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LICENZIAMENTI COLLETTIVI: COSA PREVEDE LA NORMATIVA EUROPEA

Licenziamenti collettivi: cosa prevede la normativa europea

Nella sentenza del 19.6 2025 c-419 2024 la Corte UE precisa le regole minime comuni nelle procedure di licenziamento collettivo. Non previsti piani di tutela dell'occupazione

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Una sentenza della Corte di Giustizia chiarisce i limiti della direttiva 98/59/CE nei casi di lavoratori messi a disposizione da imprese esterne ai fini del calcolo complessivo dei dipendenti in una procedura di licenziamento collettivo. Ecco il caso e le motivazioni della sentenza C -419/24  del 19 giugno 2025.

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1) Il contesto del caso: lavoratori esterni e licenziamento collettivo

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea è stata recentemente chiamata a pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata dalla Corte di cassazione francese, relativa all’interpretazione dell’art. 1, par. 1, lett. a) della direttiva 98/59/CE sui licenziamenti collettivi. 

Il caso trattato nella causa  C 419 2024 nasce da una controversia tra una società francese del settore alberghiero e una lavoratrice licenziata nel quadro di una procedura collettiva avviata a seguito della chiusura temporanea della struttura ricettiva per ristrutturazione.

In particolare, la questione ruotava attorno al numero complessivo di dipendenti da considerare per valutare se vi fosse l’obbligo di predisporre un piano di salvaguardia dell’occupazione, previsto dalla normativa francese per le imprese con almeno 50 dipendenti che intendano licenziare almeno 10 lavoratori in 30 giorni.

 Il nodo interpretativo riguardava il computo, ai fini del raggiungimento della soglia, anche dei lavoratori messi a disposizione da una  società esterna  presenti stabilmente nei locali dell’albergo.

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2) L’inquadramento giuridico e la posizione delle parti

La direttiva 98/59/CE del Consiglio del 20 luglio 1998 stabilisce le regole minime comuni tra gli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, con particolare attenzione alla procedura di consultazione e informazione dei rappresentanti dei lavoratori. Tuttavia, non prevede alcun obbligo di predisporre piani specifici per la salvaguardia dell’occupazione. La normativa francese invece, in particolare l’articolo L.1233-61 del Code du travail, stabilisce tale obbligo per imprese con almeno 50 dipendenti e licenziamenti consistenti.

La Corte d'appello francese aveva annullato il licenziamento perché la società datrice non aveva incluso, nel calcolo dell'organico, gli 11 lavoratori della società esterna operanti da lungo tempo nell'albergo. La Corte di cassazione ha quindi chiesto alla Corte di Giustizia se, ai sensi della direttiva europea, tali lavoratori potessero essere considerati abitualmente impiegati presso l’impresa utilizzatrice.

Secondo la società, i lavoratori esterni non potevano essere computati, in quanto non potevano essere oggetto del licenziamento né beneficiari del piano di salvaguardia. 

Di diverso avviso la Corte d’appello, che li ha considerati come parte della forza lavoro effettiva dell’impresa.

3) La decisione della Corte di Giustizia e le sue implicazioni

Con la sentenza del 19 giugno 2025 nella causa C-419/24, la Corte ha dichiarato la propria incompetenza a pronunciarsi sulla questione pregiudiziale, stabilendo che la direttiva 98/59/CE non trova applicazione in un caso come quello descritto. La Corte ha chiarito che tale direttiva non impone alcun obbligo specifico in merito alla predisposizione di piani di salvaguardia dell’occupazione e che, di conseguenza, le disposizioni nazionali che impongono tale onere restano di esclusiva competenza degli Stati membri.

La decisione si fonda su un principio consolidato: le norme dell’Unione si applicano solo se la situazione oggetto della controversia rientra nel loro ambito. La direttiva 98/59/CE, che armonizza solo parzialmente le procedure di licenziamento collettivo, non prevede criteri rigidi per il calcolo della soglia di dipendenti né obbliga alla predisposizione di piani di tutela, lasciando ampia discrezionalità alla legislazione nazionale. In questo quadro, l’art. L.1233-61 del codice del lavoro francese si configura come una norma più favorevole ai lavoratori, pienamente lecita ma autonoma rispetto alla normativa europea.

In definitiva, la Corte non si è espressa nel merito della definizione di “lavoratore abitualmente occupato”, ma ha rinviato ogni valutazione al giudice nazionale. 

 Si ribadisce il principio secondo cui le direttive europee non possono essere invocate per valutare disposizioni nazionali che impongono obblighi ulteriori rispetto al quadro armonizzato. La disciplina francese sul computo dei lavoratori esterni e sull’obbligo di elaborare un piano di salvaguardia resta, dunque, esclusiva prerogativa del legislatore nazionale.

Fonte immagine: Foto di Gerd Altmann da Pixabay
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