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LA CONTINUITÀ GESTIONALE DELLE IMPRESE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

La continuità gestionale delle imprese ai tempi del coronavirus

Strumenti per individuare, affrontare e superare la crisi aziendale

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L’attività di impresa è sempre stata caratterizzata dal rischio e dall’incertezza; la comparsa del coronavirus ha creato, come in molte altre circostanze e situazioni di emergenza, un grande scompiglio nella gestione della continuità gestionale delle imprese.
In questo breve articolo non si prenderà in considerazione la continuità aziendale come definita dalle procedure di revisione, bensì il più complesso e particolare caso della gestione aziendale in caso di situazioni di crisi esogene che possono mettere a rischio l’intera gestione dell’attività economica.
Le situazioni e gli eventi esterni che sono in grado di compromettere, in tutto o in parte, la continuità aziendale sono molteplici e possono dipendere da cause naturali o da errori umani: guasti, interruzioni dell’energia o delle comunicazioni, pandemie, terremoti e altre calamità naturali; ma anche errori o distrazioni degli uomini o danneggiamenti delle macchine in seguito a sabotaggi o malfunzionamenti possono attentare alla continuità del business (basti pensare agli attacchi informatici).
Per comprendere come tali eventi possono impattare sulle imprese e in genere sugli enti, dobbiamo ricorrere ai principi declinati dalla dottrina economica aziendale e organizzativa in tema di Business Continuity Management e di Risk Assessment.

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1) I principi Internazionali: l’NFPA 1600

La gestione delle emergenze e della continuità del business (in seguito BC business continuity) derivano per la maggior parte dalle raccomandazioni emanate negli Stati Uniti a seguito degli attacchi terroristici del 2001.

Uno dei primi enti ad occuparsi di questa materia dettando le regole in tema di BC è stata la National Fire Protection Association (NFPA) che negli USA ha realizzato uno standard per la gestione manageriale delle emergenze  e delle crisi.
Il principio è stato approvato da varie associazioni di manager negli USA tra cui la International Association of Emergency Managers (IAEM) e la National Emergency Managers Association (NEMA). Queste organizzazioni collaborano con la NFPA per sviluppare lo standard.
Questo standard è stato aggiornato negli anni fino ad arrivare alla settima edizione del 2019 e si preoccupa di declinare norme e processi necessari a realizzare un programma di gestione che abbia i seguenti obiettivi e fini:

  •  Identificazione dell’evento
  •  valutazione del rischio
  •  analisi dell'impatto sul business
  •  prevenzione / mitigazione delle conseguenze
  •  gestione delle emergenze
  •  continuità aziendale
  •  gestione della crisi
  •  comunicazione della crisi
  •  recupero della normalità

Una emergenza che attiva una nuova crisi viene definita come "un problema, un evento o una serie di eventi con potenziali implicazioni strategiche".
Le implicazioni strategiche possono avere effetti ed impatti che riguardano:

  •  il marchio aziendale
  •  l’immagine
  •  la reputazione
  •  l’operatività
  •  la redditività
  •  l’esistenza stessa dell’ente

Dalla lettera delle raccomandazioni contenute in questo standard comprendiamo quanto sia importante attuare strategie in grado di saper individuare prontamente una crisi e poi mettere in pratica azioni e attività in grado di gestire la fase emergenziale.

La gestione della crisi è un processo che richiede il coinvolgimento dei vari livelli dell’impresa; saranno coinvolti i soci, il top management e anche il personale amministrativo, commerciale e operativo.

Il pensiero di base che ha permesso la creazione di questo standard è abbastanza semplice: in caso di una nuova e grave emergenza, l’operatività aziendale può essere compromessa e il caos può prendere il sopravvento.
Solo un valido e ben strutturato piano di emergenza idoneamente programmato e redatto e comunicato può ridurre il rischio di compromettere la vita dell’ente o le sue funzioni essenziali.

Questo standard si rivolge alle diverse competenze professionali presenti in un ente e ciascuno per la propria materia dovrà dare un contributo a coloro che dovranno dare attuazione al piano di gestione della continuità aziendale BCP – business continuity plan.
Professionalità che vanno dall’esperto di informatica, all’economista aziendale, al responsabile commerciale e senza dimenticare l’apporto dell’ingegnere gestionale, dell’ingegnere di produzione e dell’addetto alla sicurezza del lavoro.

