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RESIDENZA FISCALE ITALIA / SVIZZERA: PRECISAZIONI DELL’AGENZIA SUI COMPENSI DEL DIRIGENTE

Residenza fiscale Italia / Svizzera: precisazioni dell’Agenzia sui compensi del dirigente

Nel rapporto di lavoro svolto all’estero e dipendente fiscalmente residente in Italia vediamo come sono tassate le stock option

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Laddove il rapporto di lavoro sia svolto all’estero ma il dipendente sia fiscalmente residente in Italia, le stock options che maturano in costanza di contratto ricevute dal lavoratore in esecuzione di un piano incentivante sono incluse nella retribuzione convenzionale; viceversa, i corrispettivi ricevuti per la non concorrenza vanno assoggettati a tassazione separata in Italia. 

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1) Introduzione

Il 17 novembre, l’Agenzia delle entrate ha pubblicato la risposta a interpello 783, nella quale fornisce risposte in merito al regime fiscale cui vanno assoggettati taluni redditi percepiti a fronte di un rapporto di lavoro dipendente svizzero di un dirigente che ha mantenuto la residenza fiscale in Italia.

La risoluzione assume particolare rilievo per svariati motivi: 

-    Autorevolezza della fonte: non si tratta di una delle locali direzioni regionali delle entrate, ma della direzione centrale 

-    Vengono fornite interessanti indicazioni relative all’imposizione reddituale in funzione del concetto di residenza fiscale, questione che invece, di regola, non è mai neppure approcciata in sede di interpello 

-    Si offrono opportune precisazioni interpretative relativamente ad alcune norme fondamentali presenti nella Convenzione Italia / Svizzera 

Cionondimeno, la conclusione cui perviene l’Amministrazione presta il fianco a talune criticità da un punto di vista pratico, esponendo di fatto l’istante alla probabile necessità di attivare le c.d. Tie-Breaker rules, ex art. 4 del trattato, al fine di risolvere un potenziale conflitto di residenza fra i due Paesi. 

Ma andiamo con ordine. 

2) Il quesito formulato

L'istante è un dirigente di una società svizzera con contratto a tempo indeterminato che ha lavorato sempre all'interno del medesimo gruppo.

In particolare, dal 2017 è stato alle dipendenze della società svizzera, ricoprendo un ruolo apicale, lavorando in Svizzera e viaggiando in vari Paesi, come stabilito nel suo contratto. In tale sua veste, è stato iscritto al sistema previdenziale svizzero e soggetto alla locale imposizione fiscale e previdenziale sul proprio reddito da lavoro dipendente. Ciononostante, ha continuato a presentare la dichiarazione dei redditi anche in Italia, qui assoggettando a tassazione i redditi ovunque (ossia, anche in Svizzera) prodotti, posto che la sua famiglia vive stabilmente in Italia e per tale ragione, ai sensi dell'articolo 3 del Tuir, ha ritenuto comunque corretto considerarsi fiscalmente residente in Italia a motivo del centro dei propri interessi vitali. 

Nello specifico, i redditi di lavoro dipendente sono stati esposti nel modello unico PF italiano, denunciando quale importo quello corrispondente alle retribuzioni convenzionali di riferimento, ex art. 51, c. 8-bis, Tuir (nell’istanza di interpello non si dà informazione riguardo all’eventuale possesso di altri redditi e/o interessi economici specifici in patria). 

