La riforma della normativa in materia di dogane attuata con il d.lgs. 26.9.2024, n. 141, si è allargata anche in materia di IVA, per cui è necessario prendere atto delle novità più significative che possono essere affrontate dagli operatori.
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1) Riforma doganale: l’IVA è un diritto di confine
L’art. 34 del d.p.r. 23.1.1973, n. 43, considerava “diritti doganali” tutti quei diritti che la dogana è tenuta a riscuotere, per legge, in relazione alle operazioni doganali. Tra questi erano inclusi “i dazi di importazione e quelli di esportazione, i prelievi e le altre imposizioni all’importazione” .. ed ogni altra imposta o sovraimposta di consumo a favore dello Stato”.
In materia di IVA, il silenzio della norma veniva sostituito con quanto disposto dagli artt. 69 e 70 del d.p.r. 26.10.1972, n. 633, secondo cui l’IVA applicata sulle importazioni “è commisurata con le aliquote indicate all’art. 16” ed “è accertata, liquidata e riscossa per ciascuna operazione. Si applicano per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relativa ai diritti di confine”.
La lettura coordinata tra i due d.p.r. portava a non includere l’IVA tra i diritti di confine.
Secondo l’art. 27, dell’allegato 1, del d.lgs. 4.10.2024, n. 141, è precisato che :
- sono “diritti doganali” tutti quei diritti che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli è tenuta a riscuotere in forza di norme comunitarie o nazionali;
- fra i diritti costituiscono diritti di confine “ i diritti di monopolio, le accise, l’IVA e ogni altra imposta di consumo, dovuta all’atto dell’importazione, a favore dello Stato”;
- l’IVA non costituisce diritto di confine nei casi di immissione in libera pratica di merci:
- a) senza assolvimento dell’imposta per successiva immissione in consumo in altro Stato membro dell’Unione europea;
- b) senza assolvimento dell’imposta e vincolo a un regime di depositi diverso dal deposito doganale (ad esempio, deposito IVA all’art. 50-bis del d.l. 31.8.1993, n. 331).
Secondo il successivo art. 28 “i diritti di confine sono accertati, liquidati e riscossi secondo le disposizioni della normativa doganale unionale”, con la conseguenza che i soggetti obbligati al pagamento sono regolati da tale normativa che disciplina l’obbligazione doganale in merito al debitore dell’imposta e all’estinzione dell’obbligazione tributaria.
In base alle nuove regole, la rappresentanza in dogana è diretta se il rappresentante doganale agisce in nome e per conto di un’altra persona ed è indiretta se questi agisce in nome proprio e per conto di altra persona. Nella prima ipotesi la responsabilità dell’obbligazione doganale è del rappresentante-dichiarante ma nella seconda la responsabilità è solidale per cui la responsabilità per l’IVA dovuta sull’importazione non è più solo dell’importatore ma viene estesa al rappresentante doganale indiretto per cui dapprima è individuato chi presenta la dichiarazione doganale, cioè lo spedizioniere doganale, e anche l’importatore per solidarietà.
In questa cornice, lo spedizioniere doganale è sempre gravato dalla regola di corresponsabilità per il pagamento di tutti i diritti che sono liquidati al momento dell’importazione e quelli che sono accertati successivamente, anche per l’IVA e le sanzioni.
Fino al 3.10.2024 l’IVA dovuta sulle importazioni non era considerata un diritto doganale ma un tributo interno, secondo quanto è previsto dagli artt. 69 e 70 del d.p.r. n. 633 del 1972 e l’art. 3 del d.lgs. 8.11.1990, n. 374.
Invece i dazi doganali sono oneri che hanno la natura di risorse proprie dell’Unione europea che hanno il fondamento della Tariffa doganale comunitaria (regolamento 23.7.1987, n. 2658/87/CEE).
La Corte di cassazione (ordinanza 21.8.2023, n. 24899) ha affermato che “l’IVA all’importazione non fa parte dell’obbligazione doganale definita dall’art. 5 del Regolamento UE del 9(10/2013, n. 952 (istitutivo del codice doganale dell’Unione) e, pertanto, del suo mancato pagamento risponde unicamente l’importatore e non anche il suo rappresentante indiretto, in assenza di specifiche ed inequivoche disposizioni nazionali che ne prevedono la responsabilità solidale”.
Lo stesso dicasi qualora l’IVA all’importazione sia oggetto di reverse charge per effetto dell’introduzione della merce in un deposito fiscale (Cassazione, ordinanza 10.8.2023, n. 24343).
Dal 4.10.2024, lo scenario cambia: l’IVA all’importazione è espressamente compresa tra i diritti doganali a meno che la merce sia immessa al consumo in altro Stato dell’Unione europea o sia introdotta con vincolo al regime di deposito diverso dal deposito doganale.
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