Se parliamo di welfare aziendale, termine che da qualche anno si sta diffondendo sempre più anche nelle realtà di minori dimensioni, non possiamo non associarlo a un'iniziativa di crescente efficacia sia per:
- la fase di recruiting (attrazione)
- la fase retention (mantenimento) del personale.
Non occorre dilungarsi, in quanto già oggetto di numerosi approfondimenti, su come le dinamiche lavorative siano state impattate dal Covid, che ha prepotentemente portato alla ribalta lo smart working e altre modalità di conciliazione vita-lavoro, ridisegnando l'intera relazione impresa-collaboratore.
Si tratta di cambiamenti, perlopiù irreversibili, con i quali le aziende di ogni dimensione devono confrontarsi quotidianamente se vogliono rimanere competitive nel complesso e dinamico mercato del lavoro.
Il welfare aziendale è quindi un concetto ampio e variegato, alimentato da quella miriade di iniziative che un'azienda può mettere in campo a favore dei propri collaboratori e che costituisce un elemento fondamentale delle politiche ESG, la "S" (Social) appunto.
Detto questo, è bene però non girare troppo intorno alla questione: il datore di lavoro sa che, nella strutturazione della propria strategia di welfare aziendale, vi sono delle leve molto efficaci per l'engagement del personale, e sono quelle che più direttamente si traducono in un beneficio diretto e tangibile.
Per approfondire questa analisi sui fringe benefit leggi: Welfare aziendale fondamentale nelle politiche ESG di Diego Zonta su Blastonline.it
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