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L’ABUSO DEL DIRITTO CON EFFICACIA RETROATTIVA

L’abuso del diritto con efficacia retroattiva

La Corte di cassazione stabilisce che la fattispecie giuridica dell’abuso del diritto rappresenta un “principio immanente nell’ordinamento”

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Poche situazioni giuridiche alimentano il fuoco dell’incertezza del diritto più di una norma dai contorni sfumati che abbia anche efficacia retroattiva rispetto alla sua introduzione.

A giudicare dal principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 862 del 13 gennaio 2022, sembra che la fattispecie dell’abuso del diritto riesca a riassumere entrambe le situazioni.

In origine, nel 2006, la Corte di Giustizia UE, in occasione della famosa sentenza Halifax (causa C-255/02), limitatamente all'IVA, in quanto materia di sua competenza, e in generale in relazione ai tributi armonizzati, ha elaborato una prima nozione di abuso del diritto, in base alla quale la sesta direttiva 77/388/CE del 17 maggio 1977 deve essere interpretata come contraria al diritto del soggetto passivo di effettuare operazioni abusive; definendo come tali quegli atti che, nonostante l’applicazione formale delle norme, siano capaci di produrre un vantaggio fiscale contrario all’obiettivo perseguito da quelle stesse norme.

L’ordinamento italiano non ha tardato a recepire questo angolo di osservazione sul diritto, emanando una prima norma in tema di elusione fiscale: l’articolo 37-bis del DPR 600/73, entrato in vigore nel 2008 e abrogato nel 2015, il quale stabiliva qualificava come “inopponibili all'amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti”.

Successivamente, l’articolo 1 del Decreto Legislativo 128/2015, in vigore dal giorno 1 gennaio 2016, ha introdotto nella Legge 2012/2000 (lo Statuto del contribuente) l’articolo 10-bis Disciplina dell'abuso del diritto o elusione fiscale, secondo il quale “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi”.

La norma, per espressa previsione del comma 5 dell’articolo 1 del Decreto Legislativo 128/2015, prevede che le disposizioni “si applicano anche alle operazioni poste in essere in data anteriore alla loro efficacia per le quali, alla stessa data, non sia stato notificato il relativo atto impositivo”.

Quindi il Legislatore italiano ha emanato una prima definizione di elusione fiscale nel 2008, corretta nel più esteso perimetro dell’abuso del diritto nel 2015, con efficacia retroattiva.

Infine nel 2021, la Corte di Cassazione, in occasione della già citata sentenza numero 862 del 13 gennaio 2022, ha emanato il principio di diritto secondo il quale in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo” che rappresenta un principio immanente nell’ordinamento, anche se “espressamente delineato e codificato solo successivamente al compimento delle condotte oggetto di provvedimento sanzionatorio”.

L’interpretazione della Corte fa da collante ai concetti giuridici di elusione fiscale e abuso del diritto, e ne stabilisce la retroattività, rispetto alle norme che li hanno esplicitamente introdotti nell’ordinamento, quali elementi connaturati nell’ordinamento stesso.

La Corte di Cassazione ha puntualizzato come il vero fondamento giuridico del concetto stesso di abuso del diritto può essere fatto risalire alle intenzioni del Legislatore unionale, in occasione dell’emanazione della sesta direttiva, nel 1977.

Però, anche ammesso che in tema di IVA e di imposte armonizzate si possa fare risalire il fondamento giuridico dell’abuso del diritto alla sesta direttiva del 1977, per le imposte strettamente legate al perimetro dell’ordinamento italiano questo forse dovrebbe essere vincolato alle più limitate connotazioni normative e temporali delle leggi nazionali.

In ogni caso, è oggi stabilito il principio generale della retroattività dell’abuso del diritto.

Ciò che invero più ci si chiede, però, è se, soppesando l’esigenza della riscossione e l’esigenza della certezza del diritto, è davvero opportuno caricare dell’atemporalità un concetto normativo così sfumato come quello dell’abuso del diritto.

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