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LA PROCEDURA DELL’ACCORDO DI COMPOSIZIONE DELLE CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO

La procedura dell’accordo di composizione delle crisi da sovraindebitamento

Le fasi del procedimento dell’accordo di composizione delle crisi da sovraindebitamento disciplinato dalla Legge 27 gennaio 2012 n. 3, come modificata dal D.L. 18 ottobre 2012 n. 179.

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La procedura paraconcorsuale dell’accordo di composizione delle crisi da sovraindebitamento, che è utilizzabile dalle imprese non soggette al fallimento, dai consumatori e, secondo noi, anche se la legge non lo dice esplicitamente, dagli enti privati senza scopo di lucro (od “enti non commerciali”, identificati dalla lettera c) del 1° comma dell’art. 73 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), contenuto nel DPR n° 917 del 1986), ha la sua disciplina specifica negli artt. 10 – 12 della Legge n. 3/2012. Gli artt. 6 – 9 della stessa legge contengono definizioni e principi generali applicabili alle procedure di accordo di composizione e di piano del debitore e, quando richiamate nella disciplina specifica, anche a quella di liquidazione del patrimonio del debitore, che è alternativa alle prime due. Esaminiamo le regole dello svolgimento di questa procedura.

1) Il deposito della domanda in Tribunale e il decreto del giudice

Il Giudice del Tribunale presso cui è stata depositata la proposta di accordo ai sensi dell’art. 9, dopo avere verificato che questa soddisfa i requisiti previsti dagli artt. 7, 8 e 9 della Legge 3/2012, deve fissare immediatamente con decreto l’udienza, disponendo la comunicazione, almeno 40 giorni prima della data dell’udienza stessa, ai creditori presso la residenza o la sede legale di essi, anche per telegramma, raccomandata cartacea a.r., telefax o posta elettronica certificata (PEC), della proposta e del decreto. Tra il deposito della documentazione, cioè della proposta e della documentazione allegata o del supplemento di documentazione che può avvenire nel termine di massimo 15 giorni concesso dal Giudice dopo il deposito della proposta, e l’udienza non devono decorrere più di 60 giorni (ma questo termine non è perentorio) (art. 10, 1° comma).
Con il decreto motivato di fissazione dell’udienza, il Giudice:
  1. stabilisce idonea forma di pubblicità della proposta e del decreto (anche su mezzi di comunicazione di diverso tipo), oltre, nel caso in cui il proponente svolga attività d'impresa, la pubblicazione degli stessi nel Registro delle Imprese. La pubblicità è effettuata dall’organismo di composizione che assiste il debitore;
  2. ordina, ove il piano preveda la cessione o l'affidamento a terzi di beni immobili o di beni mobili registrati, la trascrizione del decreto, a cura dell'organismo di composizione della crisi, presso gli uffici competenti (conservatoria dei registri immobiliari, pubblico registro automobilistico, ecc.);
  3. dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione dell’accordo diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore alla data citata. La sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili (comma 2°). Inoltre, in questo periodo le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano (comma 4°).
All’udienza, il Giudice, accertata l’assenza di iniziative o di atti del debitore in frode ai creditori, dispone la revoca del decreto di fissazione dell’udienza stessa e del suo contenuto di cui sopra ed ordina la cancellazione della trascrizione di esso e la cessazione di ogni forma di pubblicità disposta (comma 3°).
A decorrere dalla data di emissione del decreto e fino a quella di omologazione dell’accordo, gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione compiuti dal debitore senza l’autorizzazione del Giudice sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità disposta nel decreto (comma 3°-bis). Il decreto del Giudice è equiparato all’atto di pignoramento, cioè a quell’atto con cui si individuano e si vincolano i beni del debitore all’esecuzione finalizzata alla soddisfazione dei crediti vantati dai creditori (comma 5°).
A questa procedura si applicano, in quanto compatibili, gli artt. 737 e seguenti del Codice di Procedura Civile sui procedimenti in camera di consiglio. L’eventuale reclamo avverso il decreto si propone al Tribunale e del collegio che decide non può fare parte il Giudice che ha emanato il provvedimento (comma 6°).

