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LA GIURISPRUDENZA IN TEMA DI FIRMA DIGITALE

La giurisprudenza in tema di firma digitale

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Con il presente articolo si vuole commentare due importanti sentenze in materia di firma digitale, che, per quanto da esse statuito, possono costituire fonte di grosse preoccupazioni per gli enti locali.
A tale scopo, prima di entrare nel merito del commento, è opportuno enunciare, seppur sommariamente, la normativa di riferimento e, successivamente, quelle che sono le sentenze di cui si discute, ma, soprattutto, quello che ne è il contenuto.

1) NORMATIVA DI RIFERIMENTO E SENTENZE

Non si può prescindere, infatti, dal rammentare, in base alla successione delle norme nel tempo, che, con l’art. 1, comma 87, della L. n. 549 del 1995, la firma autografa, prevista dalle norme che disciplinano i tributi regionali e locali sugli atti di liquidazione e di accertamento, è sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, nel caso in cui tali atti sono prodotti da sistemi; che la L. n. 59 del 15 marzo 1997, invece, con l’art. 15, introduce il principio della validità e della rilevazione giuridica dei documenti informatici; che il D. Lgs. n. 267 del 2000 introduce il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali; che il D.P.R. n. 445 del 28 dicembre del 2000, con l’art. 10, conferma che il documento informatico, sottoscritto con firma digitale, soddisfa il requisito legale della forma scritta ed ha efficacia probatoria riguardo ai fatti e alle cose rappresentate; che il D. Lgs. n. 82 del 2005, infine, introduce un vero e proprio Codice dell’amministrazione digitale.

Non dilungando ulteriormente sul contenuto delle norme citate, che hanno peraltro costituito oggetto di un precedente lavoro, ciò che si vuole invece sottolineare è l’importanza di queste sentenze, dato che, negando ai Comuni la possibilità di emettere atti impositivi muniti, ai sensi dell’art. 1, comma 87, citato, dell’indicazione a stampa del funzionario responsabile al posto della firma autografa, creano un forte allarmismo negli enti locali, abituati invece ad emettere atti impositivi muniti della c.d. “firma a stampa”.

Sennonché, procedendo anche in questo caso in ordine cronologico, la Commissione Tributaria Regionale Lazio (Sezione Latina), con la sentenza n. 648/40/07, afferma che tutti gli atti impositivi di applicazione dei tributi locali devono essere sempre e comunque firmati in forma autografa, in quanto tale obbligo sarebbe imposto dai principi generali dell’ordinamento in tema di sottoscrizione degli atti amministrativi, mentre la normativa di cui all’art. 1 comma 87, della legge 549/95, secondo cui “La firma autografa prevista dalle norme che disciplinano i tributi regionali e locali sugli atti di liquidazione e di accertamento possa essere legittimamente sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, nel solo caso in cui gli atti siano prodotti con sistemi informativi automatizzati”, sarebbe stata implicitamente abrogata dal sopravvenuto D. Lgs. n. 267 del 2000, che, come si è detto già in precedenza, introduce nell’ordinamento giuridico il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

Sulla base di questo orientamento giurisprudenziale, c’è stato, però, chi ha ritenuto che tale ultima disciplina non possa implicitamente abrogare una norma, quale è appunto l’art. 1, comma 87, citato.
Tale asserzione è stata il frutto di una considerazione secondo la quale la norma, avendo portata speciale, dato che è applicabile solamente in ambito tributario e solamente ai tributi regionali e locali, deve essere ritenuta derogatoria della disciplina in tema di sottoscrizione degli atti impositivi, disciplina che non si occupa affatto dei profili tributari in esame.

La stessa obiezione è stata mossa, poi, anche alla successiva sentenza n. 55/9/08, con cui la Commissione Tributaria Regionale Campania (Salerno), invece, afferma che il predetto comma 87 sarebbe stato abrogato dalle successive disposizioni in tema di firma digitale, introdotte, prima, dalla legge 15 marzo 1997, n. 59 e, successivamente, dal D.P.R. 28 dicembre del 2000, n. 445.

Più precisamente, la Commissione giunge a tali conclusioni, partendo dall’art. 11, comma 4 del D. Lgs. n. 504 del 1992, istitutivo dell’I.C.I., secondo cui il funzionario responsabile deve sottoscrivere l’atto. L’essenzialità della firma dell’atto viene poi dedotta proprio dall’art. 1, comma 87, della L. n. 549 del 1995, che, nel prevedere la possibilità di sostituire la firma autografa con la firma a stampa, implicitamente, ne ammette, secondo la Commissione, la sua rilevanza. Invece, essa ricava la validità e rilevanza, a tutti gli effetti di legge, degli atti e dei documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici dall’art. 15 della L. n. 59 del 1997 ed, infine, dalle disposizioni di sua attuazione, quali l’art. 19 del D.P.R. n. 513 del 1997 e l’art. 25 del D.P.R. n. 445 del 2000, ricava l’obbligo per i Comuni di sottoscrivere tutti i documenti informatici con firma autografa o digitale.

