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INFORTUNIO MORTALE SUL LAVORO: CONDANNA PER L'INTERO CDA

Infortunio mortale sul lavoro: condanna per l'intero CDA

Una importante sentenza in tema di sicurezza sul lavoro: ampie le responsabilità degli amministratori anche in presenza di deleghe. Cassazione sezione penale n. 40682/2024

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Negli ultimi mesi, i gravissimi fatti di cronaca legati a incidenti nei cantieri e nelle fabbriche hanno riportato con forza all’attenzione il tema della sicurezza sul lavoro. Le più recenti rilevazioni INAIL confermano un quadro preoccupante: nei primi mesi del 2025 gli infortuni mortali hanno registrato un sensibile aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, segnalando non solo l’urgenza di rafforzare i controlli, ma anche la necessità di un’organizzazione aziendale che ponga la prevenzione al centro delle proprie politiche. In questo contesto,   per i datori di lavoro e gli amministratori  assume un rilievo fondamentale per comprendere la ripartizione delle responsabilità all’interno delle imprese.  

 Vediamo di seguito una recente importante  decisione della Corte di Cassazione che ribadisce un principio di rilievo per la sicurezza sul lavoro: nelle società di capitali, gli obblighi del datore di lavoro – come definiti dal D.Lgs. 81/2008 – gravano su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo deleghe valide, e non si esauriscono in una “responsabilità di posizione” puramente formale. 

In presenza di gravi carenze strutturali e organizzative, permane la responsabilità dei vertici, anche se sono stati conferiti incarichi o funzioni ad altri soggetti.

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1) Il caso: l’incidente e le carenze accertate

La  Sezione IV penale della Cassazione  con sentenza n. 40682 del 6 novembre 2024, ha confermato la condanna per omicidio colposo a carico del presidente e di due membri del consiglio di amministrazione di una società operante nel settore delle costruzioni. 

Il caso riguardava la morte di un lavoratore, travolto dal ribaltamento di una lastra in cemento armato durante lavori in un cantiere autostradale.

L’infortunio mortale si è verificato durante la fase di “getto” di calcestruzzo tra una vasca di contenimento delle acque e nove lastre prefabbricate già installate. Una di queste si è rovesciata, travolgendo il lavoratore, a causa di errori gravi sia nella produzione sia nella posa in opera.

Dalle indagini è emerso che i vincoli superiori di ancoraggio della lastra non erano stati realizzati secondo progetto. Il difetto era stato “corretto” in cantiere da un dipendente con l’inserimento di tasselli tramite foratura, in assenza di idonee istruzioni e formazione. L’installazione della lastra presentava inoltre fissaggi inadeguati e modifiche non previste dal progetto, fattori che, combinati agli errori di fabbricazione, hanno portato al cedimento.

Il giudizio di merito ha evidenziato gravi carenze organizzative imputabili ai vertici societari, ovvero:

  • assenza di una programmazione che garantisse la conformità dei manufatti al progetto e la gestione del rischio di ribaltamento;
  • controlli di qualità solo formali e privi di effettive verifiche tecniche;
  • Piano Operativo di Sicurezza (POS) inidoneo, privo di procedure specifiche per l’ancoraggio speriore delle lastre e la loro corretta posa;
  • politica aziendale orientata a privilegiare la rapidità di consegna rispetto alla sicurezza, con prassi consolidate di certificazioni predisposte prima della produzione.

Queste condizioni, secondo la Corte, costituivano un vero e proprio difetto strutturale del processo produttivo, idoneo a causare l’evento, escludendo che la condotta del singolo lavoratore potesse considerarsi “abnorme” o interrompere il nesso causale.

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2) La sentenza: responsabilità anche in presenza di deleghe

I ricorrenti avevano sostenuto che la condanna fosse illegittima perché fondata su una mera “responsabilità di posizione”, nonostante la presenza di deleghe gestorie (art. 2381 cod. civ.) e di funzioni (art. 16 D.Lgs. 81/2008), nonché di altre figure garanti (responsabile di stabilimento, responsabile montaggio, addetti al controllo qualità).

