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STUDI DI SETTORE: DISAPPLICAZIONE PER SCIOGLIMENTO SOCIETÀ

Studi di settore: disapplicazione per scioglimento società

La sentenza 8706/2013 della Cassazione accoglie il ricorso dei contribuenti: una disamina completa dei recenti pronunciamenti sul tema e il commento alla motivazione a cura del dott. P. Bertolaso

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La S.C. nella sentenza annotata rileva che i giudici del riesame non hanno compiutamente valutato il presupposto di cui all’ art. 10, comma 4, L. n. 146 del 1998, in quanto la società e i soci avevano correttamente evidenziato la sussistenza di elementi oggettivi ossia la situazione conflittuale esistente e il conseguente licenziamento di due dipendenti, che inducevano a ritenere inadeguato il percorso tecnico - metodologico seguito per giungere alla stima del reddito.

1) Disapplicazione degli studi di settore: scioglimento società e licenziamento dipendenti

IL CASO
Contro alcuni avvisi di accertamento relativi ad IVA, IRPEF, IRAP, per l'anno 2000, a seguito di rettifica del reddito della società e dei singoli soci, in applicazione degli studi di settore ai sensi dell’ art. 62 sexies, co. 3, D.L. n. 331 del 1993,, veniva proposto ricorso. La Commissione tributaria provinciale , nell'accogliere i ricorsi, osservava che "lo stato di litigiosità fra i soci e lo spirare del termine della durata del contratto sociale - fissato statutariamente al 31/12/2000 - ponevano la società al di fuori del parametro di applicabilità degli studi standardizzati".
In appello, la CTR accoglieva invece il gravame dell'Agenzia delle Entrate, in quanto, premesso che dall'applicazione degli studi di settore non potevano emergere presunzioni legali ma unicamente presunzioni semplici e che, nella fattispecie, l'Ufficio aveva ritualmente consultato la società e, solo a seguito del contraddittorio con essa, aveva emesso l'avviso poi impugnato, riteneva indimostrate, dai contribuenti, la particolarità della situazione aziendale generata dalla conflittualità esistente tra i soci P.A. e V.", stante l'inammissibilità della produzione del certificato del "Dott. Pe.Gi. del 10/09/2004", integrante una sorta di "testimonianza per iscritto", e la sua inattendibilità ("posto che la sostanza dello scritto, formato quando già era in corso il contenzioso con l'erario, esorbita dal contenuto del certificato medico per giungere a valutazioni e conclusioni, estranee alla competenza specifica del redattore, circa la produttività aziendale nell'anno 2000"), e la sussistenza di "un assetto e di una redditività aziendale incompatibili con quelli presunti sulla base dell'applicazione degli studi di settore", avendo l'Ufficio sostenuto, nelle sue difese, "senza trovare opposizione nei contribuenti", la ricorrenza dello scostamento dalle medie reddituali del settore "sia nelle annualità anteriori che in quelle successive a quella in esame", con conseguente esclusione di una situazione eccezionale per l'anno 2000.
Inoltre, i giudici tributari escludevano la ricorrenza di altra causa di esclusione dell'applicazione degli studi di settore di cui all’ art. 10, comma 4, L. n. 146 del 1998, ultimo paragrafo (relativa ai contribuenti che "hanno cessato l'attività nel periodo di imposta"), emergendo documentalmente che non si era mai verificato, nonostante la scadenza del termine di durata della società del 31/12/2000, lo stato di liquidazione della società, liquidazione "nè dichiarata né avviata di fatto nell'anno di imposta 2000... né successivamente", e che era del pari infondata l'altra censura circa la mancata allegazione, agli avvisi, del DPCM di approvazione dello studio di settore applicato, richiamato per relationem, trattandosi di atto a valore normativo, generale e astratto, soggetto a pubblicità legale e come tale pienamente conoscibile dal contribuente.
Avverso tale sentenza hanno promosso ricorso per cassazione i contribuenti, deducendo quattro motivi, per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3.
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