Con la sentenza 19565 del 18 settembre 2020 la cassazione ha ribaltato il giudizio del Tribunale di Roma in una causa che vedeva il ricorso di due consumatori verso un agente immobiliare.
Si contestava la presenza nel contratto di mediazione per la vendita di un immobile, di una clausola che prevedev una penale pari all'1 /3 del prezzo di vendita ,i n caso di revoca dell'incarico prima della scadenza. I ricorrenti denunciavano anche il fatto che il loro recesso avvenuto solo una settimana dopo la firma del contratto era stato causato da una stima del prezzo di vendita a loro dire errata, in quanto molto inferiore a quelle effettuate da altre agenzie interpellate .
I giudici di cassazione ripercorrono la normativa in materia, ricordando il Digs. 6 settembre 2005, n. 206 - noto con l'accezione di Codice del Consumo - e la normativa europea finalizzati a a tutelare la parte - consumatore - generalmente dotata di minor forza contrattuale di quella del professionista
L'art. 33, comma 2 del Codice del Consumo contiene un elenco di venti clausole soggette ad una presunzione relativa di vessatorietà salvo che il professionista fornisca la prova contraria. L'onere probatorio gravante sul professionista al fine di confutare la natura presumibilmente vessatoria di una clausola contrattuale si considera assolto al
ricorrere di determinati presupposti, ad esempio il fatto che la clausola censurata non sia stata unilateralmente imposta dallo stesso, ma abbia, di contro, formato oggetto di specifica trattativa individuale tra le parti, sempre che la medesima risulti caratterizzata dagli indefettibili requisiti dell'individualità,serietà ed effettività (Cass. civ., 20/03/2016, r. 6802; Cass. civ., 26/09/2008,
Secondo la Cassazione la motivazione basata sulla causa del recesso non ha rilevanza in quanto non supportata da prove e mentre accolgono il primo motivo di ricorso verso il Tribunale di Roma che aveva decretato il pagamento della penale. Si afferma infatti che il Tribunale ha errato nell'applicare la disciplina di cui agli artt. 1469 bis e ss. relativa ai contratti dei consumatore che riconosce al mediatore il diritto alla provviglone in caso di recesso anticipato, in quanto aveva omesso di accertare in concreto se il contratto avesse avuto un inizio di esecuzione e se un'attività affettiva fosse stata dal medesimo svolta. Afferma quindi che la sentenza impugnata va cassata e rinviata, innanzi al Tribunale ci Roma„ in diversa composizione che deve attenersi al seguente principo di diritto:
" La clausola che attribuisca ai med:atore il diritto alla provvigione anche in caso di recesso da parte del venditcye oiw:i presumersi vessatoria quando il compenso
non trova giustificazioae nella prestazione svolta dal mediatore. E' compito del .ciludice di merito valutare se unaqualche attività sia stata svolta dal mediatore
attraverso le attività propedeutiche e necessarie per la ricerca di soggetti interessati all'acquisto del bene"." Si presume vessatoria la la clausola che consentee al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest'ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere
dal professionista il d:ppic della somma corrisposta se è quest'ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere".
La sentenza conferma quanto già affermato in un precedente relativo a un contratto di mediazione (Corte di cassazione,, sentenza 3 novembre 2010 n. 22357) in cui è stato giudicata vessatorio in caso di rinuncia al contratto, l'obbligo di conferire un compenso in misura identica (o vicina) a quella stabilita per l'ipotesi di conclusione dell'affare, isalvo nel caso in cui il compenso sia dovuto per attività realizzate dall'agente fino a quel momento
La cassazione ricorda che previsione dell'obbligo di pagare una somma che il giudice giudichi eccessiva può integrare una clausola penale, cui all'art. 1469bis, comma 3°, n. 6, cod. civ., (ora art. 33, comma 2°, codice del consumo),