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DISABILITÀ E TRASFERIMENTO DEL LAVORATORE

Disabilità e trasferimento del lavoratore

Il diritto del lavoratore disabile a non essere trasferito ad altra sede lavorativa senza il suo consenso non può prescindere dall'accertamento della gravità della disabilità di cui il medesimo è affetto. La sentenza della Cassazione n. 10338/2013

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IL CASO
La Corte d'appello ha accolto parzialmente l'appello proposto dall’azienda nei confronti di un lavoratore che avendo subito, per effetto di un infortunio sul lavoro, la perdita di gran parte  della mano destra, con il riconoscimento del 40% di invalidità, aveva chiesto fosse riconosciuto come illegittimo il trasferimento della sua sede di lavoro.
Per i giudici di secondo grado infatti egli, pur avviato al lavoro come invalido ai sensi della L. 482/1968, non rientrava nella categoria prevista dall’art. 3 della L. 104/1992, che a norma dell'art. 33 della stessa legge non consente al datore di lavoro di trasferire il dipendente senza il suo consenso. Rilevava il giudice d'appello che la L. 104/1992 riconosce la sussistenza di handicap rilevante ai fini dell'applicazione della legge stessa, non a qualsiasi invalidità, ma solo a quelle che comportano una difficoltà fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, "che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione".
Ne consegue che lo stato di invalidità che giustifica l'avviamento al lavoro ai sensi della L. 482/1968, non è necessariamente equiparabile alla definizione di "handicap" della L. 104/1992, la quale prevede, tra l'altro, una specifica procedura per il suo accertamento affidata a commissioni mediche costituite presso le unità sanitarie locali ai sensi della L. 295/1990 art. 1, integrate da un operatore sociale e da un esperto (L. 104/1992 art. 4).
Ha poi precisato che tale accertamento amministrativo, nella specie mancante, non può essere sostituito da un accertamento processuale se non nel caso in cui nel giudizio si impugni proprio il diniego da parte della commissione, ed ha verificato che nel caso in esame lo stesso, al momento della proposizione del ricorso introduttivo del giudizio non era intervenuto. Per tale sola ragione la Corte ha ritenuto che l'appello avrebbe potuto essere accolto e la domanda del lavoratore respinta.
Il lavoratore propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi. Tale ricorso è stato respinto.

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