Quindi, secondo la Commissione, gli atti di accertamento e liquidazione dei tributi, emessi dagli uffici comunali senza che in essi sia apposta la firma autografa del responsabile o quella prodotta attraverso i sistemi digitali, devono ritenersi inesistenti e, quindi, inefficaci alla riscossione del tributo.
Alle stesse conclusioni giurisprudenziali, peraltro condivisibili, si potrebbe giungere anche attraverso un altro iter interpretativo.

Infatti, per stabilire il requisito di validità degli atti di accertamento e liquidazione, ad avviso di chi scrive, si potrebbe partire dal capire quale forma essi assumano nell’attuale contesto giuridico.

A tale scopo, particolarmente utile si rivela la disciplina introdotta dal D.M. 23 gennaio 2004 del Ministero dell'economia e delle finanze, inerente le modalità di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici ed alla loro riproduzione in diversi tipi di supporti, secondo cui: “Ai fini tributari, ad eccezione delle scritture e dei documenti rilevanti ai fini delle disposizioni tributarie nel settore doganale, delle accise e delle imposte di consumo di competenza dell’Agenzia delle dogane (ai quali non si applica il decreto stesso), l'emissione, la conservazione e l'esibizione di documenti, sotto forma di documenti informatici, nonché la conservazione digitale di documenti analogici avvengono in applicazione delle disposizioni del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, del D.P.C.M. 8 febbraio 1999, e quindi della deliberazione CNIPA n. 11 del 19 febbraio 2004 che l’ha sostituita.” e, si aggiunge, ad oggi, anche in applicazione delle disposizioni del D. Lgs. n. 82/2005, il quale introduce nell’ordinamento giuridico il Codice dell’amministrazione digitale.

Sulla base di tale disciplina si può, dunque, affermare in maniera inequivoca che anche gli atti impositivi debbano essere considerati documenti informatici.
Pertanto, partendo da tale assunto, quale logica conseguenza di legge ne deriva che questi atti, in quanto tali, devono essere sottoscritti con firma elettronica qualificata o digitale, ai sensi dell’art. 20 D. Lgs. n. 82/2005. Per cui la firma autografa viene sostituita dalla firma elettronica qualificata o dalla firma digitale.
Anche con questa interpretazione, quindi, si supererebbe la disciplina di cui all’art. 1, comma 87, della L. 549/95, che prevedeva la sostituzione della firma autografa con quella a stampa, e si avrebbero le opportune garanzie di sicurezza dell’atto.

Infatti, la firma digitale realizza garanzie di autenticità ed immodificabilità della sottoscrizione del documento informatico, che non sembrano essere soddisfatte dalla firma a stampa. Inoltre, poiché la copia dell’atto notificato al contribuente, mediante l’utilizzo di supporto cartaceo, non potrà riprodurre la firma digitale, essa, tuttavia, dovrà essere conforme all’originale, firmata digitalmente dal soggetto legittimato alla sottoscrizione. Diversamente, l’invalidità della sottoscrizione si traduce in un vizio dell’atto, rendendolo non imputabile all’ente che per legge dovrebbe rappresentarne il legittimo autore.

Un’ultima considerazione è poi opportuna in merito al fatto che, a differenza della firma digitale, la firma elettronica qualificata, invece, non ha ancora trovato applicazioni pratiche. Ciò potrebbe spiegarsi sulla base dell’articolo 24 del D. Lgs. 82/2005, che, implicitamente, riconosce che il tipo più importante (perché più sicuro) di firma elettronica è la “firma digitale” per la sua capacità di “riferirsi in maniera univoca ad un solo soggetto ed al documento o all’insieme di documenti cui è apposta o associata” (1° comma).
Oltretutto, è indubbio che questa garantisca una maggior celerità nella formazione ed emissione degli atti impositivi, dato che non richiede l'attestazione, da parte del pubblico ufficiale, che la firma è stata apposta in sua presenza dal titolare, previo accertamento della sua identità personale, della validità del certificato elettronico utilizzato e del fatto che il documento sottoscritto non è in contrasto con l'ordinamento giuridico, aspetti invece peculiari della firma elettronica qualificata.

In definitiva, dunque, considerando quello che era l’intento del legislatore intervenuto con l’art. 1, comma 87, della legge 549/95, ossia rendere più snello il procedimento di formazione e di emissione degli atti di accertamento e liquidazione, per consentire una semplificazione della procedura di stampa degli atti impositivi, e tenendo conto che nella totalità dei casi gli stessi sono prodotti attraverso sistemi informatizzati, superando la norma citata per le esposte ragioni, non si può non ammettere che gli atti impositivi, in quanto documenti informatici, debbano essere sottoscritti con le metodologie informatiche proprie della firma elettronica qualificata e della firma digitale, le quali garantiscono sempre e comunque l’integrità e la paternità del documento.

Lecce, 13 maggio 2008

AVV. MAURIZIO VILLANI
Avvocato Tributarista in Lecce
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