Nel gennaio del 2020, è stato sottoscritto un accordo col datore di lavoro elvetico che prevede: 

-    La risoluzione consensuale dal rapporto di lavoro al 30 aprile 2020 

-    L’erogazione delle seguenti competenze all'atto della cessazione: 

i.    Quota parte di azioni assegnate in base al piano incentivante, maturate interamente in Svizzera nel periodo ricompreso tra l'assegnazione delle stesse e la data di cessazione del rapporto lavorativo, di cui: un ammontare maturato (vested) in data 1° settembre 2020 incluso nella busta paga svizzera del mese di settembre 2020 

ii.    Ulteriore somma (diritti su azioni: Non-Compete and Non-Solicitation Compensation) corrispondente al doppio del salario annuo condizionata al rispetto di taluni obblighi contrattuali di non concorrenza per un periodo di 12 mesi successivi alla data di cessazione del rapporto, pagata per metà in data 30 aprile 2020 e per metà un anno dopo; i diritti, una volta giunte a maturazione le correlative azioni, comportano in via automatica l'assegnazione dei titoli che entrano da quel momento nella piena disponibilità del dipendente beneficiario; la porzione maturata in base alle condizioni di performance sarà determinata dopo la chiusura dell'esercizio, allorché sarà possibile quantificarla; la materiale assegnazione delle azioni avviene in coincidenza con le originali scadenze di vesting (09/2020 – 09/2021 – 09/2022). 

Ovviamente, tutti gli anzidetti benefit, riportati nelle buste paga, sono soggetti a imposizione fiscale e oneri contributivi elvetici. Peraltro, considerato il permanere della sua residenza fiscale, l’istante chiede di conoscere il trattamento tributario previsto al riguardo in Italia. 

Il concetto di residenza fiscale in Svizzera e in Italia

Il caso in questione sembrerebbe presentare problematiche circa una potenziale “doppia residenza fiscale”. Da un lato, infatti, il trattato contro le doppie imposizioni in esame (Convenzione tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera), prevede all’art. 4, sulla falsa riga del modello OCSE che: 

“L'espressione «residente di uno Stato contraente» designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata a imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga”.

Da altro lato, le rispettive normative domestiche indicano criteri differenti per quanto concerne l’attribuzione della residenza fiscale nel Paese. 

In Svizzera, la legislazione definisce il concetto di residenza fiscale all’interno dell’art. 3 della norma sull’imposta federale diretta e dell'art. 3 della Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni. In particolare, è stabilito che i redditi prodotti da una persona fisica siano assoggettabili all’imposta in base alla “appartenenza personale”, qualora il contribuente abbia il domicilio o la dimora fiscale in Svizzera. Nel dettaglio, i concetti di domicilio e di dimora fiscale sono enunciati direttamente dalle disposizioni di carattere tributario: 

“Una persona ha il domicilio fiscale in Svizzera quando vi risiede con l’intenzione di stabilirsi durevolmente o quando il diritto federale ivi le conferisce uno speciale domicilio legale”

Il concetto di domicilio assume dunque una duplice connotazione: sostanziale e formale. La prima, “stabilirsi durevolmente”, attribuisce particolare importanza alle intenzioni del contribuente di risiedere in Svizzera in un arco di tempo durevole. La connotazione formale, “speciale domicilio legale”, prevede automaticamente il domicilio fiscale in Svizzera. 

Secondo le interpretazioni espresse dai tribunali locali, il domicilio di una persona è il luogo in cui risiede con l’intenzione di rimanervi in modo duraturo e tale intenzione si deduce dalle circostanze “oggettive ed esteriori” in base alle quali si rileva il centro degli interessi vitali del contribuente, da intendersi come interessi economici, familiari e sociali. Rilevano, in definitiva, un aspetto soggettivo (intenzione di stabilirsi) e uno oggettivo (centro degli interessi vitali). 

Viceversa, il concetto di dimora fiscale è fondato esclusivamente su dati di fatto: la permanenza fisica nel territorio svizzero oltre determinate soglie temporali, superate le quali si avrà l’assoggettamento illimitato alle imposte. Più nello specifico, la dimora fiscale in Svizzera ai fini dell’imposta federale diretta (e delle conseguenti imposte cantonali) scatta in caso di soggiorno di breve durata “senza interruzioni apprezzabili” esercitandovi un’attività lucrativa; ovvero, di pochi mesi anche senza esercitare attività lucrativa. Pertanto, il permanere di determinati interessi economici e/o attività professionali in Svizzera, può produrre conseguenze in termini di dimora fiscale indipendentemente dalla volontà del contribuente di trasferirsi in un’altra nazione. 

