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OPZIONI FINANZIARIE E TRATTAMENTO FISCALE IN ITALIA: GUIDA PRATICA

Opzioni finanziarie e trattamento fiscale in Italia: guida pratica

Dalla strategia di trading alla dichiarazione dei redditi: trattamento fiscale e buone pratiche per operare con le opzioni in Italia

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Le opzioni finanziarie sono strumenti derivati che consentono di assumere posizioni su azioni, indici, valute o materie prime con un capitale ridotto e un’elevata flessibilità.

Per chi investe o gestisce portafogli professionali, rappresentano un mezzo potente per la copertura, speculazione o per generare reddito finanziario.

In Italia, tuttavia, il trattamento fiscale delle opzioni segue regole precise che è fondamentale conoscere per ottimizzare la gestione fiscale e ridurre rischi di errori dichiarativi.

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1) Cos’è un’opzione finanziaria

Un’opzione è un contratto derivato che attribuisce al suo titolare il diritto – ma non l’obbligo – di comprare (call) o vendere (put) un’attività sottostante a un prezzo prefissato (strike price) entro o alla data di scadenza (expiry date).

Tipologie principali di stili di opzione e scadenza:

  • Call option: diritto di acquistare il sottostante.
  • Put option: diritto di vendere il sottostante.
  • Opzione Europea: esercitabile solo alla data di scadenza.
  • Opzione Americana: esercitabile in qualsiasi momento prima della scadenza.
  • Opzioni su indici: possono avere scadenze mensili o trimestrali.

Esempio pratico:

Un investitore compra una call ENI con strike 14 €, scadenza a tre mesi, pagando un premio di 0,40 €

Se alla scadenza ENI quota 15 €, l’opzione vale 1 €: guadagno lordo 0,60 € (1 € – 0,40 €).
Se invece ENI resta sotto 14 €, l’opzione scade senza valore e la perdita è limitata al premio di 0,40 €.

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2) Come si usano le opzioni: copertura, speculazione e rendimento

Copertura (hedging)

Proteggere un portafoglio da ribassi indesiderati.

Esempio: un investitore con azioni ENEL acquista una opzione put per bloccare un prezzo minimo di vendita.

Speculazione direzionale

Puntare su rialzi o ribassi del sottostante con leva finanziaria.

Esempio: acquisto di una call sull’indice FTSE MIB in previsione di un mercato rialzista.

Strategie di rendimento

Incassare premi vendendo opzioni per creare flussi periodici di reddito (covered call, cash-secured put).

Esempio: vendita di una opzione call coperta su azioni in portafoglio per ottenere un premio extra.

Tassazione delle opzioni in Italia: il regime fiscale dipende dal tipo di soggetto (persona fisica o impresa) e dalla natura del reddito prodotto.

Persone fisiche

Le operazioni in opzioni rientrano nei redditi diversi di natura finanziaria (art. 67 TUIR).

Regole principali:

  • Le plusvalenze sono tassate al 26% (articoli 3, 4 del DL 24 aprile 2014, n. 66, convertito con modificazioni dalla Legge 23 giugno 2014 n. 89).
  • Le minusvalenze sono compensabili con plusvalenze della stessa categoria entro 4 anni successivi a quelli di maturazione.
  • Nessuna ritenuta alla fonte se si opera in regime dichiarativo o amministrato.

Esempio:
Un trader compra una call STM a 1 € e la rivende a 1,50 €.

Guadagno = 0,50 €.

Tassazione = 26% → imposta 0,13 € per azione (0,50 euro * 26%).

Caso di vendita di opzioni

Quando un investitore vende un’opzione, incassa immediatamente un premio, che rappresenta il corrispettivo per l’assunzione dell’obbligo contrattuale di acquistare (nel caso di put) o vendere (nel caso di call) il sottostante, qualora l’acquirente eserciti il diritto.

Dal punto di vista fiscale, la vendita di opzioni non genera automaticamente un reddito imponibile nel momento dell’incasso del premio.

In base ai principi stabiliti dall’art. 67, comma 1, lettera c-quater del TUIR, e chiariti dall’Agenzia delle Entrate (Circolare 165/E/1998 e successive interpretazioni), l’imposizione avviene solo quando l’operazione si chiude e il risultato economico complessivo è determinabile.

Il premio incassato concorre a formare un reddito diverso di natura finanziaria solo se, al termine dell’operazione, risulta un guadagno netto rispetto agli eventuali costi di chiusura o di esercizio.

In altri termini:

Reddito imponibile = Premi incassati – Premi pagati – Importi di regolamento o riacquisto

Se l’opzione venduta scade senza essere esercitata, il premio rimane interamente incassato come plusvalenza imponibile.

Non essendoci costi di regolamento o riacquisto, il reddito imponibile corrisponde all’intero premio percepito, tassato al 26%.

Se l’acquirente esercita l’opzione, la posizione dell’emittente si chiude mediante consegna o acquisto del sottostante al prezzo di esercizio.

In questo caso, il premio incassato non viene tassato separatamente, ma concorre a formare il prezzo di carico o di vendita del sottostante ai fini della successiva determinazione della plusvalenza o minusvalenza.

Esempi:

  • Vendita di call esercitata:
    • Un investitore possiede azioni ENI acquistate a 13 €.
    • Vende una call strike 14 €, premio 0,50 €.
    • Alla scadenza, ENI quota 14,50 € → l’opzione viene esercitata.
    • L’investitore vende le azioni a 14 € (strike), ma ha già incassato 0,50 € di premio.
    • Prezzo effettivo di vendita = 14,50 €, su cui si calcola la plusvalenza.
  • Vendita di put esercitata:
    • L’investitore vende una put strike 10 € su Unicredit, premio 0,30 €.
    • Alla scadenza il titolo quota 9 €, quindi l’acquirente esercita.
    • L’investitore deve acquistare il titolo a 10 €, ma ha incassato 0,30 €.
    • Prezzo effettivo di acquisto = 9,70 €, che sarà il costo fiscale di carico del titolo.
    • In entrambi i casi, il premio “rettifica” il prezzo di carico o di vendita del sottostante, evitando doppia imposizione.

Le perdite derivanti dalla chiusura o dall’esercizio di opzioni vendute costituiscono minusvalenze finanziarie, anch’esse compensabili con plusvalenze della stessa natura entro 4 anni successivi a quelli di maturazione.

Non sono però compensabili con redditi di capitale (interessi, dividendi, cedole).

Esempio:
Se una call venduta viene chiusa in perdita di 300 €, l’investitore potrà utilizzare tale importo per ridurre future plusvalenze da derivati o titoli azionari.

Implicazioni operative

  • È importante registrare ogni operazione in modo puntuale (data, strike, premio, modalità di chiusura).
  • Le piattaforme dei broker italiani in regime amministrato gestiscono automaticamente la fiscalità, ma in regime dichiarativo il calcolo deve essere effettuato manualmente o con software dedicati. Sono pochi i broker esteri che forniscono un’adeguata informativa.
  • Le minusvalenze su opzioni possono avere origine anche da differenziali di regolamento, non solo da premi pagati, quindi occorre verificarne la corretta imputazione.

Sintesi 

Situazione

Trattamento fiscale

Note operative

Opzione venduta e chiusa in utile

Plusvalenza tassata al 26%

Reddito diverso

Opzione venduta e chiusa in perdita

Minusvalenza compensabile

Valida 4 anni

Opzione venduta e non esercitata

Premio integralmente tassabile

Nessun regolamento

Opzione esercitata

Premio rettifica il prezzo del sottostante

Evita doppia tassazione


3) Società e professionisti (attività d’impresa)

Per le imprese o professionisti in contabilità ordinaria, i risultati su opzioni concorrono al reddito d’impresa tassato con IRES e IRAP.

Le plusvalenze e minusvalenze sono rilevate per competenza economica, cioè nell’esercizio in cui maturano, anche se non ancora incassate.

Regimi fiscali: amministrato, dichiarativo, gestito

Regime amministrato

L’intermediario calcola e versa automaticamente l’imposta del 26%.

Le minusvalenze sono registrate e compensate in modo automatico.

Ideale per chi investe tramite istituti finanziari italiani e non vuole occuparsi della dichiarazione.

Regime dichiarativo

L’investitore inserisce autonomamente i risultati nel quadro RT del Modello Redditi PF in corrispondenza della sezione relativa alle plusvalenze assoggettate a imposta sostitutiva del 26%.

Obbligatorio per chi opera con broker esteri (es. Interactive Brokers, Degiro).

 Richiede attenzione nella contabilità, ma consente compensazioni più flessibili.

Regime gestito

Proprio di fondi comuni e gestioni patrimoniali: l’imposta si applica sul risultato netto maturato.
L’investitore riceve rendimenti già al netto delle imposte e non deve dichiarare nulla.

Imposta di bollo e monitoraggio fiscale

Le opzioni non generano direttamente imposta di bollo (0,2% annuo) se non comportano un valore detenuto a fine anno.

Tuttavia, il bollo si applica sul valore complessivo del dossier titoli presso intermediari italiani.

Chi utilizza broker esteri deve:

  • compilare il quadro RW per il monitoraggio fiscale;
  • versare l’IVAFE (imposta sul valore delle attività finanziarie estere).

Buone pratiche operative

  1.  Registrare ogni operazione (date, strike, premi, risultati).
  2.  Usare fogli di calcolo o software per seguire plus e minusvalenze.
  3.  Evitare eccessiva leva o speculazione: gestire il rischio è essenziale.
  4. Verificare la corretta classificazione fiscale di derivati su valute o indici esteri.
  5. Consultare un commercialista esperto in derivati, soprattutto in regime dichiarativo o d’impresa.

4) Conclusione

Le opzioni finanziarie sono strumenti versatili e potenti: permettono di proteggere, amplificare o ottimizzare i rendimenti del portafoglio ma la loro efficacia dipende anche da una corretta gestione fiscale.

Conoscere la differenza tra redditi diversi e redditi d’impresa, i regimi fiscali disponibili e le modalità di compensazione delle minusvalenze consente agli investitori e ai professionisti di operare in modo più efficiente e consapevole.

Una strategia vincente non si misura solo dal profitto lordo, ma dal rendimento netto dopo le imposte e nel caso delle opzioni, questa differenza può essere decisiva.


Note: riferimenti normativi citati

Si elencano i riferimenti normativi citati nella redazione del presente articolo.

Articolo 67 TUIR.

Articoli 3, 4 del DL 24 aprile 2014, n. 66, convertito con modificazioni dalla Legge 23 giugno 2014 n. 89.

Circolare Agenzia Entrate 165/E/1998.

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