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LINEA GUIDA DI CONFINDUSTRIA PER LA REALIZZAZIONE DI MODELLI ORGANIZZATIVI E FUNZIONALI

Linea guida di Confindustria per la realizzazione di modelli organizzativi e funzionali

Il Modello di Organizzazione e Gestione (MOG), l’informativa non finanziaria (DNF) ed il ruolo del revisore: la compliance integrata secondo le nuove Linee Guida di Confindustria

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Il rischio di gestione della compliance societaria legato alla non conformità alle norme - è oramai dato acquisito - comporta per l’Ente il pericolo di incorrere in sanzioni giudiziarie o amministrative e danni reputazionali con effetti diretti sulle performance economico - finanziarie, in conseguenza della violazione di norme ed obblighi di autoregolamentazione, molte delle quali rientrano nel novero dei reati ex D. Lgs 231/2001. Di fatto, l’attuazione del MOG spesso incrocia sistemi di prevenzione e gestione dei rischi già previsti ed implementati nell’organizzazione aziendale sotto altra forma di:

  •  sistemi di controllo ai fini della compliance fiscale;
  •  gestione del rischio di malattie professionali ed infortuni;
  •  sistemi di certificazione; 
  •  comunicazione dell’informativa non finanziaria, ex D.lgs. 254/2016.

Di conseguenza, l’utilizzo di un approccio di compliance tradizionale può risultare inefficace ed inefficiente. A tale proposito, Confindustria è intervenuta recentemente con le nuove Linee Guida (giugno 2021), alle quali si fa riferimento nel proseguo della trattazione, allo scopo di orientare le imprese nella realizzazione di modelli organizzativi e funzionali, con un approccio alla compliance integrata cha il vantaggio di: razionalizzare le attività, migliorarne l’efficacia e l’efficienza, facilitare la condivisione delle informazioni, attuare un  risk assesment condiviso e prevedere la manutenzione periodica dei programmi di compliance  (ivi incluse le modalità di gestione delle risorse) idonei ad impedire la commissione di molti dei reati espressamente previsti come fondanti la responsabilità degli Enti.

 

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1) I contenuti del D.lgs. 254/2016 ed il MOG: aspetti teorici e pratici

La Direttiva 254/14/UE (2014) obbliga determinati soggetti[1] a redigere la dichiarazione non finanziaria annuale, c.d. “DNF”, atta a divulgare informazioni sulle performance di sostenibilità, includendo spiegazioni circa le modalità attraverso cui sono gestite le aree di rischio attinenti:

  • la protezione dell’ambiente;
  • la responsabilità sociale;
  • il trattamento dei dipendenti;
  • il rispetto dei diritti umani;
  • la lotta alla corruzione.

In Italia, nel 2016, la riferita Direttiva 2014/95/UE, è stata recepita dal D.lgs. 254/2016 incentivando la prassi gestionale orientata allo sviluppo di modelli di comunicazione integrati a livello corporate della non financial disclosure e delle diversity information da parte delle grandi imprese e gruppi rientranti nel perimetro dell’obbligo e su base volontaria da parte delle PMI (la scelta di redigere il modello su base volontaria comporta il rispetto pedissequo del riferito Decreto).

 

La dichiarazione non finanziaria, nella misura necessaria ad assicurare la comprensione dell’attività di impresa, del suo andamento, dei suoi risultati e dell'impatto dalla stessa prodotta, contiene:

  • informazioni materiali legati agli ambiti ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva, che sono rilevanti tenuto conto delle attività e delle caratteristiche dell'impresa[2];
  • descrive il modello aziendale di gestione ed organizzazione, ivi inclusi i modelli di organizzazione e di gestione eventualmente adottati ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, anche con riferimento alla gestione dei temi materiali, nonché quelle di due diligence, i risultati conseguiti e i relativi indicatori fondamentali di prestazione di carattere non finanziario; 
  • descrive i principali rischi connessi ai temi oggetto della DNF e derivanti dall’attività di impresa, dai prodotti, servizi o rapporti commerciali, incluse le catene di fornitura e subappalto se rilevanti. 

Si ricorda che, l’art. 6, comma 1, del decreto 231 rubricato “I soggetti apicali d’azienda e i modelli organizzativi” dispone: “se il reato è stato commesso da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché' da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso[3], l'ente non risponde se prova che

  1. l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; 
  2. il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo; 
  3. le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione; 
  4. non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).

