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CONTROLLED FOREIGN COMPANIES: I CHIARIMENTI DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE SU CFC

Controlled Foreign Companies: i chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate su CFC

I chiarimenti delle Entrate sulle modifiche alla disciplina delle Controlled Foreign Companies. Proventi da operazioni di compravendita di beni e prestazioni di servizi infragruppo

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Il giorno 27.12.2021 l’Agenzia delle Entrate ha licenziato due documenti riguardanti le recenti modifiche apportate alla disciplina delle CFC, da una parte il provvedimento n° 376652 volto all’individuazione di nuovi criteri per determinare, con modalità semplificata, l’effettivo livello di tassazione della controllata estera, dall’altra la circolare n° 18/E che riporta importanti chiarimenti in merito alla disciplina delle Controlled Foreign Companies (CFC).

La circolare ripercorre tutte le modifiche, dovute al recepimento della Direttiva ATAD , intervenute nella normativa nazionale.

Nel presente articolo, dopo una breve sintesi della normativa nel suo complesso, analizzeremo il concetto dei proventi derivanti da prestazione di servizi e compravendita di beni a basso valore aggiunto .

1) Sintesi della normativa CFC-Controlled Foreign Companies

Il regime delle CFC si applica in caso di partecipazione di controllo sia diretto che indiretto al capitale oppure nel caso di partecipazione agli utili superiore al 50%; devono inoltre essere soddisfatti i requisiti visti in precedenza, ovvero:

  1. Tassazione effettiva estera inferiore del 50% di quella italiana
  2. Più di 1/3 dei ricavi sono Passive Income

Con il termine Passive Income sono da intendere:

  • Dividendi
  • Interessi
  • Royalties
  • Prestazioni di servizi e compravendita di beni a basso valore aggiunto

Il regime delle CFC si sostanzia nella tassazione per trasparenza dei redditi esteri pro quota detenuti dal soggetto residente .

La disciplina in esame può essere disapplicata nel caso possa essere dimostrata “un’attività economica effettiva” svolta dal soggetto non residente.

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2) I proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni e prestazioni di servizio infragruppo

Come detto sopra, per rientrare nella disciplina CFC occorre che siano presenti congiuntamente due condizioni, la seconda delle quali è che più di 1/3 dei ricavi derivi da operazioni descritte in precedenza.

Tra queste ha fatto sorgere qualche dubbio la presenza, oltre che delle prestazioni di servizi, anche delle operazioni di compravendita . La circolare chiarisce che, per coerenza con l’azione 3 del BEPS, sono da considerare rientranti nella disciplina sia i ricavi provenienti dalla vendita di beni e/o servizi alla consociata italiana che i ricavi provenienti da vendite a terzi di beni e/o servizi acquistati dalla consociata italiana.

Come chiarito dall’Agenzia quindi “la disposizione tende ad attrarre nell’ambito della CFC rule quelle società le cui operazioni, senza apportare valore aggiunto apprezzabile, sono rivolte al gruppo nella fase attiva e/o nella fase passiva potendo tali operazioni essere sintomatiche dell’esistenza di rischi di trasferimento di base imponibile nazionale a favore di giurisdizioni che prevedono livelli di tassazione significativamente inferiori ”.

Altro elemento sostanziale per l’individuazione delle operazioni rilevanti ai fini della disciplina CFC è la mancanza di valore aggiunto apportato dalla consociata estera.

A tale proposito è importante sottolineare che il Valore Aggiunto non è riferito all’ operazione in sé, che quindi può essere anche rilevante sotto il profilo economico, quanto rispetto alle funzioni svolte dalla società estera.

Quanto descritto sopra è il caso, ad esempio, di una società che abbia una mera funzione di intermediazione acquisendo beni/servizi dal gruppo e rivendendoli a terzi ovvero acquisendoli da terzi per rivenderli al gruppo.

Per stabilire cosa sia il “Valore scarso o nullo” occorre fare riferimento al Decreto emanato dal MEF a norma del comma 7 dell’art. 110 del TUIR.

Secondo quando riportato nel Decreto sono considerati a basso Valore Aggiunto quei servizi che:

• hanno natura di supporto;

• non sono parte delle attività principali del gruppo multinazionale;

• non richiedono l’uso di beni immateriali unici e di valore e non contribuiscono alla creazione degli stessi;

• non comportano l’assunzione o il controllo di un rischio significativo da parte del fornitore del servizio né generano in capo al medesimo l’insorgere di un tale rischio.

Oltre alla lista emanata dal MEF è possibile fare riferimento anche a alle Linee Guida OCSE sul Transfer Pricing che riporta a titolo esemplificativo sia una Positive List che una Negative List.

Secondo la prima sono da considerarsi a basso valore aggiunto servizi di natura:

  • amministrativa,
  • legale,
  • contabile,
  • fiscale,
  • informatica,
  • risorse umane,
  • Recupero crediti,
  • nonché relativi alla sicurezza

sono invece individuati come ad Alto Valore Aggiunto (Negative List)

  • servizi relativi alle attività tipiche del gruppo,
  • alla ricerca e sviluppo,
  • alla produzione industriale,
  • agli acquisti di materie prime utilizzate nel processo produttivo,
  • alle vendite,
  • al marketing e alla distribuzione,
  • allo sfruttamento di risorse naturali,
  • ad operazioni finanziarie, di assicurazione e di riassicurazione,
  • di direzione aziendale  

Resta salva, naturalmente, la facoltà dell’Agenzia di appurare il reale Valore Aggiunto delle operazioni potendo accadere che, dietro un nomen iuris che giustifica una transazione, si celi in realtà un’operazione a basso Valore Aggiunto.

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