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FUSIONE RIORGANIZZATIVA PER INCORPORAZIONE DI ENTI RELIGIOSI: REGIME IRES E IVA

Fusione riorganizzativa per incorporazione di enti religiosi: regime IRES e IVA

Chiarimenti delle entrate sulle imposte dirette e indirette nella fusione di entri religiosi appartenenti ad una Congregazione

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Con risposta a interpello n. 555 dell’8 novembre 2022 le Entrate forniscono chiarimenti in merito all’applicazione dell’Iva a operazioni di fusione per aggregazione di un ente religioso.

1) Fusione e scissione di enti diversi dalle società: la fattispecie oggetto d'interpello

L'istante, ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, rappresenta di far parte di una complessa struttura religiosa (di seguito, "Congregazione"), ente ecclesiastico di diritto pontificio civilmente riconosciuto.

Rappresenta inoltre che al momento si richiede una riorganizzazione strutturale, per tale ragione, l’Istante si trova a dover incorporare due enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che operano nel territorio di competenza.

Al riguardo precisa anche che negli enti ecclesiastici interessati dalla operazione di fusione sono rinvenibili sia "attività di religione e di culto", sia "attività diverse" e che i beni, come accade in caso di estinzione di un soggetto giuridico canonico, rimangono comunque destinati ad una delle attività di cui al paragrafo 2 del canone 1254, riservando al Vescovo o al Superiore degli istituti di vita consacrata la scelta puntuale del soggetto che li deve ricevere. 

Inoltre, l'istante precisa di qualificarsi ente non commerciale ai sensi degli articoli 73, comma 1, lettera c) e 149 del TUIR. 

Chiede, quindi, di conoscere il trattamento riservato dalla legislazione fiscale italiana all'ipotesi della "fusione per incorporazione" dei due enti ecclesiastici da parte dell'istante, ai fini delle imposte sul reddito, dell'IVA e dell'imposta di registro.

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2) Fusione e scissione di enti diversi dalle società: la normativa IRES

Premesso che in materia di enti ecclesiastici occorre far riferimento all’art. 7 dell’Accordo tra Repubblica italiana e Santa Sede del 17 febbraio 1984 e alla successiva legge del 20 maggio 1985, n. 222, art. 4, da un punto di vista fiscale, l'operazione di fusione è invece disciplinata dall'art.172 del TUIR il cui comma 1 prevede che "La fusione tra più società non costituisce realizzo né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse o incorporate, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento". 

Il successivo articolo 174, inoltre, stabilisce che "le disposizioni degli articoli 172 e 173 valgono, in quanto applicabili, anche nei casi di fusione e scissione di enti diversi dalle società".

In via generale, la disciplina delle operazioni straordinarie contenuta nelle richiamate disposizioni del TUIR "è basata sul presupposto che le società o gli enti interessati dall'operazione producano reddito d'impresa derivante dall'esercizio di imprese commerciali, disciplinato dal capo VI del titolo I del TUIR per le società personali commerciali e dalle disposizioni del titolo II per le società e gli enti soggetti ad IRES". 

In altri termini, il principio di neutralità delle fusioni e delle scissioni, in base al quale il passaggio dei beni dalle società o dagli enti preesistenti al soggetto risultante dalla suddetta operazione non dà luogo a fenomeni realizzativi, "implica un sistema di rilevazione dei valori che è tipico della tassazione dell'imponibile fiscale in base al bilancio e che è proprio delle società che svolgono attività commerciale" (risoluzione 15 aprile 2008, n. 152/E).

Con particolare riguardo all'operazione di fusione che coinvolge enti ecclesiastici, nel documento di prassi è stato chiarito che ai fini una valutazione degli effetti fiscali occorre distinguere se i beni che "passano" da un ente all'altro siano o meno relativi ad un'attività d'impresa.

In concreto:

  • se una tale operazione di fusione non è da considerare "realizzativa", può, quindi, beneficiare della neutralità fiscale ai sensi dell'articolo 172, comma 1, del TUIR, limitatamente ai beni gestiti dall'ente incorporato in regime di impresa (e, pertanto, indicati nell'inventario, ai sensi dell'articolo 144, comma 3, del TUIR) che, dopo la fusione, confluiscano nell'attività d'impresa dell'ente incorporante.
  • se detti beni non confluiscano in un'attività d'impresa dell'ente incorporante, gli stessi si considerano realizzati a valore normale - in analogia a quanto disposto dall'articolo 171, comma 1 del TUIR in materia di trasformazione eterogenea - generando plusvalenze imponibili a causa della loro destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa.