In Italia, la residenza fiscale delle persone fisiche è definita dall’art. 2, c. 2, del Tuir: 

“Si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”. 

Come ricorda l’Agenzia delle entrate anche in questa occasione, i menzionati tre parametri (risultanze anagrafiche, domicilio, residenza) sono alternativi fra loro. Dunque, al fine di stabilire la residenza fiscale italiana, è sufficiente la presenza di uno solo di essi per la maggior parte del periodo d’imposta (183/184 giorni). 

Il primo parametro è un dato meramente formale, frutto della precisa volontà legislativa di identificare la residenza a una circostanza immediatamente riscontrabile: è oramai indiscusso in giurisprudenza che si tratta di una presunzione assoluta di legge. Pertanto, è onere del contribuente che intende acquisire una residenza all’estero (o comunque lavorarci per oltre sei mesi all’anno), preoccuparsi immediatamente di iscriversi all’AIRE, chiedendo contestualmente la cancellazione dall’anagrafe nazionale. 

I restanti due parametri (domicilio e residenza) sono indicati dall’art. 43 del Codice Civile. 

Nel dettaglio, il comma 1, definisce il domicilio come il luogo in cui una persona “ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi”. Senza stare a dilungarci in questa sede su una questione che parrebbe permanere ancora controversa, possiamo affermare che (in linea con il tenore letterale del comma richiamato, con quanto riportato nel commentario OCSE e con ovvie ragioni di buon senso), tra interessi economici e interessi familiari, dovrebbero essere i primi a prevalere nella qualificazione del luogo di residenza. In ogni caso, sarà bene analizzare bene ed esaustivamente l’insieme dei fattori prima di rischiare pericolosi accertamenti. 

Il successivo comma 2, dello stesso art. 43, C.C., specifica poi la residenza come “il luogo in cui la persona ha la dimora abituale”. Analogamente a quanto prima richiamato con riferimento alla normativa elvetica, quindi, anche in questo caso entrano in gioco due aspetti: oggettivo (stabile permanenza nel posto) e soggettivo (volontà di fissarvi la propria dimora). A questo punto, la residenza permane anche se si verificano assenze prolungate dovute a particolari esigenze di vita (studio, lavoro, cura, svago, etc.), fermo restando che – a differenza del domicilio – si presuppone l’esistenza di un’unità immobiliare utilizzata dal contribuente. 

Tutto ciò rappresentato, ne consegue che nel caso in questione l’istante risulta fiscalmente residente in Italia in considerazione della sua iscrizione alle anagrafi nazionali, ma nel contempo potrebbe essere altresì considerato fiscalmente residente in Svizzera a motivo dell’assegnazione automatica di un domicilio legale basato sul protrarsi dei suoi interessi lavorativi nel Paese. 

3) La risposta dell’Agenzia delle entrate

In premessa l’Agenzia precisa che: 

Il parere viene reso nel presupposto (non riscontrabile in questa sede) che il contribuente sia residente in Italia, poiché questa è la situazione di fatto descritta nell'istanza”. 

Come noto, infatti, l’interpello qualificatorio, al pari dell'interpello ordinario, non può comunque avere a oggetto accertamenti di tipo tecnico. Non potrà quindi correttamente qualificarsi istanza di interpello quella tesa a ottenere accertamenti di fatto (esempio: la residenza fiscale) esperibili esclusivamente nelle sedi accertative proprie. In ogni caso, nel proseguo vengono forniti svariati chiarimenti circa la corretta interpretazione delle norme stabilite nella convenzione in materia di competenza impositiva sui redditi prodotti, proprio in funzione della residenza fiscale applicabile. 

