La recente ordinanza della Cassazione n. 18892 del 2024 affronta una questione rilevante relativa ai diritti dei lavoratori reintegrati dopo un licenziamento illegittimo.
La Corte ha stabilito che il datore di lavoro non può trasferire un dipendente reintegrato senza dare prova dell’inutilizzabilità del lavoratore nella sede originaria.
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1) Reintegra dopo licenziamento illegittimo e trasferimento: il caso
Il caso esaminato coinvolge un lavoratore che, a seguito di un licenziamento illegittimo, era stato reintegrato nel suo posto di lavoro. Tuttavia, la società datrice di lavoro aveva disposto il trasferimento del dipendente presso un’altra sede immediatamente dopo l’ordine di reintegrazione.
La Corte d'Appello di Roma aveva già ritenuto tale trasferimento illegittimo, ordinando la riadibizione del lavoratore alla sede originale e condannando la società a rifondere le spese legali.
La società aveva quindi impugnato la decisione presso la Cassazione, sostenendo che il principio delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive potesse applicarsi anche nel caso del trasferimento di un lavoratore reintegrato.
2) Reintegra e divieto di trasferimento: le motivazioni della Cassazione
La Cassazione ha respinto il ricorso della società, affermando che l’ordine di reintegrazione implica l’obbligo di riammettere il lavoratore nella stessa sede di lavoro dalla quale era stato licenziato, salvo comprovate condizioni che giustifichino un successivo trasferimento.
In particolare, la Corte ha ribadito che il trasferimento post-reintegrazione non può essere trattato come un normale trasferimento disciplinato dall’articolo 2103 del Codice civile: mentre per un trasferimento ordinario è sufficiente che sussistano comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, nel caso di un lavoratore reintegrato è necessario anche dimostrare l’inevitabilità del trasferimento a causa dell’inutilizzabilità del dipendente nella sede originaria.
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3) Reintegra e divieto di trasferimento: conclusioni
L'ordinanza n. 18892/2024 della Cassazione rappresenta un importante chiarimento sui diritti dei lavoratori reintegrati e sugli obblighi dei datori di lavoro. La decisione aggrava gli oneri probatori in capo al datore di lavoro, che deve dimostrare non solo le ragioni tecniche, organizzative e produttive per un trasferimento, ma anche l'inevitabilità dello stesso a causa dell’inutilizzabilità del dipendente nella sede di riammissione.
In conclusione, questa sentenza evidenzia la necessità rispettare l'ordine di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro originario e stabilisce criteri stringenti per eventuali trasferimenti successivi.
La decisione mira a proteggere i lavoratori da trasferimenti punitivi o ingiustificati, garantendo al contempo che le esigenze organizzative dell'impresa siano reali e dimostrabili.
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