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AGENTI IMMOBILIARI: OK ALLA PRESUNZIONE SUI PRELEVAMENTI

Agenti immobiliari: ok alla presunzione sui prelevamenti

Accertamento per presunzione su prelevamenti bancari per l’agente immobiliare se il giudice disconosce il lavoro autonomo. Cassazione n. 26774-2017

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In tema di accertamenti bancari, la presunzione sui prelevamenti ingiustificati dal conto corrente è applicabile anche agli agenti immobiliari, salvo che il Giudice, con motivazione esaustiva, qualifichi il contribuente come lavoratore autonomo.  Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l'ordinanza 26774 del 13 novembre 2017, con cui ha accolto il ricorso presentato dall'ufficio.

IL CASO
In particolare il caso riguardava la presunzione di imponibilità dei  prelevamenti dal conto di  un agente immobiliare.  La CTR ligure aveva ravvisato la natura professionale e non imprenditoriale dell’attività di agente immobiliare esercitata dal contribuente e ha  ritenuto di potere applicare la pronuncia della Corte costituzionale   n. 228 del 2014 che ha affermato l'illegittimità costituzionale dell’art. 32, D.P.R. n. 600/1973, come modificato dalla L. n. 311/2004.

Tale norma afferma la presunzione di  imponibilità   versamenti e prelevamenti sul conto corrente  intestati a lavoratori autonomi e agli imprenditori , in assenza di prova contraria; la Consulta ha definito illegittima la parte che applica la presunzione anche ai prelevamenti dei lavoratori autonomi o professionisti, rendendola  non utilizzabile dal Fisco come base per l'accertamento presuntivo .

Il giudizio approda in Cassazione su ricorso dell’Amministrazione, che lamenta la nullità della sentenza  per difetto assoluto di motivazione in ordine  alla qualificazione dell'attività economica del contribuente quale lavoro autonomo ovvero di impresa.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione, e rinvia  ad altro giudizio in quanto "la CTR si è limitata ad affermare apoditticamente la natura professionale e non imprenditoriale dell’attività economica esercitata dal contribuente, facendo riferimento ad Albi professionali non specificati.  Di certo, tale accertamento costituisce la premessa essenziale per l’applicazione  della sentenza n. 228 del 2014 che ha affermato l'illegittimità costituzionale dell’art. 32, D.P.R. n. 600/1973, come modificato dalla L. n. 311/2004; in assenza di tale valutazione,  la sentenza è nulla" .

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Per approfondire scarica il commento completo con il testo integrale della sentenza  "Accertamento bancario anche per l’agente immobiliare se il giudice disconosce il lavoro autonomo . Ordinanza di Cassazione n. 26774 del 13.11.2017"

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1) Prelevamenti bancari : Corte costituzionale e Cassazione a confronto

I riflessi della sentenza n. 228/2014, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità della previsione di cui all'art. 32, comma 1, punto 2), D.P.R. n. 600/1973, nella parte in cui estende ai lavoratori autonomi la presunzione di proventi non dichiarati correlati a prelevamenti bancari, continuano ad agitare i pronunciamenti della giurisprudenza di vertice.
Ai sensi dell'art. 32, comma 1, numero 2), secondo periodo, del D.P.R. n. 600/1973, i dati ed elementi attinenti ai rapporti finanziari sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle medesime condizioni sono altresì posti come "ricavi o compensi" a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito dei predetti rapporti od operazioni.


La norma, quindi, così come formulata, attribuiva rilevanza anche ai prelevamenti per la determinazione del reddito dei lavoratori autonomi. L'Amministrazione finanziaria, del resto, ha sempre utilizzato anche tali operazioni per i suoi accertamenti bancari nei confronti dei professionisti.

Con la pronuncia n. 228/2014, però, la Consulta ha stabilito che la figura del lavoratore autonomo, pur avendo talune caratteristiche in comune con quella dell'imprenditore, conserva delle specificità che conducono a ritenere arbitraria l'omogeneità di trattamento prevista dall'art. 32 in relazione alla presunzione  sui prelevamenti, secondo cui anche per il lavoratore autonomo, come per l'imprenditore, il prelevamento dal conto corrente corrisponde ad un costo da cui a sua volta si origina un ricavo. Ciò, invero, non avviene per i lavoratori autonomi, atteso che l'attività di tali figure è caratterizzata dal preminente apporto del lavoro proprio e la marginalità dell'apparato organizzativo, ben emergendo questo soprattutto nelle professioni liberali. Se si considera, poi, che l'apparato contabile previsto per tali soggetti è di tipo semplificato, con frequenti commistioni di entrate e spese tra sfera privata e professionale, è evidente la non ragionevolezza della presunzione per cui i prelievi ingiustificati dai conti correnti di un lavoratore autonomo possano essere considerati dal Fisco come investimenti nell'ambito professionale da cui derivi un reddito.
La Cassazione, da parte sua, prendendo atto della decisione della Consulta, già nel 2015, con la sentenza n. 4585, abbandonando il suo consolidato orientamento pregresso, ha confermato quanto stabilito dalla Corte costituzionale, disconoscendo la rilevanza dei prelevamenti ai fini dell'accertamento bancario nei confronti dei professionisti.
Quasi contestualmente, però, si è sviluppato in seno alla Suprema Corte anche un altro orientamento, per cui la decisione della Consulta - con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della sopra riportata norma, limitatamente alle parole "o compensi" (peraltro, poi, espunte dall'art. 32 sopra citato dall'art. 7-quater, comma 1, lett. a, del D.L. n. 193/2016) - avrebbe comportato la totale cancellazione delle presunzioni nei riguardi dei lavoratori autonomi e, quindi, non soltanto in relazione ai prelevamenti, ma anche ai versamenti.
Così, con la sentenza n. 16440/2016, i Supremi giudici hanno stabilito che neppure i versamenti costituiscono più, a seguito della predetta sentenza della Consulta, una presunzione legale di imponibilità, conseguendone che, anche in questo caso, spetta al Fisco allegare ulteriori elementi a supporto della pretesa, in assenza dei quali quest'ultima è infondata.

(...)

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