Innanzitutto, quanto ai redditi di lavoro dipendente di cui all’art. 15 della Convenzione, il Commentario del Modello OCSE (versione 2017) afferma che l'espressione «i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe» include anche i redditi in natura, tra cui colloca pure le stock option; e chiarisce che la potestà impositiva dello Stato della fonte è subordinata alla condizione che tali compensi in natura derivino da un'attività di lavoro dipendente svolta in detto Stato, non rilevando l'eventuale diverso momento in cui il reddito è corrisposto e la circostanza che la tassazione avvenga in un periodo d'imposta successivo, in cui il dipendente non lavora più in detto Stato. Inoltre, sempre secondo il Commentario, stabilire se, e in che misura, una stock option sia ricollegabile ad attività di lavoro dipendente svolta in un dato Stato implica una valutazione che deve essere effettuata in ciascun caso esaminando tutti gli elementi rilevanti, comprese le condizioni contrattuali del piano, correlati alla suddetta attività lavorativa. 

Ebbene, nella fattispecie in esame sussiste il collegamento con il territorio svizzero, tenuto conto che nel vesting period, ossia nel periodo di maturazione del diritto, il dipendente ha ivi svolto la propria attività di lavoro. Con riguardo alle retribuzioni convenzionali dichiarate in Italia, la disposizione, in deroga alle regole ordinarie di determinazione analitica dei redditi di lavoro dipendente, statuisce che:

Il reddito di lavoro dipendente, prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell'arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398”. 

Sul punto, l'INPS, richiamando il parere a suo tempo espresso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha precisato che per "retribuzione nazionale" deve intendersi il trattamento previsto per il lavoratore dal contratto collettivo, "comprensivo degli emolumenti riconosciuti per accordo tra le parti", con la sola esclusione dell'indennità estero. Ne consegue che, una volta individuata la retribuzione convenzionale, le ulteriori somme erogate non devono essere oggetto di autonoma tassazione.

Pertanto, nel caso in argomento il valore delle azioni maturate nel periodo in cui era in corso il rapporto di lavoro, ricevute in esecuzione del piano incentivante, deve essere considerato incluso nella retribuzione convenzionale.

Relativamente invece alle somme erogate a titolo di Non-Compete and Non-Solicitation Compensation, l’Agenzia rappresenta preliminarmente che, seppure il Modello di Convenzione non contenga una disposizione specifica per tali emolumenti erogati ai dipendenti al momento della cessazione dell'impiego, proprio in ragione del trattamento giuridicamente e fiscalmente differenziato che pagamenti di questo tipo hanno nelle singole legislazioni nazionali, gli stessi sono comunque riconducibili nell'alveo dello stesso art. 15 del Trattato, in ragione della correlazione con l'attività lavorativa prestata. Come noto, detta disposizione stabilisce che i redditi di lavoro dipendente siano assoggettati a imposizione esclusiva nello Stato di residenza del beneficiario, a meno che tale attività lavorativa non venga svolta nell'altro Stato contraente. In tale ultima ipotesi, gli emolumenti devono essere assoggettati a imposizione concorrente in entrambi gli Stati. 

In proposito, occorre dunque individuare il periodo di riferimento rilevante ai fini della ripartizione della potestà impositiva tra Italia e Svizzera, stabilita dalla Convenzione. Ebbene, più nello specifico, se rileva il periodo di vigenza del contratto di lavoro (come avviene a esempio per il TFR); ovvero, se la prevalenza è attribuita agli anni in cui, cessato il rapporto d'impiego, sussiste l'obbligo per l'ex dipendente di non svolgere alcuna attività in concorrenza con l'ex datore di lavoro.

