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RIVALUTAZIONE DEI BENI D’IMPRESA: GUIDA PER IL 2022

Rivalutazione dei beni d’impresa: guida per il 2022

Rivalutazione dei beni d’impresa nel 2022: ambito oggettivo, soggettivo, tecniche e affrancamento del saldo attivo. Il punto sulla rivalutazione

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Dopo aver ripercorso i tratti fondamentali del regime di rivalutazione introdotto dal D.L. 104/2020 (c.d. “Decreto Agosto”), questo articolo passa in rassegna le recenti modifiche apportate dalla Legge di Bilancio 2022.

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1) Rivalutazione beni: il regime previsto dal D.L. 104/2020

Il regime della rivalutazione dei beni d’impresa rappresenta un istituto particolare che, in più occasioni, è stato oggetto di rielaborazione legislativa.

Si tratta di una disciplina derogatoria rispetto alle disposizioni civilistiche che, in ossequio al principio della prudenza, non consentono alle imprese di rivalutare i beni d’impresa, se non in forza di una legge speciale che ne conceda la possibilità. 

Suddette leggi offrono l’opportunità di riflettere in bilancio il valore recuperabile dei beni, derogando agli ordinari criteri di valutazione previsti all’art. 2426, Codice Civile ed ai Principi Contabili, imperniati perlopiù sul concetto di costo storico.

La disciplina della rivalutazione rivive nel Decreto cd. “Agosto” (art. 110, D.L.104/2020) in cui si è prevista una particolare ipotesi rivalutativa, adottabile nel bilancio delle imprese Oic. La rivalutazione in oggetto interessa i beni risultanti dal bilancio chiuso al 31.12.2019. 

Nella prima versione del Decreto, la rivalutazione poteva essere operata unicamente nel bilancio relativo all’esercizio 2020. Tuttavia, il D.L. 41/2021 il legislatore ha integrato la disciplina della rivalutazione dei beni introdotta dal D.L. 104/2020, estendendone la finestra temporale di applicazione all’esercizio 2021, ma limitatamente ai beni che non sono stati già oggetto di rivalutazione nel bilancio dell’esercizio 2020 e senza possibilità di riconoscimento fiscale dei plusvalori iscritti.

Il regime in parola presenta le seguenti caratteristiche distintive:

  • possibilità di operare la rivalutazione anche su un singolo bene;
  • aliquota ridotta del 3% ai fini del riconoscimento fiscale dei maggiori valori emersi;
  • facoltà di attribuire valenza esclusivamente contabile ai plusvalori rilevati;
  • opzione per il riconoscimento dei maggiori valori fiscali a partire dal 2021 (possibilità riconosciuta esclusivamente per le rivalutazioni effettuate nel bilancio 2020);
  • Rateizzazione triennale delle imposte dovute, indipendentemente dall’entità del versamento dovuto.

A differenza delle precedenti versioni, l’adeguamento del valore netto contabile degli asset in bilancio può aver luogo anche in modalità “gratuita”, ovvero senza il necessario sostenimento dell’imposta sostitutiva (il cui versamento, appunto, permette il riconoscimento fiscale della rivalutazione).

Viene inoltre meno il vincolo delle categorie omogenee, con la conseguenza che le imprese possono operare la rivalutazione anche sul singolo bene individuato. 

Altro elemento innovativo degno di nota è quello relativo alla possibilità di attribuire valenza fiscale alla rivalutazione a costi relativamente contenuti: è possibile applicare alla base imponibile corrispondente alla rivalutazione l’aliquota fissa del 3%.   

Il riconoscimento fiscale decorre dal periodo di imposta successivo a quello in cui la rivalutazione viene eseguita in bilancio, salvo quanto previsto dall’articolo 110, comma 5, D.L. 104/2020, il quale dispone che, ai soli fini della determinazione della plusvalenza/minusvalenza prodottasi per effetto di cessione o autoconsumo del bene rivalutato, la rivalutazione abbia rilievo fiscale per le operazioni effettuate a decorrere dall’inizio del quarto esercizio successivo a quello in cui è eseguita la rivalutazione.


DECRETO AGOSTO RICONOSCIMENTO FISCALE DELLA RIVALUTAZIONE DEI BENI

ANNO DI EFFETTUAZIONE DELLA RIVALUTAZIONE

2020

2021

OPZIONE RICONOSCIMENTO FISCALE MAGGIOR VALORE DEI BENI

FACOLTATIVA, PREVIO VERSAMENTO DELL’IMPOSTA SOSTITUTIVA

NON AMMESSO

DECORRENZA EFFETTI FISCALI

A DECORRERE DAL 2021

N/A


Il versamento delle imposte sostitutive può avvenire in tre rate annuali di pari valore. 

