La Cass. civ., Sez. II, 2 febbraio 2009, n. 2569 ha stabilito che la quota che appartine ad un socio di una società di persone deve essere ricondotta nella nozione di beni mobili fornita dagli artt. 810 e 812 c.c., in quanto essendo trasferibile a terzi inter vivos e mortis causa ed essendo essa assoggettabile anche ad espropriazione forzata, pur se per l'opponibilità del trasferimento alla compagine sociale occorre il consenso degli altri soci, costituisce una cosa immateriale che può formare oggetto di diritti.
La partecipazione e i suoi successivi aumenti, rientrano tra gli acquisti che, a norma dell'art. 177, lett. a) c.c., costituiscono oggetto della comunione legale tra i coniugi, anche se effettuati durante il matrimonio ad opera di uno solo di essi. Detti aumenti non rientrano pertanto nella categoria dei beni personali, a meno che non si incorra in una delle ipotesi di cui all'art. 179 c.c.