Il secondo comma dell’art. 65 c.p.c. prevede che il compenso del custode è stabilito, con decreto, dal giudice dell’esecuzione, nel caso di nomina fatta dall’ufficiale giudiziario e in ogni altro caso dal giudice che l’ha nominato.
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1) La determinazione del compenso
Tale norma è integrata dal disposto dell’art. 58 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (t.u. in materia di spese di giustizia), il quale prevede che “al custode, diverso dal proprietario o avente diritto, di beni sottoposti a sequestro penale probatorio e preventivo, e, nei soli casi previsti dal codice di procedura civile, al custode di beni sottoposti a sequestro penale conservativo e a sequestro giudiziario e conservativo, spetta un’indennità per la custodia e la conservazione”.
È opportuno sottolineare che per la Cassazione (sentenza n. 3475 del 6 marzo 2012), sino all’emanazione delle tabelle, l’indennità dell’ufficio di custode deve essere determinata in base alle tariffe prefettizie in funzione dell’importanza dell’opera svolta. […]
Va inoltre rilevato che il disposto dell’art. 58 d.P.R. 115/2002 può trovare applicazione in via di interpretazione anche ad altre ipotesi similari, come per esempio il custode dei beni oggetto di pignoramento.
La liquidazione di tale indennità di custodia che, ai sensi dell’art. 168 (t.u. spese di giustizia), è effettuata con decreto di pagamento, motivato, dal magistrato che procede, è determinata sulla base delle tariffe contenute in tabelle, approvate ai sensi dell’art. 59 d.P.R. 115/2002, e, in via residuale, secondo gli usi locali. Inoltre sono rimborsabili eventuali spese documentate se indispensabili per la specifica conservazione del bene.
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2) La liquidazione del compenso
Nel caso in cui nella fase cautelare il giudice non abbia proceduto a liquidare il compenso spettante al custode di beni sequestrati, quest’ultimo può farne richiesta con autonoma domanda, in quanto ausiliario del giudice, “nei confronti della parte che abbia richiesto ed ottenuto il provvedimento di sequestro, qualora nella fase cautelare non si sia provveduto a tale adempimento” (Cass. civ., sez. III, 3 marzo 2010, n. 5084, in CED Cassazione, 2010).
Con riguardo al provvedimento di liquidazione, la Suprema Corte ha rilevato che il provvedimento di liquidazione del compenso del custode emesso dopo l’entrata in vigore del d.P.R. 115/2002 (t.u. in materia di spese di giustizia) non può essere soggetto a ricorso per Cassazione, mancando il requisito della definitività del provvedimento. […]
L’art. 53 disp. att. c.p.c. prevede che il decreto di liquidazione del compenso debba indicare la parte che è tenuta a corrisponderlo, inoltre prevede che tale decreto costituisca titolo esecutivo contro la parte stessa.
La giurisprudenza ha inoltre rilevato che il decreto di liquidazione del compenso spettante al custode dei beni pignorati o sequestrati “è assimilabile ai decreti ingiuntivi emessi a norma dell’art. 633 c.p.c., per quanto riguarda l’impugnabilità mediante opposizione degli interessati, ma non possono dirsi equiparati, ad ogni effetto, nella loro regolamentazione ai decreti di ingiunzione e, in particolare, non sono soggetti alla sanzione d’inefficacia comminata dall’art. 644 c.p.c. per la mancata notificazione nel termine di giorni quaranta dalla pronuncia, con conseguente inapplicabilità del termine di cui all’art. 641 c.p.c. di venti giorni per la proposizione dell’opposizione” (Tribunale di La Spezia, 13 gennaio 1988, in Arch. Civ., 1988, 698).
Tuttavia, nel caso in cui il decreto di liquidazione del compenso non contenga l’indicazione della parte obbligata al pagamento, non vale come titolo esecutivo nei confronti delle parti; ciò implica che, se in forza di tale decreto è minacciata un’esecuzione forzata, “la parte cui il precetto è notificato può proporre opposizione all’esecuzione per far dichiarare che l’ausiliare non ha diritto di procedere a esecuzione forzata in suo confronto in base a quel decreto” (Cass. civ., 15 dicembre 2000, n. 15850, in Foro It., 2001, I, 3150). […]
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Un quesito che si può porre è quello relativo a quale sia il termine di prescrizione del diritto al compenso del custode. Sul punto è intervenuto il Tribunale di Piacenza che, con sentenza del 31 ottobre 2011, ha ritenuto che, nel sequestro penale, il diritto al compenso del custode giudiziario si prescrive nel termine decennale che decorre da ogni giorno di svolgimento dell’incarico, non avendo il disposto di cui all’art. 72 del d.P.R. 115/2002 effetto retroattivo, termine che peraltro è rilevabile d’ufficio dal giudice. […]
In ogni caso soprattutto per quanto attiene il compenso per i custodi di beni immobili nonché di quelli mobili assume rilevanza il d.m. 15 maggio 2009, n. 80 che determina, ai sensi dell’art. 21 della legge 24 febbraio 2006, n. 52, i compensi spettanti nei processi di espropriazione forzata ai custodi dei beni pignorati, nominati in sostituzione del debitore, nonché agli addetti all’asporto ed al trasporto di tali beni.
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