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DIFENDERSI DALL'IRAP: COME CHIEDERE IL RIMBORSO IRAP

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IRAP: LE SCELTE POSSIBILI PER I PROFESSIONISTI

Irap: le scelte possibili per i professionisti

Quale è la scelta più conveniente per il professionista in merito all'Irap? pagare? chiedere il rimborso? vediamo i risvolti delle possibili opzioni

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Ogni anno, ricorre la scadenza per il pagamento delle imposte. 
Vi è un’imposta particolarmente invisa ai contribuenti esercenti attività professionali e/o piccole attività imprenditoriali in genere, denominata IRAP.
L’art. 2 del d.lgs 446/1997 individua il presupposto dell’imposta nell’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione  o allo scambio di beni o alla prestazione di servizi.

Affinché sussista il presupposto applicativo dell’imposta è determinante la ricorrenza dei seguenti presupposti:

- Che si sia in presenza di un’attività esercitata abitualmente
- Che l’attività sia organizzata  in modo autonomo con organizzazione stabile
- Che sia diretta alla produzione o allo scambio di beni o alla prestazione di servizi

L’articolo presuppone che sia stata già fatta una valutazione preventiva della ricorrenza dei presupposti impositivi del tributo e si sia concordato con il commercialista o consulente di fiducia che il tributo non è dovuto.

Il nostro intento è di affrontare le diverse alternative disponibili evidenziandone pregi e difetti.

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1) Pregi e difetti delle possibili alternative

Le strade percorribili sono sostanzialmente tre:

  1. Presentare la Dichiarazione Irap, pagare le imposte dovute e chiederne successivamente il rimborso;
  2. Presentare la Dichiarazione Irap, non pagare le imposte ed impugnare successivamente il preavviso di irregolarità di cui all’art. 36 bis dpr 633/72 ovvero la conseguente cartella esattoriale;
  3. Non presentare la dichiarazione, non pagare alcunchè e prepararsi a difendersi in caso di un eventuale accertamento;

L’ipotesi sub 1 si riferisce al caso in cui si presenta la dichiarazione, si pagano le imposte e nei 48 mesi dal relativo pagamento si invia un'istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate territorialmente competente. Dal perfezionarsi del rifiuto senza atto espresso di diniego di rimborso si hanno dieci anni per presentare ricorso, ovvero in caso di rifiuto espresso 60 giorni dalla notifica della risposta.
Nel caso di silenzio rifiuto, si consiglia, comunque di presentare il ricorso nei 60 giorni in quanto giurisprudenza di merito minoritaria ritiene non impugnabile il silenzio rifiuto decorso tale periodo (rif.. Ctp Pescara numero 315 del 17/11/2013).

Questa soluzione è quella maggiormente prudenziale, in quanto,  non comporta irrogazione di sanzioni per omessa presentazione della dichiarazione ed omesso versamento delle imposte ma presenta i seguenti svantaggi:

  1. Onere del contribuente di provare e suffragare la richiesta di rimborso con idonea documentazione e sentenze di merito ( Corte di Cassazione a Sezione Unite 26 Maggio, nn. 12108, 12109, 12110)
  2. Periodo di rimborso del quantum in caso di esito vittorioso lungo. Considerando che una causa di I grado venga decisa in un lasso temporale di un anno, bisognerà aspettare il passato in giudicato della sentenza di I grado per proporre la messa in mora dell’agenzia delle Entrate ed avere il rimborso. La sentenza di I grado diviene definitiva decorsi 60 giorni dalla data di notifica tramite ufficiale giudiziario ad opera di una delle parti (termine breve di cui all’art. 51 dlgs 546/92) ovvero entro 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza, ( rif. art 38 co 3 dlgs 546/92 che richiama l’art. 327  codice procedura civile ), quando quest’ultima non è stata notificata.
    Il periodo in cui avverrà il rimborso potrà oscillare, praticamente, dai 2 anni ai 4 anni e mezzo dalla data di presentazione della dichiarazione che ha cristallizzato il versamento reputato indebito, salvo imprevisti.
    Ad esempio, per irap non dovuta e versata nel 2015, il rimborso potrà avvenire agli inizi del 2019 nel migliore dei casi ovvero arrivare anche a fine 2020 nelle peggiori delle ipotesi. Qualora si sia certi dell'esito vittorioso della causa anche nel caso in cui la sentenza di I grado venga appellata si potrà tener conto della nuova formulazione dell'art. 69, Dlgs n. 546/1992, il quale prevede l'obbligo di rimborso da parte dell'Amministrazione finanziaria anche nell'ipotesi di sentenza non definitiva.

