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LE DONAZIONI FATTE IN VITA DEL DEFUNTO NON ENTRANO NELL'IMPONIBILE DELLA SUCCESSIONE

Le donazioni fatte in vita del defunto non entrano nell'imponibile della successione

Le donazioni non devono essere inglobate nella massa ereditaria e non devono scontare l'imposta di successione: a dirlo la CTR Piemonte in una recente sentenza

La CTR Piemonte nella decisione del 12/12/2021 n. 594/3/2021 ha preso una ferma posizione in tema di tassazione delle donazioni fatte in vita dal defunto, al momento della successione : prendendo infatti atto della conforme giurisprudenza di legittimità, contrastante con l’attuale normativa,  ribadisce che l’art. 8 comma 4 TUS  deve intendersi tacitamente abrogato.

Ne consegue che l’Amministrazione non può tassare, con l’imposta di successione, la massa ereditaria inglobando in sé -ai fini impositivi- anche le donazioni effettuate in vita dal defunto.

1) Il punto sul coacervo nell'imposta di successione e donazione

Il coacervo è, nel suggestivo linguaggio giuridico-burocratico, l’istituto per cui ai fini impositivi il valore di una donazione deve essere sommato a quello di una donazione successiva, intercorsa tra gli stessi soggetti.

Esso rileva negli atti inter vivos (art. 57, comma I D.Lgs. 346/1990) ma incide anche in tema di dichiarazione di successione: per la vigente normativa, il valore di qualsivoglia donazione perfezionata dal de cuius deve essere sommato al valore globale netto dell’asse ereditario (cfr. art. 8 comma IV, D. Lgs. 346/90).

La stratificazione di leggi che si è succeduta negli anni ha comportato per gli operatori del diritto nuove, rilevanti problematiche interpretative.

Il busillis ha passato più volte il vaglio della Corte di Cassazione.

L’art. 8, comma IV TUS è stato più volte censurato -e ritenuto, nella sostanza, abrogato- dalla Suprema Corte, in diverse sentenze (cfr. 26050/2016; 2940/2016; 12779/2018; 758/2019; 2278/2020), seppur sul piano formale esso sia -come visto- tuttora vigente.

Il (diverso) coacervo tra donazioni intervenute tra gli stessi soggetti (cfr. art. 57, comma I TUS cit.) è stato, da ultimo, affrontato nella sentenza 19 gennaio 2021 n. 727/2021 in cui la Corte di Cassazione -prendendo posizione sul ricorso di Agenzia delle Entrate- risponde a quello che ritiene essere, in sintesi, il primo e principale quesito e punto nevralgico dell’impugnazione: “se nell’attuale disciplina dell’imposta sulle donazioni permanga l’istituto del coacervo delle donazioni pregresse ai fini del calcolo della franchigia esente; […]”.

La Corte ritiene doversi dare risposta affermativa a tale quesito, e ciò in forza di diverse ragioni e seguendo due criteri interpretativi:

  • l’imposta oggi vigente è una nuova imposta, seppur regolata massimamente mediante rievocazione della disciplina previgente di cui al D.Lgs. 346/90 (“TUS”);
  • l’interprete deve coordinare la nuova imposta con la vecchia disciplina: lo impone l’art. 2 comma 50 del D.L. 262/2006 convertito in l. 286/2006 e ulteriormente modificato con L. 296/2006 (“Per quanto non disposto dai commi da 47 a 49 e da 51 a 54 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dal citato testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001”). Davanti ad un tenore letterale non univoco, l’interprete deve dunque “individuare il regime applicabile all’esito di una valutazione finalistica e di ratio”.

Su tali premesse, la Corte rileva e conclude che il coacervo ai fini dell’imposta sulle donazioni:

i) non è “di per sé” incompatibile con la disciplina della franchigia di esenzione, che ancora opera (comma 49 dell’art. 2 cit.);

ii) non è disarmonica la norma che lo prevede (art. 57 TUS), e ciò perché essa è sopravvissuta all’abrogazione di altre norme in tema per opera del comma 52 dell’art. 2 D.L. 262/2006 cit. ed è comunque applicabile anche ad un sistema di imposizione proporzionale -e non più progressivo- comunque caratterizzato da una franchigia iniziale.

In conclusione, anche di recente si è ribadito che il coacervo tra donazioni (nell’ambito negoziale tra vivi) è in vigore.

Sul coacervo rilevante nell’ambito successorio, e sotto lo specifico profilo tributario, non si rinvengono recenti sentenze della Corte di legittimità: valga quanto detto e citato sopra.

Si può in ogni caso ribadire che all’innovazione interpretativa della Suprema Corte non ha corrisposto una modifica della normativa, e delle prassi (anche documentali) dell’Agenzia delle Entrate che tante riflessioni impongono agli interpreti: si pensi, venendo al concreto, al modello della Dichiarazione di successione condiviso da Agenzia delle Entrate. Si noterà che al riquadro ES vengono espressamente richiesti gli estremi delle donazioni perfezionate, in vita, dal de cuius.

Su questo tema, la CTR Piemonte nella decisione del 12/12/2021 n. 594/3/2021 ha preso una ferma posizione: nella stessa, prendendo atto della conforme giurisprudenza di legittimità, contrastante con l’attuale normativa, si ribadisce che l’art. 8 comma 4 TUS (per cui, ricordiamolo, il valore di qualsivoglia donazione perfezionata dal de cuius deve essere sommato al valore globale netto dell’asse ereditario) deve intendersi tacitamente abrogato.

Ne consegue che l’Amministrazione non può tassare, con l’imposta di successione, la massa ereditaria inglobando in sé -ai fini impositivi- anche le donazioni effettuate in vita dal defunto.

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