Un Modello di organizzazione e gestione[4] riferendosi espressamente a talune attività correlate secondo un processo di sana e prudente gestione dei rischi e con un approccio coerente con i principali framework di riferimento in tema di controllo e di gestione dei rischi dovrebbe articolarsi in:

  1. identificazione dei rischi potenziali: analisi del contesto aziendale rispetto alle individuate aree, i settori di attività, gli ambiti materiali, secondo le modalità che astrattamente si potrebbero verificare eventi pregiudizievoli per gli obiettivi indicati dal decreto 231.
  2. progettazione del sistema di controllo, c.d. protocolli per la programmazione della formazione e attuazione delle decisioni dell’ente, ossia la valutazione del sistema esistente all’interno dell’ente per la prevenzione dei reati ed il suo eventuale adeguamento, in termini di capacità di contrastare efficacemente, cioè ridurre ad un livello accettabile i rischi identificati. sotto il profilo concettuale, ridurre il rischio comporta il dover intervenire -congiuntamente o disgiuntamente -su due fattori determinanti:
    • la probabilità dell’accadimento dell’evento;
    • l’impatto dell’evento stesso.

2) La comunicazione della Dichiarazione Non Finanziaria

La dichiarazione non finanziaria deve fornire le informazioni comparandole con quelle indicate negli esercizi precedenti e menzionando lo standard di rendicontazione adottato[5]; peraltro l’impresa occorre che motivi l’eventuale utilizzo di uno standard diverso da quello adottato nel precedente esercizio[6]

Rispetto la forma. il D. Lgs. n. 254/2016 consente di ricorrere alla “metodologia autonoma di rendicontazione”, definita come l’insieme degli standard di rendicontazione[7] e degli ulteriori principi, linee guida[8], criteri ed indicatori di prestazione autonomamente individuati, sempre nell’ottica di adeguarsi alla al contenuto del Decreto[9]. In tal caso, la dichiarazione contiene anche la descrizione, chiara e articolata, della metodologia adottata. In relazione alla scelta degli indicatori di prestazione da utilizzare, l’impresa può selezionare quelli più adatti a rappresentare con coerenza l’attività svolta. Se si ricorre a una metodologia autonoma di rendicontazione ovvero gli indicatori previsti dallo standard di rendicontazione non sono del tutto adeguati a rappresentare con coerenza l’attività svolta e i relativi impatti, l’impresa seleziona gli indicatori più adatti a tale scopo, motivando in modo chiaro e articolato tale scelta. Una Disclosure non finanziaria deve contenere:

  • la descrizione del modello di Corporate Governance adottato, e delle politiche aziendali e commerciali attuate dall’impresa, con i relativi risultati ottenuti;
  • la descrizione e valutazione dei principali rischi connessi all’attività dell’impresa rispetto ai temi ESG che potrebbero impattare sugli stakeholders;
  • la rappresentazione dei principali indicatori di performance non finanziaria inerenti agli ambiti del modello: governance, personale, dipendenti, ambiente, diritti umani, lotta alla corruzione, fornitori, clienti, comunità locale.

I soggetti tenuti al rispetto della normativa non praticano politiche in relazione agli ambiti “non finanziari” sopra precisati, essi indicano nella dichiarazione non finanziaria le ragioni di tale scelta, riferite a ciascun ambito[10], in linea con il principio del comply or explain. Inoltre, si prevede la c.d. clausola di salvaguardia che, in casi eccezionali, consente alle imprese tenute a predisporre la DNF di omettere le informazioni riguardanti gli sviluppi imminenti e le operazioni in corso di negoziazione, qualora la divulgazione possa comprometterne gravemente la posizione commerciale[11]

3) Il ruolo del revisore

In merito all’attività di verifica, il soggetto incaricato della revisione legale del bilancio verifica che:

  • la DNF sia stata effettivamente predisposta dall’impresa. Questa verifica verte sul riscontro materiale di una relazione distinta contenente le informazioni di carattere non finanziario e nel riscontro di un’apposita sezione all’interno della relazione sulla gestione;
  • redige un’attestazione di conformità delle informazioni inserite rispetto gli standards di rendicontazione scelti dalle norme previste dal decreto. 

