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RISCHIO PENALE PER IL RAPPRESENTANTE FISCALE DI SOCIETÀ ESTERA

Rischio penale per il rappresentante fiscale di società estera

Sentenza Cassazione penale 26356/2014: il rappresentantante fiscale in Italia di una società estera è responsabile solidarmente anche se non partecipa attivamente alla "governance" della società

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Con sentenza dell’11.11.2013 la Corte di Appello di Torino ha riformato parzialmente la sentenza del Tribunale di Casale Monferrato - con la quale Q.F.R. era stato condannato, per il reato di cui all’ art. 10 ter, D.Lgs. n. 74 del 2000, ascritto (mancato versamento dell'IVA relativa all'anno 2005 da parte della società estera) .
L'art. 17 del D.P.R. n. 633/1972  prevede che il rappresentante fiscale sostituisca in tutti gli adempimenti relativi all'IVA la società estera e sia  solidalmente responsabile Tale responsabilità comprende anche quella penale ed è quindi irrilevante che l'imputato non avesse svolto alcuna attività nella società, nè si fosse interessato della gestione in quanto l'assunzione di responsabilità deriva direttamente dall'accettazione della nomina.
Nel ricorso per cassazione l'imputato affermava nel primo motivo che la tesi della Corte territoriale per cui la responsabilità del rappresentante fiscale in Italia di una società estera ricomprende anche quella penale è destituita di fondamento, in quanto il rappresentante fiscale potrà rispondere penalmente soltanto nel caso in cui sia provato un suo concorso nel reato posto in essere dalla governance della società, che continua a mantenere il potere assoluto sulle scelte gestionali, finanziarie e fiscali. Peraltro, continua il ricorso,  l’ art. 17, del D.P.R. n. 633/1972, fa riferimento al rappresentante fiscale che è figura differente dal sostituto fiscale. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, non può essere responsabile penalmente il rappresentante fiscale che non sia stato messo dalla governance della società estera nella possibilità di effettuare il versamento IVA dovuto . Inoltre, con il secondo motivo denunciava la manifesta illogicità della motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio.
La Suprema corte, a conferma di precedente orientamento rigetta però  il ricorso, confermando il giudizio di appello e ribadisce il seguente principio di diritto: la sanzione penale trova applicazione nei confronti di "chiunque", pur essendovi obbligato, non provvede al versamento dell’IVA. E l'obbligo, per espresso disposto dell'art.17 del DPR 633/1972, incombe indubitabilmente anche sul rappresentante fiscale, il quale deve assolvere a tutti gli adempimenti previsti dalla normativa in materia di IVA ed in particolare al versamento dell'imposta. E’ indubitabile che "il reato è configurabile anche nei confronti del rappresentante fiscale per l'Italia di società estere, in quanto questi rappresenta l'unico interlocutore, sia pure in solido, per le obbligazioni fiscali e doganali".

1) Per le sentenze della Cassazione Tributaria e del lavoro vedi:

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