L'adesione a questi standard può aiutare le organizzazioni a preservare la proprietà dei beni aziendali e migliorare la sicurezza dei dipendenti.
La finalità è quella di non interrompere l’attività di impresa, che si tratti di produrre beni o fornire servizi, curandosi di assicurare continuità negli approvvigionamenti, nell’operatività interna e produttiva e nella soddisfazione del cliente, minimizzando i rischi.

2) Il principio ISO 22331

Il principio ISO 22331 Security and resilience — Business continuity management systems — Guidance for business continuity strategy, è una guida tecnica dettagliata per impostare una strategia di gestione della continuità operativa.

Queste procedure mettono in evidenza come un’organizzazione, che intende avviare un processo di generazione di strategie di continuità operativa, deve includere opzioni che prendono in considerazione almeno tre aree:

  •  la protezione delle attività prioritarie
  •  la stabilizzazione, la continuità e la ripresa delle attività prioritarie
  •  la mitigazione, la risposta e la gestione degli impatti

Ci sono dei legami stretti tra il processo di selezione di una strategia di continuità operativa ed il conseguente  piano di continuità aziendale.
Le attività di gran lunga più rilevanti nella gestione dell’elaborazione di un piano di continuità sono:

  •  l’analisi dell’impatto operativo
  •  la valutazione di rischio
  •  l’individuazione e selezione della strategia di continuità
  •  lo sviluppo di procedure efficaci ed efficienti di continuità operativa
  •  la definizione delle modifiche all’organizzazione aziendale
  •  i tempi di recupero della continuità
  •  l’individuazione degli scenari avversi

Lo standard in esame ha il merito, come anche il precedente (NFPA 1600), di andare a mappare i processi aziendali che possono essere attivati per garantire le attività di pianificazione indispensabili alla tempestiva individuazione dei rischi e dei piani di reazione alla crisi.
Tutti e due gli standard conducono le imprese a ragionare in termini di gestione del rischio derivante dall’emergenza, secondo il seguente schema logico:

Quali aree strategiche vanno attenzionate in un piano di continuità aziendale
Quali azioni vanno intraprese e quali aree aziendali vanno attenzionate in un piano di continuità aziendale per rispondere prontamente ad un’emergenza come quella in atto?
Nel ciclo dell’operatività aziendale possiamo distinguere, volendo semplificare, quattro aree strategiche:

  1.  area delle vendite
  2.  approvvigionamenti e logistica
  3.  operazioni – produzione beni e servizi
  4.  amministrazione e finanza

All’interno delle quattro macro-aree saranno individuati i piani organizzativi che coinvolgono il management e i collaboratori dell’impresa, anche al fine di validare le diverse classi di rischio e di operatività aziendale.
Ad esempio se da un lato la funzionalità dell’attività amministrativa potrà essere ridotta, nella normalità dei casi le operazioni produttive dovranno essere mantenute in piedi per garantire la produzione necessaria a consentire la continuità.
Ciascun livello avrà diversi approcci alla tutela della sicurezza del lavoro, per assicurare la salute e l’integrità dei dipendenti diversamente esposti alle minacce.

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3) Azioni per area delle vendite, approvvigionamenti e logistica

Area Vendite

Riuscire a comprendere cosa capita al mercato di riferimento e quindi capire se l’impresa può continuare a vendere i propri beni e servizi è prioritario.
In particolar modo è necessario verificare la tenuta dell’intera rete vendita: negozi, rete agenti e venditori, siti informatici. Anche i mercati di sbocco sono interessati alla crisi? Con quale intensità?

Valgano alcuni esempi che mettono in evidenza le attività fondamentali da realizzare con frequenza periodica (quotidiana o settimanale):

  • Verificare andamento delle trattative e delle richieste di vendita (o degli ordinativi o del numero di accessi dei clienti nei locali), per comprendere se esistono scarti o riduzioni del numero delle trattative rispetto ai periodi precedenti. Un valido indicatore è lo scarto del numero delle trattative o ordini o accessi dei clienti tra il periodo X1 e il numero registrato nel periodo precedente X-1;
  • Assicurare la possibilità di esecuzione delle trasferte sia dei venditori che del personale commerciale o del personale addetto alle attività di assistenza;
  • Verificare andamento dei costi per trasferte e consegne dei beni per comprendere se la nuova fase in concomitanza dell’emergenza appesantisce la struttura dei costi, soprattutto di quelli non a carico del cliente. Un valido Indicatore è lo scarto dei costi per trasferte o consegne del periodo al tempo X1 rispetto ai medesimi costi sostenuti al tempo X-1. Sarà opportuno fare attenzione a confrontare costi che rappresentano lo stesso numero di viaggi, di consegne o di giorni di trasferta. In alternativa si possono confrontare i costi unitari.

