Dal 29 agosto 2025 è ufficialmente tramontata la stagione del de minimis negli Stati Uniti. La soglia di 800 dollari, prevista dall’art. 321 del Tariff Act (19 U.S.C. § 1321(a)(2)(C)), che per anni aveva consentito di spedire merci a basso valore senza dazi né formalità, è stata cancellata dall’Executive Order n. 14324 firmato dal Presidente Trump. Tutte le spedizioni, anche quelle di importo ridotto, devono oggi affrontare un regime doganale ordinario, con dichiarazioni complete e pagamento dei dazi. È un cambio di paradigma che impatta sull’e-commerce globale e che costringe operatori e consumatori a fare i conti con la dogana nella sua forma tradizionale.
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1) La fonte normativa: l'executive order 14324
La svolta normativa è stata sancita con l’Executive Order n. 14324 del 30 luglio 2025, con il quale la Casa Bianca ha sospeso l’applicazione dell’art. 321 del Tariff Act. Si tratta di una misura che rientra nei poteri conferiti al Presidente dall’International Emergency Economic Powers Act (50 U.S.C. § 1702), utilizzato per ragioni di politica estera, sicurezza nazionale ed economia interna.
In concreto, ciò significa che dal 29 agosto non è più possibile ricorrere alla semplificazione del de minimis.
Già dal 2 maggio 2025 l’esenzione era stata eliminata per le spedizioni provenienti da Cina e Hong Kong; ora la sospensione è estesa a tutti i Paesi, senza eccezioni.
Le motivazioni politiche sono chiare: da un lato, frenare l’abuso della soglia agevolata che aveva favorito l’ingresso di milioni di pacchi a basso costo, spesso con dichiarazioni inesatte; dall’altro, proteggere la manifattura interna e garantire nuove entrate fiscali in un contesto di deficit pubblico crescente.
Vale la pena ricordare che la soglia de minimis a 800 dollari era un regime relativamente recente: fu introdotta nel 2016 con il Trade Facilitation and Trade Enforcement Act, che innalzò l’importo dai precedenti 200 dollari. La misura era stata salutata come una spinta all’e-commerce globale e aveva reso più semplice e meno oneroso per milioni di consumatori americani acquistare da fornitori esteri.
Oggi, con l’Executive Order 14324, quella stagione si chiude definitivamente. L’attuazione formale è stata curata da U.S. Customs and Border Protection e dal Department of the Treasury, che hanno pubblicato sul Federal Register del 2 settembre 2025 la disciplina operativa di dettaglio. In quel documento è stato stabilito che le entry semplificate previste dalla sezione 321 non sono più accettate e che ogni spedizione deve essere trattata come un’importazione ordinaria, con dichiarazioni complete e pagamento dei dazi.
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2) Nuove regole operative per spedizioni postali e corrieri espressi
Le istruzioni di attuazione sono state pubblicate da CBP il 15 agosto 2025, nel documento Global Guidance for International Mail.
Qui viene previsto un sistema transitorio per le spedizioni postali: per i primi sei mesi gli operatori potranno scegliere se applicare un dazio ad valorem, calcolato sul valore e sulle aliquote del Paese d’origine, oppure un dazio forfettario, fissato a 80, 160 o 200 dollari a seconda della fascia tariffaria IEEPA del Paese di provenienza. Dal marzo 2026, invece, resterà solo il sistema ad valorem.
A questi obblighi si aggiunge la richiesta di una documentazione molto più dettagliata: ogni pacco deve indicare l’origine precisa degli articoli contenuti, i vettori devono inviare un riepilogo mensile a CBP e i dazi vanno pagati tramite la piattaforma Pay.gov. Non solo: per operare è necessario che i corrieri siano qualificati come qualified parties e dispongano di un’apposita garanzia doganale (Customs Bond).
Diverso è l’impatto sui corrieri espressi. Per FedEx, DHL, UPS e simili non è prevista alcuna fase transitoria: tutte le spedizioni devono sin da subito essere trattate come importazioni ordinarie. CBP ha infatti disattivato le semplificazioni previste dalle Entry Type 86 e dalla sezione 321 nel sistema ACE (Automated Commercial Environment). Questo comporta l’obbligo di fornire sempre codice HS, Paese d’origine e valore reale delle merci, con conseguente aumento dei tempi e dei costi di gestione.
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3) Impatti economici e operativi per imprese e consumatori
Le conseguenze si sono viste subito. Molti operatori postali internazionali, in Europa e in Asia, hanno sospeso le spedizioni verso gli USA perché impossibilitati ad adeguarsi in tempi così stretti.
Secondo dati dell’Universal Postal Union (UPU), l’agenzia delle Nazioni Unite che regola i servizi postali a livello globale, il traffico verso gli Stati Uniti è crollato dell’81% nella prima settimana di applicazione.
Per le imprese esportatrici italiane, la sfida è duplice:
- da un lato affrontare un incremento dei costi (dazi, burocrazia, ritardi);
- dall’altro rivedere i modelli logistici.
Non è più sostenibile spedire singolarmente pacchi di piccolo valore: diventa necessario consolidare le merci o organizzare un magazzino in territorio statunitense, magari tramite un operatore logistico locale.
A questo si aggiunge la necessità di coinvolgere broker doganali americani, figure indispensabili per gestire i rapporti con CBP, le dichiarazioni e il pagamento dei dazi tramite i canali ufficiali.
Infine, non bisogna trascurare la comunicazione con i clienti: informare con trasparenza i consumatori statunitensi circa possibili tempi di consegna più lunghi e l’applicazione di dazi e spese accessorie aiuta a preservare la fiducia e a ridurre il rischio di contestazioni.
Le piattaforme di e-commerce, soprattutto quelle basate sul modello direct to consumer, dovranno rivedere radicalmente le proprie strategie: senza stock negli USA, la competitività sul mercato americano rischia di svanire. I consumatori, dal canto loro, vedranno aumentare i prezzi finali e i tempi di consegna, con un inevitabile calo della varietà di prodotti disponibili.
Oggi, dunque, è indispensabile rimettere mano alla gestione doganale in maniera organica.
Occorre verificare che i prodotti siano correttamente classificati con il codice HS e che l’origine delle merci sia dichiarata con precisione, perché ogni errore rischia di tradursi in un blocco allo sdoganamento. La documentazione deve essere completa e accurata: fatture dettagliate, descrizioni puntuali e indicazioni di origine non sono più elementi accessori, ma il cuore stesso della dichiarazione doganale.
La fine del de minimis non è solo un cambiamento tecnico, ma un ritorno a un principio fondamentale: nessuna merce entra in un mercato senza controlli e senza regole.
La dogana torna al centro del commercio internazionale, riaffermando il proprio ruolo di garante della fiscalità e della sicurezza.
Le imprese che sapranno affrontare questa sfida con professionalità e pianificazione non solo supereranno la transizione, ma potranno trasformarla in un’occasione di crescita e consolidamento sul mercato americano.