Speciale Pubblicato il 23/11/2016

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Regime Iva di gruppo e società di persone

di Brandi Dott. Francesco

Per la Cassazione l'Iva di gruppo si applica anche alle società di persone in ragione della prevalenza della norma primaria in materia



Nella sentenza di Cassazione n. 21636 del 26 ottobre 2016  la Suprema Corte afferma che il più favorevole regime di liquidazione dell'IVA di gruppo, in base al quale l'IVA a credito di una società può essere compensata con gli importi dovuti a debito, per la medesima imposta, da altra società appartenente allo stesso gruppo, si applica anche se la società controllante sia una società di persone .

Non  rileva dunque quanto indicato dal D.M. n. 11065/1979, gerarchicamente subordinato alla legge, né, tantomeno, la successiva circolare dello stesso Ministero, dovendosi ritenere una diversa interpretazione lesiva del principio di parità di trattamento rispetto a soggetti che operano nel medesimo mercato.

In particolare, l'art. 2 del suddetto Decreto prevede che agli effetti della procedura si considerano controllate soltanto le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, e che le società controllanti a loro volta controllate da un'altra società possono avvalersi della facoltà in oggetto soltanto se la società che le controlla rinuncia ad avvalersene. Tali disposizioni non escludono, dunque, le società di persone dall'ambito applicativo del regime.

IL CASO
L'Agenzia delle Entrate contestava ad una società in nome collettivo l’indebito utilizzo, nella presentazione della dichiarazione Iva, del modello riservato alle società controllanti per il versamento dell’Iva di gruppo, in luogo di quello ordinario: ciò sul presupposto che, in base alla normativa secondaria di attuazione del regime (in particolare il D.M. 13 dicembre 1979, n. 11065), lo stesso non sarebbe applicabile nel caso in cui la società controllante sia una società di persone.

La Ctr del Lazio, in riforma della decisione di primo grado, ha accolto l’appello del contribuente, negando che vi fossero valide ragioni giuridiche per escludere le società di persone in qualità di controllanti dal regime Iva di gruppo.

Col successivo ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate denunciava la violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 73, comma 3 ed al D.M. 13 dicembre 1979, n. 11065, artt. 1 e 2, in quanto, in base alle stesse, per l’adesione al regime di Iva di gruppo, è necessario che sia le controllate che le controllanti siano società di capitali.

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REGIME IVA DI GRUPPO: I REQUISITI SOGGETTIVI AL VAGLIO DELLA GIURISPRUDENZA

Come noto, l’utilizzo del regime Iva di gruppo determina un vantaggio di natura eminentemente finanziaria, consistente nella possibilità di ottenere un sollecito rimborso dei crediti Iva vantati da una o alcune società del gruppo, mediante compensazione con l’eventuale Iva a debito di altra o altre società del gruppo medesimo. In tale modo, attraverso la liquidazione unitaria, è possibile evitare che all’interno del medesimo gruppo le società a debito debbano versare immediatamente l’imposta e quelle a credito debbano attendere i tempi, non celeri, del rimborso.

Per le Sezioni Unite della Cassazione il regime dell’IVA di gruppo si applica sia quando la controllante è una società di capitali sia quando la controllante è una società di persone. Con la sentenza n. 1915 del 2016, emessa in tema di IVA infragruppo, infatti,  le Sezioni Unite hanno affermato che il particolare regime IVA previsto dalla normativa tributaria con riguardo alla cd. IVA di gruppo, trova applicazione non solo nell’ipotesi in cui la società controllante sia società di capitali ma anche nel caso in cui la società controllante sia società di persone.
Per meglio comprendere la soluzione delle Sezioni Unite, va qui ricordato che:



TAG: Giurisprudenza