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BREXIT: TRATTAMENTO FISCALE UTILI DISTRIBUITI ALLA CONTROLLANTE BRITANNICA

Brexit: trattamento fiscale utili distribuiti alla controllante britannica

Chiarimenti sulla ritenuta applcabile agli utili percepiti da una controllante britannica e pagati da una società italiana con il 10% del potere di voto

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Con la Risposta a interpello n 117 del 20 gennaio le Entrate replicano al seguente quesito posto da una società italiana, che distribuisce utili alla controllante società britannica.

L'istante osserva  come, nel caso di distribuzione di dividendi da parte di una società italiana ad una società residente in uno Stato membro dell'Unione europea o in  uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio Economico Europeo, trovi applicazione la ritenuta ridotta del 1,20 per cento a titolo d'imposta, ai sensi del comma 3­ter dell'articolo  27 del DPR 29 settembre 1973, n.600. 

Inoltre, in  presenza di  determinate condizioni, tale ritenuta non è operata in virtù dell'articolo 27 ­bis dello  stesso DPR n. 600 del 1973, attuativo della c.d. direttiva madre­figlia (2011/96/UE).

Il dubbio interpretativo prospettato dall'istante attiene al trattamento fiscale degli utili distribuiti alla controllante britannica a seguito della Brexit.

Poiché, infatti, non può trovare applicazione la richiamata disciplina riservata agli Stati membri, l'istante chiede se, nel caso di specie, possa operare la ritenuta prevista dalla Convenzione per evitare le doppie imposizioni in vigore tra Italia e Regno Unito, firmata a Pallanza il 21 ottobre 1988 e ratificata con legge 5 novembre 1990, n. 329

L'istante ritiene che ai dividendi corrisposti alla  controllante  sia  applicabile  il  trattamento  fiscale  previsto  dalla  Convenzione, in quanto fonte gerarchicamente sovraordinata rispetto alla normativa nazionale.

Pertanto, qualora l'assemblea dei soci deliberasse la distribuzione di utili, sulla  quota spettante alla controllante estera sarebbe applicata una ritenuta a titolo d'imposta  nella misura del 5 per cento. 

L'agenzia replica, ricordando che il 30 gennaio 2020 l'Unione europea ha ratificato l'accordo di recesso con il Regno Unito che, dalla mezzanotte del 31 gennaio 2020, è diventato un Paese terzo. 

Ciò ha segnato l'inizio di un periodo transitorio che si è protratto  fino  al  31 dicembre 2020,  in  cui ha  continuato  a  trovare provvisoriamente  applicazione  il  diritto unionale, incluse le libertà fondamentali sancite dal Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea.

Terminato il periodo transitorio, i rapporti tra Unione europea e Regno Unito sono regolati dall'Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra:

  • l'Unione europea  e la Comunità europea dell'energia atomica, da una parte, 
  • e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord, dall'altra. 

Nonostante  l'Accordo in esame promuova un forte partenariato tra  Unione europea e Regno Unito, tale Paese non può comunque essere considerato al pari di uno  Stato membro, non facendo ormai più parte né del mercato unico né dell'unione doganale  e non essendo più coinvolto negli accordi internazionali dell'Unione. 

Pertanto, le Entrate concordano con l'istante nel ritenere che nel caso in esame non trovano  applicazione né l'articolo 27, comma 3­ter, del DPR n.600 del 1973, né il successivo  27­bis del medesimo DPR. 

Tuttavia, la normativa nazionale deve  essere coordinata con  quella convenzionale, la cui prevalenza sull'ordinamento interno è ammessa dall'articolo 169 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).

In particolare, viene in rilievo l'articolo 10, paragrafo 2, lettera a), del Trattato, secondo cui i ''dividendi possono essere tassati anche nello Stato contraente di cui la società che paga i dividendi è residente ed in conformità alla legislazione di detto Stato ma, se la persona che percepisce i dividendi ne è l'effettivo beneficiario, l'imposta così applicata non può eccedere: 

a) il 5 per cento dell'ammontare lordo dei dividendi se l'effettivo beneficiario è una società che controlla direttamente o indirettamente, almeno il 10 per cento del potere di voto della società che paga i dividendi''. 

Considerato che, nel caso di specie, nel presupposto che la dichiarata partecipazione comporti almeno il 10% del potere di voto della società italiana che paga il dividendo si ritiene applicabile la ritenuta convenzionale nella misura del 5%. 

Resta inteso che l'operatività del Trattato è subordinata al ricorrere anche delle altre condizioni ivi  previste, ossia che la controllante britannica integri la nozione di persona residente ai fini convenzionali e sia beneficiaria effettiva dei dividendi.

Allegato

Risposta a interpello n 117 del 20 gennaio 2023

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