Attuare un adeguato piano di sicurezza per il personale che viaggia o che è a contatto con operatori esterni (ad esempio stipula di idonee assicurazioni sanitarie per chi viaggia).

Area approvvigionamenti e logistica

Questa area è di vitale importanza per assicurare la continuità; infatti, sarà indispensabile garantire la continuità del ciclo degli approvvigionamenti di materie prime, semilavorati, prodotti finiti, merci e servizi.
Ad esempio l’impatto sull’operatività di questa area va a monitorare i rischi di interruzione nelle seguenti fasi e funzioni aziendali; saranno sottoposti a verifica:

  • il ciclo degli acquisti, per individuare i fornitori che possono subire a causa dell’emergenza interruzioni delle proprie attività causando ritardi o cessazione delle consegne
  • sempre il ciclo degli acquisti andando a selezionare dei fornitori di beni e servizi che in via alternativa possono essere affiancati o possono sostituire quelli strategici che a causa della crisi cessano o riducono le loro attività
  • il ciclo della logistica in entrata e in uscita per valutare gli spostamenti dei beni dai fornitori ai magazzini dell’azienda e tra i vari magazzini dell’azienda e i clienti finali. I requisiti di consegna del prodotto o del servizio e le scale temporali devono essere verificate costantemente per la continuità o la ripresa delle attività. L’analisi dell’impatto operativo consente di poter individuare le risorse necessarie per portare a termine le attività prioritarie o minime di logistica.

L’impatto della logistica è concatenato tra operazioni in entrata (fornitori), operazioni intra aziendali e operazioni in uscita verso i clienti.
Anche in questo caso andranno effettuati specifici piani di tutela della sicurezza dei lavoratori addetti alla logistica.

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4) Azioni area delle operazioni di produzione e per area amministrazione e finanza

Area delle operazioni di produzione

Attività principali da implementare con cadenza periodica:

  • verificare stato avanzamento delle varie fasi di lavorazione della fase produttiva, elencare i ritardi o i blocchi e i motivi degli stessi. Un indicatore è il grado di completamento del processo produttivo ovvero l’intensità produttiva, data dal rapporto tra output e input di un dato periodo per verificare se le quantità realizzata di beni o servizi è costante o tende a diminuire;
  • Verificare andamento della presenza del personale in produzione per comprendere andamento delle risorse necessarie ad assicurare la normale o minima produttività richiesta;
  • Verificare andamento ed efficienza delle fasi di installazione o manutenzione pre o post-vendita.

Ogni esame deve poter individuare i motivi dei ritardi o dei blocchi per cercare di individuare le cause e rimuoverle.

Negli ambienti di produzione, massima attenzione dovrà essere rivolta alla sicurezza dei lavoratori sia in termini individuali (uso delle precauzioni personali) che collettivi (attenzione e sospensione del lavoro in team, sanificazioni ambientali etc).
Identificare il personale che è soggetto a maggiori rischi per patologie pregresse e porlo a riposo o in ferie o ridurne il coinvolgimento lavorativo. Questa precauzione deve essere usata anche per le altre funzioni e aree aziendali.
La gestione delle mense e delle fasi lavorative che richiedono la presenza di più persone dovranno essere disciplinate in modo da evitare la moltiplicazione dei contatti e dei rischi.

Area amministrazione e finanza

In una situazione di crisi ed emergenza la funzione contabile e finanziaria sono di grande rilievo per poter raccogliere dati e informazioni a supporto delle decisioni il management dovrà prendere per garantire la continuità del business.
Una procedura che in modo assoluto possiamo ritenere strategica sarà quella del controllo di gestione economico e finanziario; questa area dovrà monitorare l’andamento degli incassi dai clienti con periodicità, ove possibile, giornaliera; in questo modo si potrà comprendere se esistono ritardi nei pagamenti sia per motivi dovuti alla contingenza sia per cause non riconducibili alla crisi in atto e ad esempio imputabili a comportamenti opportunistici. In entrambi i casi l’impresa si trova davanti a dei ritardi che sono sintomi di possibili inadempienze contrattuali.

Un Indicatore valido è lo scarto nel numero di giorni di incasso rispetto alla media normalmente registrata dall’impresa. In questi casi si dovranno mettere in atto, dopo le opportune valutazioni, tutte le attività propedeutiche alla tutela e recupero del credito.
Altrettanto importante sarà curarsi di predisporre un piano economico e finanziario a sei mesi, in modo da controllare la continuità economica e aziendale.

