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MARCHIO CEDUTO: NON È RAMO D'AZIENDA

Marchio ceduto: non è ramo d'azienda

Quando la cessione del marchio è soggetta a IVA in quanto non rientra nella cessione di ramo d'azienda

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Con la Risposta a interpello n 210 del 19 agosto le Entrate chiariscono il trattamento fiscale della cessione del marchio.

L’Agenzia relativamente al caso di specie, che di seguito verrà enunciato, ha chiarito che la cessione di un marchio accompagnata da diritti IP collegati (come disegni, modelli e diritti d’autore su materiali promozionali) non configura una cessione di ramo d’azienda, ma va trattata come cessione di singoli beni, rilevante ai fini IVA.

Vediamo il caso di specie.

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1) Marchio ceduto: non è ramo d'azianda

Secondo le Entrate nel caso di specie trattato dall'interpello il marchio ceduto non è ramo d’azienda e quindi risulta soggetto a IVA.

In particolare, la società istante chiedeva se tale operazione dovesse essere considerata:

  • una cessione di singoli beni (marchio + diritti IP), e quindi imponibile ai fini IVA ai sensi dell’art. 3, comma 2, n. 2 del D.P.R. 633/1972;
    oppure
  • una cessione di ramo d’azienda, esclusa da IVA e soggetta invece a imposta di registro in misura proporzionale, ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. b) dello stesso decreto IVA.

L’istanza è stata presentata da una società operante nel settore della profumeria e dei cosmetici che ha acquistato il marchio “DELTA” di altra società.

In precedenza, l'istante era già licenziataria esclusiva del marchio e curava tutte le fasi produttive, promozionali e commerciali dei prodotti collegati.

L’operazione ha comportato:

  • la cessione del marchio registrato in diverse classi merceologiche;
  • il trasferimento di alcuni diritti IP connessi (disegni, modelli, diritti d’autore);
  • la risoluzione del contratto di licenza precedente tra ALFA e BETA.

L'istante con i dubbi su elencati sosteneva che:

  • l’operazione aveva ad oggetto solo beni immateriali isolati, non un complesso aziendale;
  • la cedente non svolgeva attività imprenditoriale con quei beni (non aveva personale, impianti, contratti in essere);
  • tutte le funzioni operative ed economiche collegate al marchio erano già gestite dall'istante in qualità di licenziatario;
  • mancava quindi il requisito essenziale di “organizzazione” richiesto per configurare un ramo d’azienda.

Secondo l’Agenzia è condivisibile l’impostazione dell’istante, stabilendo che non si è in presenza di una cessione di ramo d’azienda, ma di una cessione di singoli beni immateriali, e in particolare di un marchio e dei diritti IP connessi, rilevante ai fini IVA.

Secondo l'agenzia appunto vi è:

  • assenza di organizzazione autonoma. Non sono stati trasferiti elementi essenziali per proseguire autonomamente un’attività economica: quali personale, contratti, relazioni commerciali o strutture operative. I beni ceduti non costituiscono, nel loro insieme, un complesso organizzato e idoneo a proseguire un’attività imprenditoriale.
  • precedente gestione operativa del marchio da parte dell'istante. La società istante già svolgeva in via esclusiva tutte le attività operative legate al marchio, in virtù del contratto di licenza. Il cedente non svolgeva direttamente l’attività d’impresa relativa al marchio, né prima né dopo la cessione.
  • e pertanto la cessione ha rilevanza ai fini IVA. L’operazione rientra tra le prestazioni di servizi ai sensi dell’art. 3, comma 2, n. 2 del D.P.R. n. 633/1972, in quanto concerne la cessione di diritti su marchi, disegni, modelli e simili. Quindi è soggetta a IVA, secondo il principio generale dell’imponibilità delle prestazioni di servizi
  • si prevede l'applicazione dell’imposta di registro in misura fissa. In base al principio di alternatività tra IVA e imposta di registro (art. 40 del TUR), l’imposta di registro sarà dovuta in misura fissa, pari a 200 euro.
Fonte immagine: Image by Pete Linforth from Pixabay
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