 Nello specifico: 

  • la prima rata scade entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sul reddito relative al periodo di imposta in cui avviene l’adeguamento dei valori;
  • le rate successive vanno invece versate entro il termine rispettivamente previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi. 

A differenza di quanto stabilito con riferimento agli altri regimi rivalutativi, non è stata confermata la possibilità di rateizzo ancor più accomodante per imposte di valore superiore a 3 milioni di euro.

IMPOSTA SOSTITUTIVA 3%

TERMINE DI VERSAMENTO

I RATA

30 giugno 2021, ovvero, 30 luglio 2021 aggiungendo la maggiorazione pari allo 0,4%

II RATA

30 giugno 2022, ovvero, 30 luglio 2022 aggiungendo la maggiorazione pari allo 0,4%

III RATA

30 giugno 2023, ovvero, 30 luglio 2023 aggiungendo la maggiorazione pari allo 0,4%

 

In relazione alle annualità 2021 e 2022, le imprese possono in alternativa optare per la soluzione proposta dal regime di rivalutazione “ordinario” di cui alla Legge di Bilancio 2020 (articolo 1, commi da 696704, L. 160/2019).

 Si ricorda infatti che, l’articolo 12-ter D.L. 23/2020, ha prolungato l’ambito temporale di applicazione dello strumento, permettendo la rivalutazione in commento nei bilanci successivi al 31 dicembre 2019, 2020 e 2021, consentendo quindi l’aggiornamento dei valori negli esercizi 2020, 2021 e 2022. In questa ipotesi rivalutativa, il riconoscimento fiscale non è una facoltà, bensì un obbligo e opera automaticamente a seguito del versamento dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’Irap e di eventuali addizionali, parametrata alle seguenti aliquote: 

  • 12% con riferimento ai beni mobili ed immobili ammortizzabili; 
  • 10% con riferimento ai beni non ammortizzabili.

Il riconoscimento fiscale del maggior valore iscritto decorrerà, in questo caso, dal terzo esercizio successivo a quello in cui è eseguita la rivalutazione, ovvero dal quarto ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze fiscali derivanti da cessione a titolo oneroso, assegnazione ai soci o destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore.

In parallelo all’introduzione del regime di rivalutazione contabile dei beni, il Decreto “Agosto” concede altresì l’opportunità di eliminare l’eventuale disallineamento tra valori civilistici e fiscali emersi in occasione di operazioni straordinarie avvenute in regime di neutralità fiscale. 

Tale istituto può essere adottato anche dai soggetti che redigono il bilancio secondo i Principi Contabili Internazionali.

2) Rivalutazione beni 2022: ambito soggettivo

Il regime interessa vari soggetti, a prescindere dalla veste giuridica attribuita alla fattispecie imprenditoriale. In particolare, rientrano nell’ambito di applicazione della norma, innanzitutto, le imprese commerciali esercitate in forma individuale, residenti nel territorio dello Stato. Presupposto per la rivalutazione è, dunque, l’esercizio dell’attività commerciale ed il possesso di beni strumentali ad essa. Ai fini della verifica della commercialità dell’impresa, occorre far riferimento alla nozione di imprenditore commerciale contenuta all'art. 55, Tuir.

Hanno accesso al regime anche le imprese riconducibili ad imprenditori persone fisiche non residenti, i quali esercitano attività commerciali nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni. 

Quanto alle imprese collettive (o associate), la norma identifica i seguenti modelli societari: 

  • Società di capitali (S.p.a., S.r.l., S.a.p.a., Società cooperative, Società di mutua assicurazione e Società europee) residenti nel territorio dello stato;
  • Società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate residenti nel territorio dello Stato;
  • Società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003, residenti nel territorio dello Stato.

In aggiunta alle società commerciali sopra citate, possono effettuare la rivalutazione le società estere e gli enti diversi dalle società, pubblici o privati, anche non residenti (purchè titolari di una stabile organizzazione in Italia) che esercitano attività commerciale nel territorio dello Stato, per i beni effettivamente dedicati all’attività commerciale oggettivata.

Inoltre, la norma non subordina la possibilità di rivalutare i beni all’adozione del regime di contabilità ordinaria. Possono quindi accedere al regime rivalutativo anche i soggetti che fruiscono di regimi semplificati di contabilità, nel qual caso la rivalutazione va effettuata per i beni risultanti dal registro dei beni ammortizzabili - qualora istituito- ovvero dal registro Iva. Tuttavia, per questi ultimi, considerata l’assenza di un bilancio e, quindi, di un assetto patrimoniale, non trovano applicazione le regole di tassazione del saldo attivo di rivalutazione, applicabili in caso di distribuzione ai soci.

