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RIMBORSO IRPEF IMPATRIATI: QUANDO NON SERVE LA RICHIESTA

Rimborso IRPEF Impatriati: quando non serve la richiesta

Con l’ordinanza n. 23526/2025 la Suprema Corte chiarisce i limiti temporali all’applicazione del divieto di rimborso introdotto dal 2019 per chi non richiede il beneficio

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La Cassazione affronta ancora una volta nella sentenza n.  23656  del 19 agosto 2025  il tema del recupero di imposte erroneamente versate da un lavoratore soggetto al regime agevolato per gli "Impatriati".

Un lavoratore trasferitosi in Italia aveva richiesto all’Agenzia delle Entrate il rimborso delle maggiori imposte versate per l’anno 2018, sostenendo di avere diritto alle agevolazioni fiscali  anche se in assenza di preventiva richiesta al datore di lavoro. 

Formatasi la situazione di silenzio-rifiuto, il contribuente aveva adito la Commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva accolto il ricorso annullando il diniego tacito dell’Amministrazione e disponendo il rimborso. 

La decisione era stata confermata in appello dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia con sentenza n. 297/2024.

Contro tale pronuncia l’Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso per cassazione, contestando l’interpretazione offerta dai giudici di merito.

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1) Le argomentazioni dell’Agenzia delle Entrate e il quadro normativo

Nel ricorso l’Amministrazione finanziaria sosteneva che il contribuente non avesse diritto al rimborso, non avendo presentato né la richiesta scritta al datore di lavoro per l’applicazione delle agevolazioni, né l’opzione in sede di dichiarazione dei redditi. 

L’Agenzia richiamava la natura eccezionale del regime agevolativo introdotto dall’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 e la necessità di rispettare puntuali adempimenti formali. A suo avviso, in assenza di tali adempimenti, non sarebbe stato possibile riconoscere benefici fiscali. 

La Corte di Cassazione ha però ricordato che, prima dell’introduzione del comma 5-ter all’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 ad opera del D.L. n. 34/2019 (c.d. “Decreto Crescita”), non esisteva alcuna norma che vietasse espressamente il rimborso delle somme spontaneamente versate

La disposizione sopravvenuta non ha efficacia retroattiva, come chiarito dalla stessa legge di conversione n. 58/2019, e dunque non può essere applicata a situazioni riferite ad annualità precedenti.

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2) La decisione della Cassazione: niente retroattività

Come anticipato la Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la legittimità della pronuncia dei giudici tributari lombardi. 

La sentenza ribadisce che l’omessa presentazione della richiesta al datore di lavoro o l’assenza di opzione in dichiarazione non determinano la decadenza dal beneficio per gli impatriati, in mancanza di una previsione legislativa esplicita in tal senso. 

Per le annualità anteriori al 2019, quindi, i lavoratori che hanno i requisiti possono legittimamente presentare istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. n. 602/1973, allegando la documentazione idonea. 

La Corte ha inoltre condannato l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio.

Questa pronuncia si inserisce nel solco di precedenti orientamenti (ordinanze nn. 34655/2024 e 15234/2025), rafforzando il principio secondo cui le limitazioni introdotte dal legislatore non  hanno efficacia  retroattiva.

Fonte immagine: Foto di Ralph da Pixabay
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