Considerati i pro ed i contro, l’ipotesi 1 potrebbe rendersi applicabile nei casi in cui si valuti la mancanza dei presupposti di imponibilità ai fini irap siano opinabili, nel senso che vi sono elementi che valutati anche secondo la giurisprudenza di merito non ci danno una assoluta certezza della mancanza del presupposto impositivo.

Ad esempio, nel caso di un professionista con costi risibili, strumentazione minima, ed inesistente ricorso a prestazioni di terzi non opteremo per l’ipotesi in analisi in quanto tale professionista presenta numerosi elementi che fanno ritenere non sussista il presupposto d’imposta. Diverso è il caso di un lavoratore autonomo che abbia ad esempio una strumentazione di una certa importanza e che abbia appaltato a terzi anche in maniera occasionale lavori professionali.

In tal caso sarebbe prudente adottare la soluzione 1 oppure la 2;  in quanto, come si vedrà nel prosieguo, le conseguenze in caso di accertamento di cui alla soluzione 3 le sanzioni sono molto pesanti.

Quindi nell’adottare e scegliere le diverse soluzioni sarà importante valutare anche con quale difficoltà l’ufficio accertatore potrebbe dimostrare la ricorrenza dei presupposti d’imposta e le probabilità di uscire vittoriosi da un eventuale contenzioso.

La soluzione di cui al n. 2, prevede di non presentare affatto la dichiarazione e di evitare “ab origine” il pagamento in saldo ed in acconto delle imposte irap, con un risparmio finanziario immediato e netto. In tale ipotesi, sarà l’Agenzia delle Entrate di competenza a dimostrare motivandolo in un verbale di accertamento, eventualmente proceduto da un contraddittorio, la ricorrenza dei presupposti di imponibilità Irap.

Tale tipo di accertamento si stima non sia frequente anche considerando il numero di accertamenti medi che riceve un contribuente nel corso della sua vita lavorativa ……. MA, ed il ma è volutamente evidenziato qualora si abbia la notifica del verbale verranno contestate plurime violazioni: omessa presentazione della dichiarazione, omesso versamento delle imposte cui sarà parametrata la sanzione per omessa dichiarazione..

Le Sanzioni irrogabili sono dal 120 al 240% le imposte non versate, (art. 32 comma 1 del D.Lgs. 446/97, ed art. 1 D.Lgs 471/97), mentre non risulterebbe applicabile la sanzione del 30% per omesso versamento delle stesse (rif. CTP Torino 10.08.12 n. 67 sez. 18). 

Si noti, che in caso di accertamento, essendo decorsi i 90 giorni dal termine di presentazione della dichiarazione, non saranno applicabili le nuove norme in tema di riduzione delle sanzioni di cui al  nuovo istituto del ravvedimento come modificato dal Dlgs 158/2015.
Inoltre, secondo la recente modifica in tema di sanzioni per coloro che sono tenuti alle scritture contabili è previsto il potenziale raddoppio delle stesse. Ad esempio, per uno studio associato, laddove la giurisprudenza di merito è altalenante in relazione alla ricorrenza dei presupposti del tributo,  non è consigliabile operare questa scelta. Infatti, laddove venisse notificato un accertamento,  ad esempio, per omessa irap di euro 5.000,00 avremmo una sanzione per omessa dichiarazione per euro 6.000,00 oltre interessi Pertanto, Si consiglia quindi di seguire questa strada quando si è pressocchè certi di vincere in contenzioso, ovvero di conseguire un accordo in fase precontenziosa.

Come fare allora per evitare il rischio di avere una maxi sanzione e di dover anticipare le imposte ed aspettare molti anni prima di vedersi rimborsato quanto indebitamente anticipato?

In effetti, si potrebbe adottare la soluzione n. 3; ovvero, presentare la dichiarazione, ma omettere di versare il quantum.

Certamente, a distanza di poco tempo verrà notificato un preavviso di irregolarità per omesso versamento dell’imposta ex art. 36 bis dpr 633/72 maggiorato di sanzione al 10% ed interessi. Sulla impugnabilità del preavviso non possiamo dilungarci, ma sebbene l’Agenzia delle Entrate sia contraria ( rif. Ris. 110/2010), giurisprudenza di merito maggioritaria ne ha ammesso la possibilità.

Pertanto, si potrà optare per l’impugnazione del preavviso motivandolo in diritto nel merito della pretesa tributaria ovvero attendere la notifica della cartella esattoriale.

Fermo restando, che in tale ultima ipotesi ai motivi di impugnazione di merito si potrebbero aggiungere ulteriori motivazioni di impugnativa quali difetti di notifica, mancato rispetto dei termini di notifica del preavviso, notifica della cartella oltre i termini, prescrizione e/o decadenza del diritto di riscossione.

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