La citata risoluzione n. 152/E del 2008 ha chiarito, altresì, che anche per i beni relativi all'attività istituzionale dell'ente incorporato occorre distinguere a seconda dell'attività in cui gli stessi confluiscono in conseguenza dell'operazione di fusione:

  • in relazione ai beni non relativi ad impresa che confluiscono nell'impresa, trova applicazione in via analogica l'articolo 171, comma 2 del TUIR che, in caso di trasformazione da ente non commerciale in società commerciale, rinvia alla disciplina del conferimento per i beni non ricompresi nell'azienda o nel complesso aziendale dell'ente stesso.
  • nella diversa ipotesi di beni non relativi all'impresa che confluiscono nell'attività istituzionale dell'incorporante, l'operazione sarà fuori dal regime d'impresa.

Nel caso di specie, l'istante, ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, rappresenta che procederà ad incorporare due enti ecclesiastici civilmente riconosciuti appartenenti alla medesima struttura religiosa ("Congregazione") e che detta fusione verrà realizzata mantenendo in capo all'ente incorporante la destinazione originaria dei beni all'attività istituzionale o commerciale, come già rinvenibile in capo agli enti incorporati, in sostanza "aggregando" rispettivamente, le attività istituzionali con i relativi patrimoni e le attività commerciali con i relativi patrimoni.

 Alla luce di quanto sopra esposto, pertanto, si ritiene che relativamente ai beni in regime di impresa che confluiranno nel novero dei beni dell'ente incorporante in regime d'impresa, la fusione potrà avvenire in neutralità fiscale, ai sensi degli articoli 172 e 174 del TUIR. 

Con riguardo, invece, ai beni non rientrati nel regime di impresa che permarranno nel contesto dell'attività istituzionale, occorre esaminare se con l'operazione di fusione in esame si realizzano le ipotesi di tassazione delle plusvalenze a titolo di redditi diversi, ai sensi dell'articolo 67 del TUIR.

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3) Fusione e scissione di enti diversi dalle società: iva e imposta di registro

Per quanto riguarda le imposte indirette, i passaggi di beni nell'ambito dell'operazione rappresentata non sono soggetti ad IVA, ai sensi dell'articolo 2, terzo comma, lettera f), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, secondo cui non costituiscono cessioni di beni "i passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società e di analoghe operazioni poste in essere da altri enti". 

Ne consegue che, in virtù del principio di alternatività IVA/registro recato dall'articolo 40 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, trova applicazione l'imposta di registro

Al riguardo, si ritiene applicabile l'articolo 1, comma 737, della citata legge n. 147 del 2013, secondo cui «Agli atti aventi ad oggetto trasferimenti gratuiti di beni di qualsiasi natura, effettuati nell'ambito di operazioni di riorganizzazione tra enti appartenenti per legge, regolamento o statuto alla medesima struttura organizzativa politica, sindacale, di categoria, religiosa, assistenziale o culturale, si applicano, se dovute, le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna" (v. circolare 2 febbraio 2014, n. 2/E, paragrafo 9.5).

Come chiarito nella risposta ad interpello pubblicata n. 279 del 27 luglio 2020, ai fini dell'applicabilità della citata norma di favore è necessario che il trasferimento dei beni: 

  • avvenga a titolo gratuito; 
  • venga effettuato nell'ambito di una operazione di riorganizzazione; 
  • si realizzi tra enti che appartengono per legge, regolamento o statuto, alla medesima struttura organizzativa politica, sindacale, di categoria, religiosa, assistenziale o culturale. 

Le predette condizioni sussistono anche nel caso di specie, tenuto conto che il trasferimento dei beni avviene nell'ambito della descritta operazione di fusione tra enti religiosi appartenenti alla medesima struttura organizzativa. 

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Allegato

Risposta a interpello n 555 dell'8 novembre 2022
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