttività dei dipendenti. Le imprese ne beneficerebbero anche in termini di attrazione dei talenti e di fidelizzazione dei lavoratori.

Lo studio evidenzia come i maggiori benefici emergerebbero dal miglioramento della produttività e dalla riduzione dell’operatività durante le ore di lavoro, valore stimato in un importo compreso tra i 2 e i 9 trilioni di dollari. Molte organizzazioni sottovalutano sostanzialmente questi potenziali benefici. Ad esempio, le aziende possono avere difficoltà a quantificare i costi di una riduzione di produttività, per cui i dipendenti non lavorano al massimo delle loro potenzialità; ignorare questi vantaggi spinge, al contrario, le imprese a cercare di migliorare la performance economica concentrandosi sulla riduzione dei costi diretti, come l'abbandono e l'assenteismo, che sono più facilmente misurabili. 

Tuttavia, si stima che l'abbandono e l'assenteismo rappresentino solo tra un ottavo e un quarto delle opportunità totali.

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2) Psicologia sociale e stili di leadership

La psicologia sociale si è occupata a lungo del benessere lavorativo e l’ha fatto investigando gli stili di leadership, che sono così importanti nel creare un giusto clima. 

L’influenza positiva che la leadership di servizio ha sulla produttività e sul clima aziendale è confermata da moltissimi studi internazionali. Giova ricordare che la leadership di servizio (definita in tanti documenti tra cui lo studio di Choudhary, Akhtar e Zaheer del 2013), è quello stile di direzione e gestione in cui i capi danno grande rilevanza al comportamento etico e accordano importanza al benessere dei propri collaboratori, ai loro bisogni olistici e alla loro autonomia lavorativa e organizzativa. 

Un leader che è in linea con questa “filosofia” è in grado di generare un circolo virtuoso che porta i dipendenti ad assolvere agli impegni assunti con maggiore coinvolgimento ed entusiasmo (Sendjaya et al., 2008). 

Alcuni autori hanno indagato la connessione della leadership di servizio con altri fattori come la riduzione del turnover, il coinvolgimento dei collaboratori, le migliori prestazioni organizzative, il comportamento innovativo dei dipendenti e in generale un buon andamento delle prestazioni (Choudhary et al., 2013; Mujeeb et al., 2021; Rasheed et al., 2016).

La psicologia sociale si è pronunciata anche sul turnover con un interessante lavoro (Berat Cicek et al., 2021) in cui si sostiene che l'intenzione di turnover, definita come il desiderio consapevole di un individuo di lasciare un'organizzazione, è spesso associata all’insoddisfazione dei collaboratori.

L’intenzione di turnover è descritta anche come il convincimento maturato che porta a pensare di smettere di lavorare, riducendo le proprie attività e prestazioni, per cercare nuove opportunità di lavoro altrove. 

Questo stato di latenza suggerisce che coloro che hanno intenzione di andarsene generalmente dimostrano una disaffezione nel periodo che precede l’uscita dall’impresa. 

Potrebbero esserci diversi motivi per cui i dipendenti sono disposti a lasciare un'organizzazione, tra cui la mancanza di prospettive di crescita, la scarsa considerazione e valorizzazione, dei problemi di salute, la necessità di guadagnare un salario più elevato, la mancanza del rispetto di condizioni di lavoro sicure e sane. 

Sulla base di alcune ricerche anche lo stress “da ruolo” ha una relazione, seppur moderata, con l'intenzione di lasciare il lavoro. L'insoddisfazione lavorativa è comunque la conseguenza più probabile dell'intenzione di turnover dei dipendenti o, in altre parole, la soddisfazione lavorativa ha una relazione inversa con l'intenzione di turnover.

Il turnover dei dipendenti può essere piuttosto costoso per le imprese poiché non solo mette a repentaglio le loro scelte strategiche e la loro competitività, ma comporta anche costi aggiuntivi dovuti al processo di assunzione e formazione di nuovo personale. 

Le organizzazioni possono agire per ridurre l'intenzione di andarsene creando un clima etico, una cultura dell'apprendimento organizzativo, opportunità di crescita, maggior coinvolgimento decisionale e lavorativo, oltre a fornire pratiche eque in materia di gestione delle risorse umane, pari opportunità e migliore considerazione delle esigenze di vita dei collaboratori.

In generale si è riscontrato anche che un clima positivo aziendale, frutto di una serie di strategie volte al miglioramento delle condizioni di lavoro e di crescita professionale e individuale, è associato a maggiori probabilità che i dipendenti si impegnino in pratiche di sostenibilità aziendale e che siano inclini a contribuire al benessere dei loro colleghi, mostrando un comportamento cooperativo rivolto verso tutta la comunità di lavoro. 

Questo, a sua volta, rinforza e migliora l’ambiente di lavoro e l'organizzazione, in un circolo virtuoso che si autoalimenta.

Un modello organizzativo che facilità la possibilità di lavorare in un contesto di generale benessere consente ai dipendenti di avere migliori prestazioni lavorative. 

Per fare questo i dipendenti hanno bisogno di risorse per prosperare sul lavoro e queste risorse possono arrivare dalla formazione, dalla condivisione della conoscenza, dal supporto dei dirigenti, dal clima collaborativo e ascendente delle decisioni.

Uno studio fatto nel 2024 nel Regno Unito dall’Axa Health, società di servizi sanitari, conclude che secondo il 72% delle persone intervistate i benefici per la salute mentale sono importanti nella decisione di restare nel proprio posto di lavoro. I coordinatori dello studio ritengono che: “un ambiente di lavoro inclusivo consiste nel creare una cultura della sicurezza psicologica in cui le persone sappiano che la propria salute mentale e il proprio benessere personale sono sempre una priorità. 

Deve essere incorporato nel tessuto dell'organizzazione, in modo che le persone sappiano di essere sempre al sicuro sul lavoro e possano sentirsi autorizzate a esprimere qualsiasi preoccupazione o difficoltà.”

Il dottor Imren Sterno, consulente psicologo clinico capo di Axa Health, ha aggiunto: “i dati dello studio suggeriscono che i datori di lavoro devono prendere in considerazione un approccio dirigenziale più personalizzato per supportare le persone a prosperare. Ciò può aiutare le persone a sentirsi autorizzate, non solo a gestire il proprio benessere mentale, ma ad essere aperte e disponibili nel sostenere gli altri. Ciò aiuta a promuovere una cultura della comprensione e della collaborazione in cui le persone vogliono lavorare percependo e sviluppando un senso di appartenenza, scopo e unione.”

Il futuro del lavoro per le imprese è senza dubbio quello di aumentare il benessere dei lavoratori, non solo per questioni etiche importanti e imprescindibili, ma anche per migliorare la produttività e avere performance lavorative adeguate.

Fonte immagine: chatgpt
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