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ASSEMBLEA CONDOMINIALE: NON SI PUÒ CONVOCARE CON AVVISO IN CASSETTA

Assemblea condominiale: non si può convocare con avviso in cassetta

Non è lecito il comportamento dell’amministratore che convoca i condomini in assemblea attraverso il deposito nella buca delle lettere dell’avviso di convocazione

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È lecito il comportamento dell’amministratore che convoca i condomini in assemblea attraverso il deposito nella buca delle lettere dell’avviso di convocazione?  

Il Tribunale di Bologna con la sentenza 20598 del 3 .11.2020  afferma di no, dando ragione al condomino che si rera opposto alla procedura 

Vediamo la questione e la soluzione della giurisprudenza più  in dettaglio.

In un condominio l’amministratore decideva di convocare l’assemblea mediante lettera-avviso di convocazione inserita nelle cassette postali dei condomini

Nel corso della riunione – che si svolgeva regolarmente – i condomini decidevano di addebitare delle somme ad un condomino che non era presente alla riunione. Successivamente, il condomino assente citava in giudizio il condominio per chiedere in via preliminare la sospensione e, nel merito, la dichiarazione di invalidità della delibera condominiale sia perché non era stata rispettata la forma della convocazione, sia per l’erroneità degli importi posti a suo esclusivo carico e non ripartiti tra tutti i condomini.

In particolare, sosteneva di non aver mai ricevuto la convocazione dell’assemblea condominiale e di essere venuto a conoscenza della riunione solo dopo aver ricevuto copia del verbale dell’assemblea, dal quale aveva appreso anche il rilevante importo delle spese poste a suo carico. Inoltre, sosteneva di aver ricevuto l’avviso di convocazione e gli allegati dall’amministratore solo a seguito di richiesta di chiarimenti successivi alla assemblea a cui non aveva partecipato.

Si costituiva in giudizio il condominio chiedendo il rigetto delle domande dell’attore, sottolineando il principio di libertà delle forme per la convocazione dell’assemblea di condominio; inoltre riteneva che l’attore avesse avuto comunque conoscenza della riunione. Infine notava che le spese addebitate all’attore erano diretta conseguenza dei suoi comportamenti (contrari alle norme igienico sanitarie) che favorivano lo stazionamento e la defecazione di volatili nelle parti comuni dell’edificio e di proprietà privata dei singoli condomini.

1) Convocazione assemblea: riferimenti normativi e giurisprudenza

Sentenza Trib. Bologna - sentenza del 03 - 11- 2020, n. 20598

 riferimenti normativi: art. 66 disp. att. c.c.

 precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza n. 10866 del 07/05/2018;  Trib. Genova 23 ottobre 2014 n. 3350. 

2) La decisione del Tribunale sulla forma della convocazione

Il giudice di Bologna  ha evidenziato come prima della riforma del condominio non fosse previsto alcun obbligo di forma per la convocazione dell’assemblea, con la conseguenza che la comunicazione poteva avvenire anche in forma orale, proprio in base al principio di libertà delle forme. Sotto il vigore della precedente normativa era, infatti, onere del condominio provare che la convocazione era avvenuta con modalità condivise dai condomini, diffuse per prassi o contenute nei regolamenti condominiali. Come sottolinea lo stesso Tribunale, attualmente, invece, secondo la versione riformata dell'art. 66 disp. att. c.c., non è più sufficiente, per soddisfare il suddetto onere, la dimostrazione che la convocazione sia eventualmente avvenuta con forme diverse da quelle imposte dalla legge o che il condomino impugnante sia venuto a conoscenza in qualche modo della convocazione, perché effettuata oralmente o inserita 'brevi manu' nella casella delle lettere, da parte dell'amministratore o di un suo delegato.

Per il Tribunale la convocazione assembleare, eseguita mediante avviso immesso nelle caselle postali dei singoli condomini, è in contrasto con la legge; la domanda, volta alla dichiarazione di invalidità della delibera assembleare, per difetto di forma di convocazione dell’assemblea è stata accolta.

3) Convocazione assemblea: le riflessioni conclusive

L’art. 66 disp. att. c.c., modificato dall’art. 20 L. 220/2012, in vigore dal 17.06.2013, individua espressamente le modalità e i tempi di convocazione dell’assemblea condominiale, previsti a pena di annullabilità della deliberazione conseguente a norma dell’art. 1137 c.c.

In particolare, l’articolo 66 disp. att. c.c., comma 3, precisa che l’avviso di convocazione deve essere comunicato con specifici mezzi ben individuati, non derogabili, quali: posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o consegna a mano. Tutti questi mezzi di comunicazione hanno in comune l’effettiva conoscenza o conoscibilità dell’assemblea da parte del destinatario.

Per espresso precetto normativo, è necessario, quindi, l'invio di una raccomandata o di altro mezzo previsto dalla suddetta norma, senza che tali modalità possano essere in alcun modo surrogate, nemmeno per consenso delle parti; infatti, come tassativamente dispone l’articolo 72 disp. att. c.c., dette formalità non sono derogabili, e la loro omissione si presta ad essere sanata – trattandosi di annullabilità - solo mediante la comparizione effettiva del condomino irregolarmente convocato, che rinunzi a sollevare eccezioni in merito (Trib. Genova 23 ottobre 2014 n. 3350).

Lo scopo di tale modifica legislativa è quella di dissipare ogni incertezza legata alla regolarità della convocazione, superando così il principio di libertà delle forme che privilegiava le prassi di alcuni amministratori di condominio che, per evitare i costi legati all’utilizzo di forme determinate, come per esempio l’invio di raccomandate, eseguivano le convocazioni per via orale o tramite avviso lasciato nella buca delle lettere.

Il mancato rispetto di tali modalità comporta l'annullabilità della delibera adottata.

Tale conclusione viene avallata dallo stesso art. 66 disp. att. c.c., comma 3, il quale, in fondo, statuisce che in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la delibera assembleare è annullabile ai sensi dell'art. 1137 c.c.  su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati.

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