Con periodicità mensile, invece, si dovrà redigere un bilancio infrannuale per comprendere l’andamento della gestione complessiva e degli indicatori essenziali di performance.

Sarà opportuno, inoltre, intensificare il monitoraggio dell’andamento del cash flow aziendale e anche in questo caso la verifica andrà fatta sia su base prospettica che storica; in tal modo si potranno analizzare gli scostamenti con l’andamento che la liquidità ha avuto nei periodi precedenti la crisi.
Nell’ottimizzazione della liquidità si potrà pensare se attivare la moratoria bancaria, così da poter postergare i pagamenti dei mutui e dei leasing e migliorare l’andamento delle risorse nel breve periodo.
Allo stesso modo si potranno studiare operazioni di consolidamento a lungo termine di passività per ridurre l’impatto delle rate e conservare le disponibilità finanziarie per gli usi che sono richiesti dalla gestione dell’emergenza.

In ambito amministrativo si potrà valutare di esternalizzare a fornitori alcune fasi o funzioni contabili e fiscali per garantirne la continuità e l’efficienza.
Piani informatici dovranno essere valutati col personale addetto per garantire la continuità delle piattaforme in essere.
Inoltre, sarà necessario:

  • Verificare i fornitori che assicurano i servizi software e hardware indispensabili per l’impresa e acquisire la loro disponibilità di intervento, in presenza o in remoto, per garantire la gestione e la continuità dei servizi contabili e informatici;
  • Verificare e attuare piani di smart working per tutti coloro che possono svolgere mansioni amministrative, contabili, fiscali, di supporto commerciale che non richiedono la presenza negli uffici e non compromettono la continuità aziendale.

Anche per il personale amministrativo andranno messe in atto le migliori pratiche a tutela della sicurezza dei lavoratori.

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5) Come costruire un Business Continuity Plan

Al di là delle raccomandazioni e delle prassi internazionali non ci sono metodi standard e non esiste un piano di continuità operativa che sia ideale per tutte le aziende o che sia idoneo a soddisfare tutte le necessità emergenti in seguito ad una grave crisi.
Ogni ente è una realtà a sé stante e necessiterà di un piano, più o meno dettagliato ed analitico (anche tenuto conto delle dimensioni aziendali), che meglio risponda al caso di specie. La base da cui partire per realizzare un piano di Business Continuity efficace è l’analisi strategica della situazione in atto, delle criticità interne ed esterne e delle priorità.
Quindi, una attenta fase di pianificazione, che sappia guardare agli obiettivi specifici del piano e che riesca a diffondere il piano e comunicarlo a tutti i portatori di interesse, affinché ciascuno faccia la sua parte per metterlo in atto e realizzarlo.
E’ essenziale riuscire ad individuare e comprendere le aree che si intende proteggere, mappando le funzioni che più di altre sono esposte alle criticità e che vanno preservate e assicurate.
Ogni piano di continuità deve prevedere le tempistiche entro cui recuperare la continuità delle varie funzioni soggette ad interruzione e la struttura organizzativa che in caso di crisi prende il comando, per gestire l’emergenza e che normalmente è composta dai capi area.
I capi area riferiranno, ciascuno per le proprie competenze, al business continuity manager designato dai soci o dal consiglio di amministrazione; il BCM sarà responsabile dell’attuazione del piano.

Il piano deve prevedere le possibili perdite e le azioni per la mitigazione degli impatti economici e finanziari e, infine, la gestione degli scenari probabilistici.
Il ritorno alla normalità chiude il piano di continuità.

L’analisi dei dati è un processo di grande importanza che attraversa tutte le fasi dell’emergenza, sia la fase iniziale caratterizzata da un’imponente attività di raccolta delle informazioni, che la fasi di gestione della crisi, e infine la fase finale o di ritorno alla normalità.
Sarà alla fine, infatti, che si controlleranno gli scostamenti e si misureranno le perdite registrate.
Una attenta e valida analisi dati consentirà all’impresa di avere una buona visione di insieme degli eventi e dell’operatività del piano di emergenza, della sua durata e soprattutto della sua efficacia.

Il piano deve contenere un programma di monitoraggio, post crisi, che prova ad intercettare i segnali del possibile ritorno, nel brevissimo periodo, di un nuovo fenomeno emergenziale.
La tecnica aziendale ci consegna oggi molte soluzioni per poter affrontare e gestire le fasi di intensa e improvvisa crisi che coinvolgono le imprese; purtroppo questi sistemi di gestione della continuità sono spesso sottovalutati o messi in atto quando è troppo tardi!

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