Sono invece escluse dall’ambito applicativo le società che redigono il bilancio secondo i Principi Contabili Internazionali.

3) Ambito oggettivo della rivalutazione dei beni 2022

Per quanto concerne l’ambito oggettivo, la rivalutazione dei beni concepita dal D.L. 34/2020, permette di rivalutare i beni d'impresa e le partecipazioni. Vengono espressamente individuati i beni di impresa e le partecipazioni iscritte tra le immobilizzazioni in società controllate o collegate ex art. 2359, Codice Civile, ad eccezione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa.

Sebbene il tenore letterale della disposizione sembri escludere soltanto i beni immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l' attività di impresa, l’Amministrazione Finanziaria ha avuto modo di chiarire in passato (con riferimento alla rivalutazione introdotta dalla Legge di Bilancio 2017) che “per ragioni di ordine logico sistematico e in coerenza con quanto previsto nelle precedenti leggi di rivalutazione”, l’esclusione dalla disciplina riguardi tutti i beni merce (materie prime, merci, prodotti finiti ecc.).

La disciplina in esame risulta quindi applicabile ai beni costituenti:

  • immobilizzazioni materiali ammortizzabili e non ammortizzabili (immobili, beni mobili iscritti in pubblici registri, impianti e macchinari, attrezzature industriali e commerciali);
  • beni di costo unitario inferiore a euro 516,46;
  • immobilizzazioni immateriali rappresentate da beni giuridicamente tutelati (diritti di brevetto industriale, diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno, diritti di concessione, licenze, marchi, know-how, altri diritti simili);
  • partecipazioni, costituenti immobilizzazioni finanziarie, in società controllate o collegate.

Di converso, restano esclusi dal novero dei beni rivalutabili le seguenti attività:

  • avviamento, oneri pluriennali, trattandosi di beni privi di autonomia giuridica;
  • partecipazioni non di controllo o di collegamento;
  • partecipazioni di controllo o collegamento acquistate con finalità speculative ed iscritte nella voce CIII destinata ad accogliere le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni.

Sono rivalutabili i beni materiali completamente ammortizzati, a condizione che questi risultino dal bilancio 2019, ovvero, in ipotesi di impresa in contabilità semplificata, annotati nel registro cespiti ammortizzabili e nel registro iva.

I beni immateriali completamente ammortizzati sono invece inclusi nell’ambito applicativo della disciplina se gli stessi siano tuttora tutelati ai sensi delle vigenti disposizioni in materia.

Il titolo che legittima la rivalutazione è la proprietà. Ne consegue che i beni detenuti in locazione finanziaria possono essere rivalutati solo se è stato esercitato il diritto di riscatto nel bilancio del 2019.

4) Le modalità di rivalutazione

La rivalutazione dei beni deve essere condotta in conformità all’ art. 11 della legge n. 342 del 2000 ed agli artt. 4, 5 e 6 del decreto ministeriale n. 162 del 2001. Ulteriori indicazioni si rinvengono in svariati documenti di prassi. Da ultimo, si segnala che l’Organismo Italiano di Contabilità ha fornito ulteriori spunti operativi nella recente bozza del documento interpretativo n.7, concernente gli aspetti contabili della rivalutazione dei beni di impresa e delle partecipazioni.

In particolare, la rivalutazione deve poggiare su uno dei seguenti criteri:

  •  stima secondo il valore d’uso;
  •  stima secondo il valore corrente (c.d. “fair value”).

Secondo le indicazioni fornite dall’OIC 9, il valore d’uso è determinato attualizzando i flussi finanziari prospettici ritratti dall’utilizzo dell’attività ad un tasso appropriato in base al profilo di rischio associato.

 Il valore corrente (o “fair value”) riflette essenzialmente la quotazione di mercato dell’attività: il valore al quale un’attività viene scambiata in una transazione equa di mercato tra parti indipendenti. 

Tuttavia, l’aggiornamento del valore dei beni deve rispettare alcuni vincoli normativi che fissano limiti massimi alla rivalutazione.

L’art. 11, comma 2, L. 342/2000 (opportunamente richiamato dal Decreto), dispone che la stima debba rappresentare il valore economico del cespite e non può:

in nessun caso superare i valori effettivamente attribuibili ai beni con riguardo alla loro consistenza, alla loro capacità produttiva, all’effettiva possibilità di utilizzazione nell’impresa, nonché ai valori correnti e alle quotazioni rilevate in mercati regolamentati italiani o esteri.


