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OMESSA MOTIVAZIONE DEL TITOLO IMPOSITIVO - SENT. CASS. N. 9810/2014

Omessa motivazione del titolo impositivo - Sent. Cass. n. 9810/2014

La motivazione degli avvisi deve essere completa e non modificabile: una importante sentenza della Corte di Cassazione del 7 maggio 2014

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La Corte di Cassazione nella sentenza n. 9810 del 7 Maggio 2014 sulla scorta di precedenti orientamenti di diritto formula la presente norma giuridica: la motivazione dell'avviso (di accertamento o di rettifica), presidiata dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, ha la funzione di delimitare l'ambito delle contestazioni proponibili dall'ufficio nel successivo giudizio di merito, e di mettere il contribuente in grado di conoscere l'an e il quantum della pretesa tributaria al fine di approntare una idonea difesa.
Ne derivano due importanti conseguenze: da un lato, che nell'avviso di accertamento,devono confluire tutte le conoscenze dell'ufficio tributario e deve essere esternato con chiarezza l'iter logico-giuridico seguito per giungere alla conclusione; dall'altro, che le ragioni poste a base dell'atto impositivo segnano i confini del processo tributario, che è comunque un giudizio d'impugnazione dell'atto, sì che l'ufficio finanziario non può porre a base della propria pretesa ragioni diverse e/o modificarle, nel corso del giudizio.

1) Il caso e i presupposti normativi

IL CASO
L'Agenzia delle entrate, ufficio di Roma, notificava alla X s.n.c. un avviso di rettifica e di liquidazione di maggiore imposta di registro in relazione al contratto di acquisto dell'azienda posta in Roma, alla via Aurelia 413. La rettifica aveva riguardato il valore di avviamento, dichiarato in Euro 1.001.405,00 e accertato in Euro 1.761.883,00.
La società contribuente impugnava l'atto impositivo e l'adita commissione tributaria provinciale di Roma lo annullava in quanto gli elementi posti a base del medesimo erano stati individuati nel volume d'affari dell'azienda nell'anteriore triennio e in un non meglio identificato coefficiente moltiplicatore pari a 1,25, determinato non in forza di legge, ma in base a indagine conoscitiva dell'Agenzia delle entrate dell'Emilia Romagna. Su appello dell'ufficio, la commissione tributaria regionale del Lazio riformava la decisione di primo grado, rilevando che, ai fini della rettifica di valore, potevano essere applicati i coefficienti di redditività desunti dal mod. unico in base al D.P.R. n. 460 del 1999, art. 2, comma 4, a prescindere dall'utilizzo di indagini conoscitive. Nello specifico il coefficiente di redditività, desunto dalla dichiarazione, era risultato pari al 6,38 %, laddove l'ufficio aveva utilizzato in atto un coefficiente "corposamente inferiore", pari all'1,25 %.
Avverso la sentenza d'appello, la società ha proposto ricorso per cassazione articolando quattro motivi.

IL COMMENTO
MOTIVAZIONE DELL’ATTO E PRESUPPOSTI NORMATIVI
Gli elementi costitutivi della motivazione dell’avviso di accertamento e gli obblighi di manifestazione intellegibile della pretesa tributaria fatta valere, sono sovente oggetto di contenzioso fra Amministrazione finanziaria e contribuente. Come è noto, l’art. 42, D.P.R. n. 600 del 1973 indica chiaramente che l’avviso di accertamento “…deve recare l’indicazione dell’imponibile o degli imponibili accertati, delle aliquote applicate e delle imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle ritenute di acconto e dei crediti d’imposta, e deve essere motivato in relazione ai presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato … Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale”.
Il testo normativo ora trascritto, emendato per renderne maggiormente conforme la ratio sotto il profilo del principio della chiarezza e completezza degli atti impositivi fissata all’art. 7, L. n. 212 del 2000, delimita il potere d’accertamento sotto l’aspetto del procedimento e del contenuto dell’atto, sancendo precisi criteri discretivi sulla base dei quali il legislatore intende:
  • da un lato, garantire l’efficienza dell’Amministrazione finanziaria, quale corollario del fondamentale principio costituzionale di buon andamento della P.A.;
  • dall’altro, offrire al contribuente tutti gli elementi utili ad indentificare compiutamente la pretesa fiscale promossa nei propri confronti; ciò per l’elementare considerazione che, dal punto di vista processuale, nel rito tributario, l’ufficio impositore “… assume la veste di attore in senso sostanziale e l’oggetto del contendere è delimitato in via assoluta dall’atto impugnato” (Cass., sent. n. 13056 del 2004).
Alla luce dei principi richiamati, di particolare importanza è il tema che interessa l’accertamento condotto nei confronti di soggetti diversi dal contribuente i cui elementi siano utilizzati per la determinazione dell’imponibile di quest’ultimo. Diverso il caso affrontato nella sentenza de quo, in cui era stata effettuata un’indagine conoscitiva ante tempus sui cui presupposti era stato formulato l’atto, le cui motivazioni sono state evidenziate in corso di causa.

2) per approfondire scarica il commento completo con il testo integrale della sentenza

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