2) L’approvazione dell’accordo da parte dei creditori

Dopo avere ricevuto la comunicazione della proposta di accordo e del decreto di fissazione dell’udienza sopra esaminata, i creditori fanno pervenire, anche per telegramma, raccomandata cartacea a.r., telefax o posta elettronica certificata (PEC), all’organismo di composizione della crisi da sovra indebitamento che assiste il debitore, una dichiarazione sottoscritta del proprio consenso alla proposta, che può essere modificata fino a dieci giorni prima dell’udienza fissata dal Giudice. In mancanza di questa comunicazione, si ritiene che i creditori abbiano prestato il proprio consenso alla proposta nei termini in cui è stata loro comunicata (art. 11, 1° comma). Questa singolare forma di silenzio – assenso (o consenso) fa capire che per opporsi alla proposta di accordo il creditore non può fare altro che comunicare il proprio dissenso all’organismo coi mezzi sopra elencati.
Ai fini dell’omologazione dell’accordo è necessario che prestino il loro consenso alla proposta tanti creditori che rappresentino il valore di almeno il 60% dei debiti del soggetto sovraindebitato. I crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta di accordo preveda l’integrale pagamento non sono computati ai fini del raggiungimento della percentuale citata ed i titolari di essi (creditori) non hanno diritto di esprimersi sulla proposta, a meno che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione. Inoltre, non hanno diritto ad esprimersi sulla proposta e non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza citata: il coniuge del debitore, i suoi parenti o affini fino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei crediti di tutti questi soggetti (debitore compreso) da meno di un anno dalla proposta (2° comma).
L’accordo non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso e non determina la novazione delle obbligazioni (cioè l’estinzione delle obbligazioni esistenti sostituite da nuove obbligazioni, ai sensi dell’art. 1230 c.c.), salvo che sia diversamente stabilito (3° e 4° comma).
L’accordo cessa, di diritto, di produrre effetti se il debitore non esegue integralmente, entro 90 giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti secondo il piano alle Amministrazioni Pubbliche (comprese le Agenzie Fiscali) ed agli Enti gestori di forme di previdenza e di assistenza obbligatorie (INPS, INAIL, ecc.). L’accordo è altresì revocato se risultano compiuti durante la procedura atti diretti a frodare le ragioni dei creditori. Il Giudice provvede d'ufficio a dichiarare l’inefficacia o la revoca dell’accordo con decreto reclamabile, ai sensi dell'art. 739 c.p.c., innanzi al Tribunale e del collegio non può far parte il Giudice che lo ha pronunciato (5° comma).
Se l’accordo è raggiunto, cioè se esso raccoglie il consenso di tanti creditori che rappresentano il 60% del valore dei debiti (con le esclusioni sopra elencate), l’organismo di composizione delle crisi da sovra indebitamento che assiste il debitore trasmette a tutti i creditori una relazione sui consensi espressi e sul raggiungimento della percentuale del 60% richiesta dalla legge, allegando il testo dell’accordo accettato. Nei 10 giorni successivi al ricevimento della relazione, i creditori possono elevare le eventuali contestazioni. Decorso tale termine, l’organismo trasmette al Giudice la relazione, allegando le contestazioni ricevute, nonché un’attestazione definitiva della fattibilità del piano di ristrutturazione e pagamento dei debiti contenuto nell’accordo (art. 12, 1° comma).