Contabilmente, si prevedono tre differenti tecniche di rivalutazione utili ad esprimere i maggiori valori correnti:

  • rivalutazione del costo storico;
  • riduzione del fondo ammortamento;
  • rivalutazione del costo storico e del fondo ammortamento.

Ciascuno di questi metodi porta all’iscrizione in bilancio del medesimo valore netto contabile rivalutato da ripartire lungo la vita utile dell’immobilizzazione.

Il processo di rivalutazione comporta, peraltro, una serie di adempimenti a carico sia degli amministratori e dei sindaci. Più precisamente, questi devono:

  • indicare i criteri utilizzarti per rivalutare i beni;
  • attestare che il valore rivalutato iscritto in bilancio non ecceda il valore attribuibile ai beni in base ai criteri sopra esposti.

La rivalutazione eseguita deve risultare nell’inventario e nella nota integrativa al bilancio, indicando altresì il costo originario del bene rivalutato, nonché le precedenti rivalutazioni eventualmente operate in forza di altre leggi speciali.


5) Affrancamento del saldo attivo di rivalutazione

La rilevazione del maggior valore dei beni implica l’iscrizione del saldo attivo di rivalutazione tra le voci del patrimonio netto. Tale importo, ottenuto per differenza tra incremento derivante del valore netto contabile dei beni ed eventuale imposta sostitutiva dovuta, deve essere imputato nel passivo dello stato patrimoniale, direttamente al capitale ovvero accantonato in una speciale riserva designata con riferimento alla legge in esame.

 Nel caso in cui l’impresa decida di optare per la cd. rivalutazione onerosa (ovvero con opzione per il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti), il saldo è soggetto ad un particolare regime di sospensione d’ imposta, previsto all’art. 13, commi 3 e 4, L. 342/2000, secondo cui, in caso di distribuzione del saldo attivo ai soci o ai partecipanti, le somme a questi attribuite concorrono a formare il reddito imponibile della società e quello dei soci o dei partecipanti. L’imponibile è calcolato in misura pari al saldo attivo al lordo dell’imposta sostitutiva del 3%. 

L’art. 110, comma 3, D.L.104/2020, ripropone la possibilità di affrancare il saldo attivo applicando l’imposta sostitutiva con aliquota del 10%. 

Il saldo attivo della rivalutazione può essere affrancato, in tutto o in parte, con l’applicazione in capo alla società di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 10%.

L’opzione per l’affrancamento del saldo attivo imputato al patrimonio netto svincola la riserva dal regime di sospensione d’imposta, trasformandola in una riserva liberamente distribuibile ai soci

La base imponibile in caso di affrancamento, a parere dell’Agenzia delle Entrate, è rappresentata dall'importo iscritto nel passivo del bilancio in contropartita dei maggiori valori attribuiti ai beni rivalutati.

La posizione assunta dall’Amministrazione riguardo alla determinazione della base imponibile per l’affrancamento è stata però messa in discussione da alcune pronunce della Cassazione che, di converso, ritiene che l’imposta sostitutiva debba essere applicata al saldo attivo di rivalutazione confluito nel fondo patrimoniale (quindi, al netto del debito relativo all’imposta sostitutiva). 

L’imposta sostitutiva per l’affrancamento del saldo può essere versata in tre rate di pari importo, distribuendo il versamento come segue: 

  • la prima rata, entro la scadenza prevista per il versamento a saldo delle imposte sul reddito relative all’anno 2020 (30 giugno 2021, salvo proroghe, per i soggetti con periodo coincidente all’ anno solare);
  • la seconda rata, entro la scadenza prevista per il versamento a saldo delle imposte sul reddito relative all’anno 2021 (30 giugno 2022, salvo proroghe, per i soggetti con periodo coincidente all’ anno solare);

la terza rata, entro la scadenza prevista per il versamento a saldo delle imposte sul reddito relative all’anno 2022 (30 giugno 2023, salvo proroghe, per i soggetti con periodo coincidente all’ anno solare). 


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Commenti

Francesco ROMANO - 22/03/2022

Il mancato riporto nel registro cespiti di un bene ( immateriale) comunque esistente , riconosciuto ed attribuito da terzi non credo possa tout court inibire la rivalutazione trattandosi solo di una mera irregolarità e dovendosi intendere la regola nel limite della iscrivibilità = possesso , altrimenti di una imprecisione si farebbe abuso : ad esempio un bene immateriale ammortizzato "In conto" sparisce dal bilancio ...

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