La Cassazione ha chiarito invece  che:

  • La delega di funzioni (art. 16 D.Lgs. 81/2008) comporta il trasferimento di specifici compiti prevenzionistici, ma non esonera il delegante dall’obbligo di vigilanza e dalla responsabilità in caso di culpa in eligendo o in vigilando.
  • La delega gestoria (art. 2381 cod. civ.) non trasferisce la funzione datoriale ma ne concentra l’esercizio: i consiglieri non delegati mantengono doveri di controllo e intervento sostitutivo, specie se emergono situazioni di rischio non gestite.

Il Supremo Collegio ha quindi ritenuto corretta la decisione di merito, sottolineando che l’accertata assenza di procedimentalizzazione e le gravi carenze organizzative coinvolgevano direttamente i vertici aziendali. Non si trattava di un episodio isolato, ma di un sistema operativo carente, che i membri del consiglio avrebbero dovuto prevenire o correggere.

In sintesi, la Cassazione ha confermato che, quando un infortunio sul lavoro deriva da difetti strutturali del processo produttivo e da politiche aziendali inadeguate, la responsabilità penale può estendersi a tutti i membri del consiglio di amministrazione, anche se sono presenti deleghe e altre figure garanti. 

3) Responsabilità penali e deleghe per la sicurezza sul lavoro

ProfiloDelega di funzioni (art. 16 D.Lgs. 81/2008)Delega gestoria (art. 2381 c.c.)
OggettoTrasferisce specifici poteri/doveri prevenzionistici dal datore di lavoro a un delegato.Ripartisce e concentra l’esercizio della funzione gestoria tra amministratori (es. board/consiglieri delegati).
Soggetti coinvoltiDatore di lavoro → delegato (che diventa garante “derivato”).Consiglio di amministrazione → organi/consiglieri delegati (tutti già titolari della funzione datoriale in senso prevenzionistico).
Requisiti formaliAtto scritto con data certa; accettazione per iscritto; requisiti di professionalità/esperienza; poteri di organizzazione, gestione e controllo; autonomia di spesa; adeguata pubblicità.Delibera/autorizzazione statutaria; il CdA determina contenuto, limiti e modalità; flussi informativi periodici dagli organi delegati al CdA.
Doveri residui del deleganteVigilanza sull’operato del delegato (culpa in eligendo/in vigilando); restano indelegabili valutazione dei rischi e nomina RSPP.Controllo “civilistico” su assetto organizzativo e generale andamento; potere di impartire direttive e di avocazione; dovere di intervento sostitutivo se a conoscenza di fatti pregiudizievoli.
Ambito dei poteriPoteri prevenzionistici specifici necessari alle funzioni delegate (anche spesa adeguata).Poteri decisionali e di spesa già propri della funzione datoriale, concentrati su alcuni amministratori.
Standard di responsabilitàIl delegante risponde se ha scelto male o non ha vigilato; il delegato risponde per la gestione concreta delle funzioni ricevute.Gli organi delegati rispondono per l’esercizio dei poteri; i non delegati rispondono se omettono controlli/interventi dovuti in presenza di rischi conosciuti o conoscibili.
Interruzione del nesso causaleNon basta la “condotta abnorme” se il rischio deriva da carenze strutturali del sistema sicurezza.Non si esclude la responsabilità del CdA se l’evento discende da difetti organizzativi/“politica aziendale” che subordina la sicurezza al profitto.
Quando “regge” la delegaSe effettiva, tracciata e con vigilanza adeguata; non copre obblighi indelegabili.Se accompagnata da assetto adeguato e flussi informativi; non esonera i non delegati dai doveri di controllo e intervento.
Implicazioni pratiche per le impreseFormalizzare le deleghe, scegliere figure competenti, attivare modelli di verifica (art. 30 TUSL) e audit periodici.Definire chiaramente perimetri e limiti della delega, garantire reporting al CdA, verificare l’adeguatezza dell’assetto e intervenire su criticità.
Fonte immagine: Belfe by pixabay
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