A tale scopo, secondo quanto emerge dal Commentario, benché gli emolumenti corrisposti a fronte dell'assunzione di un obbligo di non concorrenza siano sempre connessi allo svolgimento di un'attività di lavoro dipendente, gli stessi non risultano, nella maggior parte dei casi, collegati direttamente a un'attività lavorativa svolta prima della cessazione del rapporto di impiego. In tali ipotesi, le somme corrisposte saranno pertanto soggette alla potestà impositiva dello Stato in cui il beneficiario degli emolumenti risulterà residente al momento della percezione degli stessi. Il Commentario considera anche l'ipotesi in cui, diversamente, il pagamento effettuato dopo la cessazione del rapporto di lavoro costituisce una remunerazione per attività lavorative svolte mentre era ancora in corso il rapporto d'impiego. Tale circostanza potrebbe, ad esempio, verificarsi nel caso in cui l'obbligo di non concorrenza assunto dall'ex dipendente rivesta poca o nessuna importanza per il datore di lavoro. Ma, conclude l’Agenzia, si tratta di una verifica fattuale, volta anche a escludere eventuali ipotesi di abuso, che non può essere esperita in sede di interpello. Pertanto, assumendo acriticamente quanto indicato dall’istante, si deve ritenere che viceversa l’obbligo in parola rivesta fondamentale importanza per il datore di lavoro. Da cui ne consegue che:

In base all'articolo 15, paragrafo 1, della Convenzione Italia – Svizzera e alla luce dell'interpretazione fornita dal Commentario OCSE, i redditi in esame siano da assoggettare a imposizione esclusiva nello Stato di residenza (Italia) del contribuente al momento della percezione degli stessi”. 

Il trattamento fiscale applicabile in Italia alle erogazioni in argomento è disciplinato dall’art. 17, c. 1, lett. A), TUIR: 

“Altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei predetti rapporti [di lavoro dipendente], comprese l'indennità di preavviso, le somme risultanti dalla capitalizzazione di pensioni e quelle attribuite a fronte dell'obbligo di non concorrenza (...) nonché le somme e i valori comunque percepiti al netto delle spese legali sostenute, (...) a seguito di transazioni relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro”.

In ossequio a tale disposizione, la somma percepita una tantum dall'Istante, anche se con due distinte erogazioni effettuate il 30 aprile 2020 e il 30 aprile 2021, a seguito dell'assunzione di obblighi contrattuali di non concorrenza per un periodo di 12 mesi successivi alla data di cessazione del rapporto di lavoro instaurato in Svizzera, è assoggettata a tassazione separata in Italia. Inoltre, considerato che, nel caso di specie, le somme in questione sono state erogate da un datore di lavoro non residente, il contribuente è tenuto alla presentazione della dichiarazione indicando detti redditi tra quelli soggetti a tassazione separata, compilando il quadro RM del Modello Redditi Persone Fisiche 2021 per gli emolumenti percepiti nel 2020 (la somma percepita nel 2021 sarà dichiarata nel modello dichiarativo relativo a tale annualità). 

4) Conclusioni

Il ragionamento e l’interpretazione normativa svolti dall’Agenzia delle entrate appaiono entrambi assolutamente condivisibili. Resta però il fatto che il risultato che ne consegue dal lato pratico potrebbe comportare una duplicità impositiva Italia / Svizzera non “azzerabile” col sistema del credito d’imposta, atteso che la norma convenzionale indica una potestà impositiva esclusiva e non concorrente. 

Invero, il penultimo estratto appena sopra riportato (imposizione esclusiva nello Stato di residenza [Italia] del contribuente al momento della percezione) non pare tener conto che in forza alla locale normativa domestica, l’istante dovrebbe essere considerato fiscalmente residente anche in Svizzera; oltre tutto, durante tutto il periodo e non soltanto “al momento della percezione” (quanto meno, in base alle dichiarazioni riportate dallo stesso nell’istanza di interpello). 

Pertanto, stante tale situazione, se l’anzidetto contribuente vorrà evitare di essere sottoposto a una probabile ingiusta doppia tassazione, dovrà necessariamente attivare le Tie-Breaker Rules di cui all’art. 4 della Convenziona Italia – