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LA PRESA D'ATTO DELLA MEMORIA DIFENSIVA GARANTISCE IL CONTRADDITTORIO PREVENTIVO?

La presa d'atto della memoria difensiva garantisce il contraddittorio preventivo?

Contraddittorio preventivo garantito se l’Ufficio “prende atto” della memoria difensiva del contribuente? Ma anche no…..analisi dell'Ordinanza n 3090 del 9/2/2021 della Cass

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Ammettiamolo. La questione del contraddittorio preventivo e dell’impatto sul diritto interno delle garanzie offerte dalla Carta di Nizza non è del tutto chiara. Dieci anni quasi di giurisprudenza in senso di estrema coerenza sono stati infatti vanificati dalle Sezioni Unite del dicembre 2015 e dalle elaborazioni successive di quei principi.

Capita allora di leggere pronunce come l’Ordinanza n. 3090 della Sezione Tributaria del 9 febbraio 2021 (Pres. Sorrentino, Rel. Venegoni) nella quale forse non si fa un corretto uso delle profonde e numerose elaborazioni in tema di garanzie endoprocedimentali, pur rifacendosi a precedenti recenti, ma reiterando gli errori in essi contenuti, se possiamo permetterci.

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1) Mancata valutazione espressa delle difese del contribuente e riflessi sulla motivazione dell’atto impositivo

La Corte affronta tra le altre la questione se il vizio dedotto nell'originario motivo di ricorso del contribuente (difetto di motivazione dell'avviso per mancato recepimento di osservazioni fatte in una memoria difensiva) sia decisivo rispetto alla regolarità del successivo atto di accertamento

Nella specie, non è in contestazione il rispetto del termine di cui all'art. 12 comma 7, legge 212 del 2000, ma la mancata risposta alle osservazioni del contribuente al processo verbale di constatazione. 

Per i Giudici di Legittimità la giurisprudenza della Corte “è stabilizzata nel senso di affermare che il contraddittorio è salvaguardato se l'ufficio ha preso in considerazione ed esaminato le osservazioni del contribuente, non se ha dato risposta a ciascuna di esse nell'avviso di accertamento”. 

La Corte esprimendosi in termini più chiari identifica due situazioni di riferimento:

  • se l'ufficio non ha neppure esaminato i rilievi, l'avviso è nullo (sez. VI-5 n. 17210/18); 
  • se li ha esaminati ma non ha inserito nell'avviso le risposte ad essi, l'avviso è valido. 

Citando un precedente della sez. VI-5 n. 29487 del 2018 si precisa: “Come emerge dalla stessa lettura della prima parte del comma 7 - e dal raffronto con il tenore più perentorio della seconda parte, per la quale invece, all'esito di tanto complessa quanto nota evoluzione giurisprudenziale, si è pervenuti a conclusione opposta - all'obbligo dell'amministrazione finanziaria di "valutare" le osservazioni del contribuente (cui l'imposizione del termine dilatorio, questa sì a pena di nullità, è strumentale) non si aggiunge l'ulteriore obbligo di esplicitare detta valutazione nell'atto impositivo, a pena di nullità.' Si tratta di una considerazione assai rilevante, posto che essa va coniugata con l'ulteriore affermazione secondo la quale in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, è valido l'avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente ex art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall'altro lato, l'Amministrazione ha l'obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell'atto impositivo» (Cass.n. n. 8378/2017, Cass. 20781/2016; Cass. 15616/2016). Si vuol dire che la lesione del contraddittorio endoprocedimentale sussiste le sole volte in cui l'ufficio ha manifestato apertamente di non avere considerato le deduzioni difensive esposte dal contribuente nel termine dilatorio - com'è avvenuto nel caso di specie, posto che l'obbligo dell'amministrazione finanziaria di "valutare" le osservazioni del contribuente cui l'imposizione del termine dilatorio, a pena di nullità, è strumentale- e non quando lo stesso ufficio le ha, anche implicitamente, considerate e disattese all'atto di emanare l'accertamento”. 

Venendo al caso concreto si ha una situazione di fatto i cui rilievi giuridici vengono valutati a nostro giudizio in maniera non coerente con le premesse.

La Corte osserva infatti “Nel presente caso, non solo non vi è la prova che l'ufficio non abbia valutato la memoria del contribuente, ma anzi vi è la prova che ciò ha fatto. Lo stesso contribuente afferma, infatti, a pag 18-19 del ricorso in cassazione che l'ufficio nell'avviso ha dato atto di avere "preso atto della memoria presentata dalla parte il 26 maggio 2006". Il fatto che ad essa non abbia risposto in avviso di accertamento, non è quindi causa di nullità. Il motivo, pertanto, è da rigettarsi perché, in ultima analisi, anche la denunciata omissione non è decisiva”.

2) La presa d’atto

Secondo il Dizionario De Mauro prendere atto significa “Constatare che qualcosa è accaduto”.

Il sito di Corriere.it considera l’espressione come sinonimo della parola “Constatare”.

Treccani.it equipara il “prendere atto” al “prendere nota” di qualcosa.

Detto ciò, come abbiamo visto, la Suprema Corte afferma nel caso specifico che la presa d’atto da parte dell’Ufficio della memoria del contribuente configurerebbe da sola il perfezionamento della fase del contraddittorio endoprocedimentale preventivo. Non importa, insomma, che non vi sia stata alcuna elaborazione del contenuto delle difese del contribuente stesso, tradotta nella motivazione dell’atto impositivo. Sono invece sufficienti la constatazione e la presa nota dell’avvenuto deposito.

Ma è davvero così?

3) I principi

Come si ricorderà il principio di garanzia del contraddittorio endoprocedimentale nasce dall’articolo 41 (oltre che dai richiami agli articoli 47 e 48) della Carta di Nizza. La norma citata prevede che “1.    Ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione. 2.   Tale diritto comprende in particolare: a) il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio”.

Alcune sentenze della Corte di Giustizia hanno poi veicolato il predetto principio in ambito tributario. Il particolare, sul tema di cui stiamo trattando, incide in maniera determinante la sentenza 18 dicembre 2008 della Seconda Sezione sul procedimento C-349/07 denominata  “Sopropè”.

Il punto (50) della sentenza precisa cosa si debba intendere come “diritto di essere ascoltato”. Per la Corte “il rispetto dei diritti della difesa implica, perché possa ritenersi che il beneficiario di tali diritti sia stato messo in condizione di manifestare utilmente il proprio punto di vista, che l’amministrazione esamini, con tutta l’attenzione necessaria, le osservazioni della persona o dell’impresa coinvolta”.

L’impatto della giurisprudenza comunitaria sul diritto interno è stato piuttosto rapido.

Un monumentale lavoro uscito nel luglio del 2009 da parte dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione è destinato a lasciare un segno importante. Si tratta della Relazione n. 94 dal titolo “Gli strumenti presuntivi di accertamento del reddito introdotti dal 1989: natura e conseguenze sul piano probatorio”.

Giunta a considerare lo strumento di difesa preventiva, la relazione così si esprime: “Da un lato, diverse decisioni in tema di contraddittorio tra amministrazione e contribuente assumono una portata di carattere trasversale, essendo espressione dei principi generali del “giusto procedimento” (art. 97 Cost.) e di “cooperazione tra amministrazione finanziaria e contribuente” (art. 12, comma 7, Statuto), in funzione dell’attuazione del principio della capacità contributiva (art. 53 Cost). Trattasi, in particolare, delle affermazioni secondo le quali: 

- l’accertamento è nullo se non sia preceduto dalla previa attivazione del contraddittorio con invito al contribuente a fornire chiarimenti sulle ragioni che hanno giustificato lo scostamento rispetto agli “standards” di riferimento;   

- l’amministrazione finanziaria, peraltro, non ha l’obbligo di specificare nella richiesta di chiarimenti le discordanze tra i corrispettivi dichiarati e quelli risultanti dall’applicazione dei predetti standards, ma incombe al contribuente l’onere di chiarire siffatta discordanza; 

- qualora il contribuente, ottemperando all'invito, provveda a trasmettere all'Ufficio le proprie deduzioni, la motivazione dell'eventuale avviso di accertamento deve contenere un'adeguata replica tale da superare le deduzioni della parte. 

- In mancanza, l'atto impositivo dovrà essere considerato nullo per difetto di motivazione;”  

Quando oggi i Giudici della Suprema Corte liquidano una eccezione del contribuente proprio fondata sul difetto di motivazione dell’atto forse dovrebbero spiegarci come questo importantissimo precedente sia stato bypassato.

Non solo. Dopo pochi mesi rispetto al documento del Massimario, arriveranno le Sentenze delle Sezioni Unite del 18 dicembre 2009 sugli accertamenti parametrici. Accertamenti per i quali, come dirà la Corte ancora a Sezioni Unite l’8 dicembre 2015 (n. 24823) pur in un momento di “revisionismo giurisprudenziale”, l’obbligo di contraddittorio preventivo esiste per motivi “ontologici”.

Quindi le sentenze del 2009 sono ancora attuali nel prevedere il contraddittorio preventivo per gli studi di settore e accertamenti analitico-induttivi in generale. Ma rileggendo il contenuto della motivazione del 2009 (ribadiamo, ancora attuale) si vede bene cosa accade se in un contesto nel quale il confronto endoprocedimentale è ritenuto obbligatorio le osservazioni del contribuente non vengono elaborate. Letteralmente “in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena  la   nullità dell’accertamento, con il contribuente (che  può   tuttavia,  restare  inerte assumendo le  conseguenze,   sul  piano  della   valutazione,  di  questo   suo atteggiamento), esito che, essendo alla fine di un percorso  di   adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realtà  economica del  contribuente,   deve  far  parte   (e  condiziona  la   congruità)   della motivazione dell’accertamento”.

Ancora una volta dunque l’impostazione della Corte rispetto a rituali eccezioni del contribuente nella ordinanza di cui parliamo non convince affatto.

Se siamo in un contesto nel quale l’attivazione del contraddittorio preventivo è obbligatoria, insomma, il mancato esame delle osservazioni di parte contribuente e la loro elaborazione nell’atto di accertamento rende viziato quest’ultimo in punto di motivazione.

La successiva Sentenza “Kamino International Logistics” del 3 Luglio 2014 (V Sezione della Corte di Giustizia) dà qualche dettaglio in più della “Sopropè” in relazione al fatto che (punto 39) “il diritto di essere sentiti garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il suo punto di vista durante il procedimento amministrativo e prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi”.

Quindi gli avverbi “utilmente ed efficacemente” parrebbero non coniugarsi bene con la semplice “protocollazione” (o presa d’atto che sia) delle osservazioni del contribuente. Il confronto deve essere effettivo, visto che già la “Sopropè” ci aveva detto che è necessario “che l’amministrazione esamini, con tutta l’attenzione necessaria, le osservazioni della persona o dell’impresa coinvolta”.

D’altro canto proprio la “Kamino” non è tenera neppure con le osservazioni non efficaci di parte contribuente e con le successive conseguenze in giudizio. Al punto (80) si afferma “una violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa comporta l’annullamento della decisione di cui trattasi soltanto quando, senza tale violazione, il procedimento avrebbe potuto condurre ad un risultato differente”. E’ il passaggio che farà parlare poi di invocazione “pretestuosa” (con un infelice termine, mutuato dall’ordinanza di rinvio) del principio del contraddittorio nella sentenza del dicembre 2015 delle Sezioni Unite.

Insomma, se guardiamo questa elaborazione giurisprudenziale della Corte UE con la lente dell’articolo 111 Cost. (con particolare riferimento alla “parità delle parti”) pare di poter dire che siano situazioni da censurare in giudizio sia, da un lato, quella di chi invoca il mancato rispetto del principio del contraddittorio senza argomentare in merito agli effetti, anche solo potenziali, che si sarebbero determinati con il rispetto delle garanzie endoprocedimentali, sia, dall’altro, quella di chi riceve una memoria difensiva, non la elabora ed addirittura si limita a prendere atto della sua presentazione, affermando con ciò di aver ottemperato all’obbligo di confronto preventivo. Sono due forzature, due utilizzi “pretestuosi” di un principio che dovrebbe garantire, viceversa, la collaborazione tra amministrazione e cittadino ed il giusto procedimento.

4) La prassi

Il principio che abbiamo appena elaborato viene confermato a più riprese dalla prassi della stessa Agenzia delle Entrate.

Nella circolare 24/E del 31 luglio 2013, in particolare, l’Agenzia dedica un intero paragrafo della circolare (il 2.3, rubricato “L’attività istruttoria. Il contraddittorio”) alla questione del confronto preventivo con il contribuente. Ribadisce che esiste un vero e proprio obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona, o per mezzo di rappresentanti, per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento…, in conformità quanto già previsto dall’articolo 32, primo comma, n. 2) dello stesso d.P.R. n. 600/73, che disciplina gli ordinari poteri istruttori dell’ufficio. Norma che per la verità non configura un obbligo di contraddittorio, ad avviso di chi scrive, ma una modalità di acquisizione di dati e notizie potenzialmente rilevanti ai fini dell’accertamento.

I passaggi successivi del predetto paragrafo della circolare attengono alla valutazione delle prove che il contribuente dovrà fornire e tutto sommato poco hanno a che vedere con il contraddittorio obbligatorio. L’Agenzia comunque ricorda che esiste un obbligo per l’ufficio di attivare l’accertamento con adesione ai sensi dell’articolo 5 del d.lgs. n. 218/97.

Un altro elemento da sottolineare è il fatto che nella motivazione dell’eventuale atto di accertamento devono essere evidenziate le vicende dell’intero iter accertativo risultante dalle verbalizzazioni dei momenti di confronto con il contribuente ed, in particolare, i motivi del mancato accoglimento delle proposte avanzate dalla parte.

Quindi nel contraddittorio in materia di redditometro la stessa Agenzia delle Entrate precisa che è necessaria una motivazione in ordine alle ragioni del contribuente.

Ancora una volta si ribadisce quindi che se il contraddittorio è obbligatorio esso va condotto in modo da valutare, elaborare ed eventualmente accogliere o confutare le argomentazioni difensive predette.

5) Conclusioni

La “presa d’atto” dell’avvenuta presentazione delle difese non è una considerazione adeguata delle ragioni del contribuente.

Quando la Corte rileva che è il contribuente stesso nel ricorso a riconoscere il fatto, come se fosse risolutivo a favore dell’Amministrazione quanto a reale svolgimento del contraddittorio travisa evidentemente i fatti. Avrebbe dovuto rilevare, a contrario, che è la stessa Agenzia che si limita a una presa d’atto e non elabora affatto le argomentazioni del contribuente.

La presa d’atto è una attestazione di ricevimento. E’ una constatazione di avvenuta presentazione. Non c’entra nulla con la manifestazione “utile ed efficace” (per ripetere le parole della sentenza “Kamino”) del proprio punto di vista.

Anche la considerazione che la mancata motivazione non determina nullità dell’atto di accertamento fuori dalle ipotesi di Legge che prevedano la nullità (conformemente a ciò che hanno affermato le Sezioni Unite nel dicembre del 2015) non è centrata. Le norme che prevedono la nullità esistono e sono l’articolo 7 dello Statuto del contribuente (L. 212/2000), l’articolo 3 della Legge 241/90 da esso richiamato e le norme specifiche sulla motivazione contenute nelle disposizioni sull’accertamento delle singole imposte.

Il fatto di ricondurre l’assoluta mancanza di elaborazione delle argomentazioni del contribuente nel difetto di motivazione dell’atto emanato in violazione del principio del contraddittorio deriva dalla lettura dei principi della Carta di Nizza ed in particolare dell’articolo 41 così come interpretata dalle Corti Eurounitarie. E le conseguenze del mancato contraddittorio, in termini di nullità dell’atto successivo, sono consolidate proprio in quelle sedi giurisdizionali.

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