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LICENZIAMENTO SENZA MOTIVAZIONE: SCATTA LA REINTEGRA

Licenziamento senza motivazione: scatta la reintegra

Nella sentenza di Cassazione 9544 2025 numerosi chiarimenti su co.co.pro, presunzione di subordinazione, licenziamento nullo e reintegra attenuata.

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Per le imprese  con più di 15 dipendenti, la mancanza o generica individuazione del motivo del licenziamento non comporta una mera violazione formale ma determina l'illegittimità originaria del licenziamento, con applicazione della reintegrazione del dipendente al suo posto di lavoro  con indennità di 12 mensilità, prevista dall'art. 18, comma 4,L. 300/1970.

Questa la  massima della sentenza 9544 del 11 aprile 2025 emanata dalla Corte di Cassazione che chiarisce anche aspetti della presunzione di subordinazione per un contratto a progetto. Di seguito i dettagli del caso e le motivazioni della Suprema Corte.

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1) Licenziamento del collaboratore a progetto: il caso

Una controversia giunta fino alla Corte di Cassazione ha riguardato un lavoratore attivo come perito assicurativo e una nota compagnia di assicurazioni. Il rapporto era formalmente regolato da una convenzione stipulata nel 2011, che configurava la prestazione come contratto a progetto. Tuttavia, nel 2017, la compagnia ha comunicato il recesso dal rapporto, contestato dal lavoratore che ha sostenuto la natura subordinata della collaborazione.

La Corte d’Appello ha accolto parzialmente le sue ragioni, ritenendo che dal 2014 in poi vi fossero tutti i requisiti per configurare un rapporto di lavoro subordinato, mancando il “progetto” richiesto dalla normativa per la validità dei contratti a progetto. 

Richiamandosi all’art. 69, comma 1, del D.lgs. 276/2003, la Corte ha dichiarato inefficace il licenziamento e ha condannato la società al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità, secondo quanto previsto dall’art. 18, comma 6, della Legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori).

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2) Le ragioni della società: collaborazione e presunzione di subordinazione

La compagnia assicurativa ha proposto ricorso in Cassazione, contestando l’applicazione della disciplina dell’art. 69 del D.lgs. 276/2003.

 In particolare, ha sostenuto che la norma non potesse essere utilizzata per un collaboratore titolare di partita IVA iscritto in un ruolo professionale, in quanto la presunzione di subordinazione sarebbe esclusa per chi esercita attività regolamentate da specifici albi o registri.

La Cassazione ha chiarito  invece che l’iscrizione in un “ruolo” non equivale all’iscrizione in un “albo professionale” ai fini dell’esclusione della disciplina dell’art. 69. Ciò che conta è la natura effettiva del rapporto: la presenza di elementi quali continuità, coordinamento e prestazione personale. 

Anche il possesso di una partita IVA non è sufficiente a escludere la subordinazione, se in concreto il lavoratore opera prevalentemente per un solo committente, come accaduto nel caso esaminato.

In definitiva, la Corte ha confermato la decisione d’appello, affermando che la conversione automatica del contratto in rapporto subordinato era corretta alla luce dell’assenza di un progetto, come previsto dalla legge.

3) Licenziamento e motivazione: reintegra attenuata per vizio sostanziale

Un ulteriore elemento di rilievo nella sentenza riguarda la tutela da applicare in caso di licenziamento privo di motivazione. 

La Corte d’Appello aveva riconosciuto l’inefficacia del licenziamento per violazione dell’art. 2, comma 2, della Legge 604/1966, applicando la tutela indennitaria prevista dall’art. 18, comma 6, dello Statuto dei Lavoratori. La Cassazione ha però ritenuto questa qualificazione inadeguata.

La Corte ha chiarito che la totale assenza di motivazione nel provvedimento espulsivo costituisce un vizio non solo formale ma anche sostanziale, che impedisce al lavoratore di esercitare il proprio diritto di difesa. In tali casi, la tutela applicabile è quella prevista dall’art. 18, comma 4, ovvero la reintegra attenuata, (che prevede la reintegra e l'indennità di risarcimento di 12 mensilita) in quanto l’assenza di motivazione equivale a mancanza del fatto giustificativo del licenziamento.

Con questa decisione, la Cassazione ha cassato la sentenza di secondo grado e rinviato la causa alla Corte d’Appello in diversa composizione, affinché applichi il corretto regime sanzionatorio e si pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.

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