Specifiche disposizioni sono dedicate alla collocazione della dichiarazione non finanziaria (individuale e consolidata) che può essere una parte integrante della relazione sulla gestione o, in via alternativa, una relazione autonoma

Nel secondo caso, la relazione viene pubblicata sul registro delle imprese, insieme alla relazione sulla gestione. 

Sul piano sanzionatorio, viene delineato un articolato sistema di sanzioni amministrative pecuniarie (da euro 20.000, a euro 150.000) a carico degli amministratori, dei componenti l’organo di controllo e del soggetto incaricato della revisione, riferite a diverse tipologie di inosservanza della nuova disciplina[12]. In via esemplificativa, si prevede la sanzione amministrativa da euro 20.000 a euro 100.000 per i casi di omesso deposito della dichiarazione non finanziaria nei termini e di non conformità della dichiarazione alla disciplina; da euro 50.000 a euro 150.000 nei casi di dichiarazione contenente fatti materiali non rispondenti al vero ovvero che ometta fatti materiali rilevanti.[13]

4) note

[1] Definizione contenuta all’art. 16, co. 1, D. lgs. n. 39/2010: «Enti di interesse pubblico – 1. Le disposizioni del presente capo si applicano agli enti di interesse pubblico e ai revisori legali e alle società di revisione legale incaricati della revisione legale presso enti di interesse pubblico. Sono enti di interesse pubblico: a) le società italiane emittenti valori mobiliari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati italiani e dell'Unione europea; b) le banche; c) le imprese di assicurazione di cui all' articolo 1, comma 1, lettera u), del codice delle assicurazioni private; d) le imprese di riassicurazione di cui all' articolo 1, comma 1, lettera cc), del codice delle assicurazioni private, con sede legale in Italia, e le sedi secondarie in Italia delle imprese di riassicurazione extracomunitarie di cui all'articolo 1, comma 1, lettera cc-ter), del codice delle assicurazioni private. 2 omissis».

[2] Cfr. Art. 3 D. Lgs 254/2016

[3] Cfr. Art. 5. Responsabilità dell'ente 1. L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché' da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

[4] Il comma 2, del già citato art. 6 indica le caratteristiche essenziali per la costruzione del MOG

[5] L’art. 1, punto 1), paragrafo 1), lettera a), della direttiva 2014/95/UE prevede che la dichiarazione di carattere non finanziario contenga una “breve descrizione del modello aziendale dell’impresa”. Tra i contributi metodologici che possono supportare l’impresa nella Disclosure si annoverano due frameworks riconosciuti a livello internazionale: l’International Integrated Reporting (IR) Framework 1.0, dell’International Integrated Reporting Council (IIRC)[5], e le Sustainability Reporting (SR) Guidelines della Global Reporting Initiative (GRI). 

[6] Art. 3, comma 3, D.lgs. 254/2016

[7] Cfr.Peta, M. La rendicontazione non finanziaria ed il modello di sviluppo sostenibile d’impresa” Maggioli, agosto 2021, pag. 43, … “I frameworks di riferimento per la rendicontazione non finanziaria che si sono sviluppati nel tempo sono diversi, e tutti gli aspetti più propriamente operativi sono a tutt’oggi in evoluzione, con una peculiare attenzione verso la trasparenza e l’affermazione di principi rigorosi e riconosciuti…….”.  

[8] Al riguardo si vedano le Linee Guida in materia che la Commissione UE ha pubblicato il 26 giugno 2017.

[9] Cfr. Artt. 1 e 3, co. 4 D.lgs. 254/2016.

[10]Art. 3, comma 7, D.lgs. 254/2016.

[11]Art. 3, comma 8, D.lgs. 254/2016.

[12] Cfr. art. 8, D. Lgs 254/2016

[13] Alla CONSOB spetta la competenza per l’accertamento e l’irrogazione di tali sanzioni, nonché il compito di regolamentare alcune modalità attuative della disciplina, cui l’Autorità ha successivamente provveduto adottando il Regolamento sopra richiamato. In via principale, tale Regolamento disciplina la pubblicazione della DNF e prevede modalità differenziate per i diversi soggetti tenuti a redigerla (es. emittenti quotati; emittenti diffusi), anche in base alla collocazione nella relazione sulla gestione ovvero nella relazione distinta. Inoltre, indica le specifiche informazioni da fornire alla CONSOB e prevede la pubblicazione annuale dell’elenco dei soggetti che hanno pubblicato la dichiarazione non finanziaria.

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