Succede così. Il cliente chiama, trafelato, e dice: “Devo dare l’anticipo del TFR a due dipendenti. Me lo prepara per domani?”. Oppure scrive una mail stringata, “Uno dei ragazzi ha bisogno di soldi, mi metta in busta ogni mese l’anticipo sul TFR”.
E il tono è quello tipico della comunicazione di servizio. Un po’ come se chiedesse una visura camerale o un documento da stampare.
Quello che viene chiesto – con leggerezza, talvolta con pressioni emotive – è in realtà un atto tutt’altro che neutro, con implicazioni giuridiche, contributive e ispettive notevoli.
Eppure, in tanti casi, viene vissuto come una banale gentilezza aziendale.
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1) Il consulente come filtro tra norma e prassi
Nel nostro ruolo c’è spesso questa doppia trappola: da un lato i datori di lavoro, che vogliono “accontentare” i dipendenti (per quieto vivere, senso di umanità o timore di conflitti); dall’altro i dipendenti stessi, che trattano il TFR come una sorta di salvadanaio personale, accessibile su richiesta.
In mezzo ci siamo noi, a cercare di spiegare – per la centesima volta – che non si può dare il TFR “a rate” ogni mese, o una volta all’anno “perché tanto è maturato”, o senza una specifica motivazione e documentazione.
Cosa dice la norma e cosa ha appena ribadito l’Ispettorato Nazionale del Lavoro?....Continua a leggere l'articolo di Gabriele Silva su Blastonline.it