3) L’omologazione, l’esecuzione e la risoluzione dell’accordo

Il Giudice omologa con decreto l’accordo entro sei mesi dalla presentazione della proposta e ne dispone l’immediata pubblicazione utilizzando idonee forme di pubblicità compresa, riteniamo, l’iscrizione dell’accordo omologato nel Registro delle Imprese (nel caso in cui il debitore esercita attività di impresa), dopo avere verificato il raggiungimento della percentuale del passivo sopra citata, l’idoneità del piano ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili (art. 545 c.p.c.), dell’IVA e delle ritenute operate e non versate ai dipendenti, collaboratori, ecc. e risolta ogni altra contestazione. La pubblicità del decreto è effettuata dall’organismo di composizione che assiste il debitore.
Quando uno dei creditori che non ha aderito o che risulta escluso dall’accordo o qualunque altro interessato contesta la convenienza economica dell’accordo stesso, il Giudice omologa quest’ultimo se ritiene che il credito può essere soddisfatto dall’esecuzione di esso in misura non inferiore alla soluzione rappresentata dalla liquidazione del patrimonio del debitore disciplinata dagli artt. 14-ter e seguenti della Legge 3/2012.
Anche a questa fase della procedura si applicano, in quanto compatibili, gli artt. 737 e seguenti del Codice di Procedura Civile sui procedimenti in camera di consiglio. L’eventuale reclamo avverso il decreto si propone al Tribunale e del collegio che decide non può fare parte il Giudice che ha emanato il provvedimento (comma 2°).
L’accordo omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità di cui sopra disposta dal Giudice. I creditori con causa o titolo posteriore ad essa non possono procedere esecutivamente sui beni (beni mobili, immobili, crediti, ecc.) oggetto del piano contenuto nell’accordo di composizione della crisi da sovra indebitamento omologato dal Giudice (comma 3°).
Questi effetti dell’omologazione dell’accordo vengono meno nel caso di risoluzione dell’accordo o di mancato pagamento dei crediti impignorabili nonché dell’IVA e delle ritenute di acconto operate e non versate. L’accertamento del mancato pagamento di tali crediti è chiesto al Tribunale con ricorso da decidere in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 737 e ss. c.p.c. Il reclamo verso questa decisione si propone sempre al Tribunale e del collegio non può fare parte il Giudice che ha pronunciato il provvedimento (comma 4°).
Oltre a ciò, il 5° comma dell’art. 12 stabilisce che la sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l’accordo di composizione. La cosa è difficile che si verifichi perché le procedure paraconcorsuali disciplinate dalla Legge 3/2012 sono destinate a soggetti non assoggettati al fallimento, per cui l’unica ipotesi in cui il caso di cui a questo 5° comma può verificarsi è quello, riteniamo, del socio di una società di persone (escluso il socio accomandante della società in accomandita semplice) che venga dichiarata fallita ed il cui fallimento si estende anche al socio che, come consumatore od esercente un’altra attività di impresa non soggetta a fallimento aveva presentato un accordo di composizione della sua personale crisi da sovra indebitamento. In questo caso, gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione dell’accordo che era stato omologato dal Giudice ai sensi dell’art. 12 della Legge 3/2012 non sono soggetti all’azione revocatoria fallimentare di cui all’art. 67 del RD 267/1942. A seguito della sentenza che dichiara il fallimento, i crediti derivanti da finanziamenti effettuati in esecuzione o in funzione dell’accordo omologato sono prededucibili dalle somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo (cioè vengono soddisfatte, vale a dire pagate prima degli altri crediti ammessi nella massa passiva del fallimento) ai sensi dell’art. 111 del RD 267/1942.
L’accordo di composizione omologato può essere annullato dal Tribunale su istanza di ogni creditore, ai sensi del 1° comma dell’art. 14 della Legge 3/2012, quando è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo oppure dolosamente simulate attività inesistenti (sono atti in frode ai creditori). Non è ammessa alcuna altra azione di annullamento dell’accordo. Il ricorso per l’annullamento deve essere proposto dal creditore entro sei mesi dalla scoperta di uno degli atti citati ed, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dall’accordo omologato (comma 1°-bis).
Oltre a ciò, ogni creditore può chiedere al Tribunale la risoluzione dell’accordo omologato se il debitore proponente non adempie agli obblighi derivanti sempre dall’accordo, se le garanzie in esso promesse non vengono costituite oppure se l’esecuzione dell’accordo diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore (se le ragioni sono imputabili al debitore si rientra nelle ipotesi di annullamento di cui al precedente capoverso) (2° comma). Il ricorso per la risoluzione deve essere proposto dal creditore entro sei mesi dalla scoperta di uno degli atti o fatti citati ed, in ogni caso, non oltre un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dall’accordo (3° comma).
L’annullamento e la risoluzione dell’accordo di composizione delle crisi da sovra indebitamento omologato dal Giudice non pregiudicano i diritti acquistati dai terzi in buona fede sui beni o sulle altre componenti del patrimonio del debitore (4° comma).
A queste decisioni del Tribunale si applicano, in quanto compatibili, gli artt. 737 e ss. c.p.c. sui procedimenti in camera di consiglio. Il reclamo verso queste decisioni si propone sempre al Tribunale e del collegio non può fare parte il Giudice che ha pronunciato il provvedimento (5° comma).
Vedi anche la normativa:

Allegato

Legge del 27 gennaio 2012 n. 3 - Crisi da sovraindebitamento
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