L’art 1130-bis c.c. (disposizione introdotta dalla legge n. 220 del 2012 ed entrata in vigore il 18 giugno 2013) stabilisce che il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire l'immediata verifica. In altre parole il rendiconto è funzionale all'esigenza di porre i condomini in condizione di sapere come sono state concretamente utilizzate le quote versate, cui corrisponde l'obbligo dell'amministratore di mettere a disposizione degli stessi la documentazione giustificativa delle spese ivi indicate. È stato chiaramente precisato che detto rendiconto non deve però essere redatto in forma rigorosa, atteso che non trovano diretta applicazione, nella materia condominiale, le norme prescritte dalla legge per i bilanci delle società. Non è chiaro, però, se tale documento contabile vada redatto secondo i principi di cassa o secondo i principi di competenza. Il primo (cassa) si basa sulle movimentazioni effettive, includendo esclusivamente le entrate e le uscite che si sono concretamente verificate nel periodo di riferimento. Il secondo (competenza), invece, considera tutte le operazioni che si riferiscono al periodo in esame, a prescindere dal momento in cui i relativi importi siano stati incassati o pagati.
Del resto, la normativa condominiale contiene elementi caratterizzanti sia l’uno sia l’altro sistema: da una parte, registrazione dei movimenti entro trenta giorni, dall’altra, indicazione della situazione patrimoniale e delle eventuali riserve. Secondo una terza tesi perciò la contabilità condominiale si dovrebbe ispirare ad un criterio misto.
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1) Il criterio di cassa e quello di competenza
Una larga parte della giurisprudenza ha affermato che il rendiconto deve essere redatto secondo il criterio di cassa, cioè registrando le spese e le entrate in base alla data in cui sono effettivamente pagate o incassate. Secondo questa tesi il criterio di cassa consente infatti di conoscere esattamente la reale consistenza del fondo comune. A parere di tale orientamento il rendiconto redatto, invece, tenendo conto sia del criterio di cassa sia di quello di competenza, cioè indicando indistintamente, unitamente alle spese ed alle entrate effettive, anche quelle preventivate senza distinguerle fra loro, può generare confusione qualora le poste indicate non trovino riscontro documentale (Cass. civ., sez. II, 30/10/2018, n. 27639 Cass. civ., sez. II, 09/05/2011, n. 10153; App. Napoli 14 ottobre 2024, n. 4107; Trib. Oristano 7 agosto 2023, n. 451; Trib. Roma 28 gennaio 2019, n. 1918). Secondo una diversa opinione per l’attività di rendiconto delle gestioni oggetto dell’incarico affidatogli, l’amministratore deve adeguarsi al dettato normativo dell’articolo 1130-bis c.c., ricorrendo, per le poste attive e passive, al principio di competenza, anziché a quello di cassa, ritenendolo preferibile al fine di guardare al rendiconto nel suo complesso, senza perciò limitarsi al solo registro di contabilità (così, ad esempio, Trib. Potenza 29 giugno 2023, n. 843).
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2) Il criterio misto: una tesi in ascesa
Secondo un’opinione giurisprudenziale “emergente” la contabilità condominiale si dovrebbe ispirare ad un criterio misto, in parte retto dal criterio di cassa ed in parte retto dal criterio di competenza. In particolare secondo lo stesso giudice il registro di contabilità dovrebbe essere improntato al criterio di cassa in quanto vi sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita, rappresentando, quindi, il dettaglio analitico di quanto riportato in sintesi nel conto flussi.
La situazione patrimoniale richiesta dall'art. 1130 bis c.c. e, quindi, il rendiconto generale, dovrebbe invece essere redatta secondo il criterio di competenza, in quanto tra le “attività”, devono essere indicati, ad esempio, i crediti verso i condomini, i crediti verso i fornitori (da annotare secondo la competenza), le disponibilità liquide, mentre tra le “passività” devono essere indicati i debiti verso i condomini, i debiti verso i terzi, i fondi accantonati, le riserve (App. Roma 12 marzo 2025, n. 1566; Trib. Udine, 19 agosto 2019, n. 1014; App. Genova 4 luglio 2018, n. 1107). A tale proposito una recente decisione della Cassazione ha affermato che il rendiconto condominiale non può più limitarsi a una semplice esposizione delle entrate e delle uscite effettivamente avvenute nell’anno, secondo il tradizionale criterio di cassa. È necessario, invece, che il documento contabile tenga conto anche del principio di competenza, il quale consente una rappresentazione più completa e articolata della gestione.
Questo significa che nel rendiconto devono essere evidenziati non solo i movimenti finanziari effettivi, ma anche gli impegni di spesa maturati nel periodo, indipendentemente dal fatto che siano stati pagati o incassati. In altre parole, devono essere indicati sia i debiti, cioè le spese di competenza dell’anno non ancora saldate, sia i crediti, come le quote condominiali deliberate e riferite all’esercizio ma non ancora versate dai condomini.
La Suprema Corte sembra perciò sostenere un sistema misto, che combina il criterio di cassa con quello di competenza, al fine di garantire trasparenza, verificabilità e una corretta rappresentazione della situazione patrimoniale del condominio (Cass. civ., sez. II, 16/09/2025, n. 25446).