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ABUSO PERMESSI LEGGE 104 COME CAUSA DI LICENZIAMENTO

Abuso permessi legge 104 come causa di licenziamento

La Cassazione riconferma la giusta causa in caso di abuso dei permessi retribuiti per assistenza. Vediamo due casi e le motivazioni specifiche

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Con  due recenti ordinanze nel  2025, la Corte di Cassazione, sezione lavoro,  consolida un orientamento già espresso in precedenti pronunce sulll’utilizzo dei permessi di cui all’art. 33 della legge 104/1992  Si afferma in particolare che l'uso  per attività diverse dall’assistenza al disabile integra un comportamento abusivo, che fa venir meno il nesso causale tra l’assenza dal lavoro e la finalità protettiva del beneficio.

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1) Abuso legge 104: investigazione legittima

La vicenda  oggetto della prima pronuncia n. 2157 / 2025,  trae origine dal comportamento di un lavoratore che, beneficiando dei permessi retribuiti previsti dall’art. 33 della legge n. 104 del 1992, aveva utilizzato le giornate di assenza non per assistere il familiare disabile, ma per dedicarsi ad attività personali e ricreative. In particolare, come accertato dai giudici di merito, il dipendente sfruttava in maniera sistematica tali permessi per praticare attività sportiva, sottraendosi così agli obblighi di assistenza cui il beneficio normativo è strettamente collegato.

Il datore di lavoro, insospettito dalla frequenza delle assenze e dalla loro coincidenza con impegni non riconducibili all’assistenza familiare, incaricava un’agenzia investigativa di svolgere verifiche discrete. Gli accertamenti confermavano che l’uso dei permessi era distorto rispetto alle finalità previste dalla legge. Sulla base di tali elementi, l’azienda procedeva con il licenziamento per giusta causa. 

La decisione veniva impugnata dal lavoratore, ma sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Brescia (sentenza del 31 gennaio 2023) confermavano la legittimità del recesso.

Come detto la Suprema Corte ha confermato le sentenze di merito affermando che , in questi casi, la condotta non si traduce solo in un inadempimento contrattuale, ma assume rilievo anche sotto il profilo disciplinare, essendo idonea a compromettere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra datore e lavoratore. Proprio per questo motivo la Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa. 

La Corte ha inoltre confermato la possibilità per il datore di ricorrere ad agenzie investigative, considerandole uno strumento lecito per l’accertamento di condotte fraudolente o persino penalmente rilevanti.

La decisione della Suprema Corte assume particolare rilievo pratico.

  •  Da un lato, ricorda ai lavoratori che i permessi retribuiti concessi per l’assistenza a familiari con handicap grave costituiscono un diritto fondamentale, ma al tempo stesso vincolato alla finalità solidaristica per cui il legislatore li ha previsti. Utilizzarli per fini estranei espone al rischio concreto di licenziamento senza indennità né preavviso.
  • Dall’altro lato, la sentenza fornisce ai datori di lavoro un  importante chiarimento: quando vi siano indizi seri di abuso, è legittimo avvalersi di professionisti esterni per verificare il corretto utilizzo dei permessi. Resta fermo che le indagini devono svolgersi nel rispetto della dignità e riservatezza del dipendente, senza sconfinare in controlli generalizzati o sproporzionati.

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2) Licenziamento per abuso permessi legge 104 e CCNL

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 15029 depositata il 4 giugno 2025, affronta nuovamente il tema dell’utilizzo improprio dei permessi previsti dall’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992 che puo portare al licenziamento .

La vicenda riguardava un lavoratore che  dichiarava di assistere il genitore disabile, ma impiegava in realtà l’intera giornata in attività ricreative. La Corte d’Appello di Napoli aveva confermato la legittimità del recesso, sottolineando che la condotta era del tutto estranea alla funzione assistenziale e tale da pregiudicare l’organizzazione aziendale, anche in considerazione di precedenti disciplinari.

Il dipendente aveva impugnato la sentenza sostenendo che il contratto collettivo non giustificasse il licenziamento per un singolo episodio e che la sanzione fosse sproporzionata.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendo corretta la valutazione di merito. I giudici hanno ricordato che i permessi ex art. 33, legge 104/1992, sono riconosciuti per assicurare continuità nell’assistenza ai familiari disabili, secondo valori costituzionali di solidarietà. Un loro utilizzo per fini estranei viola i principi di correttezza e buona fede, arrecando un danno sia al datore di lavoro sia all’ente previdenziale che eroga il trattamento economico.

Quanto al contratto collettivo, la Corte ha precisato che, in mancanza di fattispecie espressamente punite solo con sanzioni conservative, spetta al giudice valutare la gravità della condotta alla luce dell’art. 2119 c.c. Nel caso concreto, l’assenza di qualsiasi beneficio per il familiare disabile ha reso proporzionata la sanzione espulsiva.

3) Legge 104 e licenziamento: confronto

Le ordinanze del 2025 si inseriscono in una linea giurisprudenziale ormai ampiamente consolidata salvo rare eccezioni. In precedenti sentenze (Cass. nn. 6469 e 11999 del 2024; Cass. n. 25290 del 2022), la Corte aveva già affermato che l’uso dei permessi legge 104 per fini diversi dall’assistenza configura abuso del diritto.

 Allo stesso tempo, è stato chiarito che l’assistenza può comprendere anche attività indirette, come pratiche amministrative svolte nell’interesse del disabile, senza necessità di coincidere rigidamente con l'attività di assistenza 

La giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 19/2009 e n. 158/2007) ha inoltre sottolineato che l’istituto risponde a valori costituzionali di tutela della salute e solidarietà. 

La Cassazione  conferma quindi l’orientamento volto a garantire un uso rigoroso e funzionalizzato dei permessi, a tutela sia del lavoratore che del datore di lavoro e della collettività.

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Fonte immagine: Foto di mohamed Hassan da Pixabay
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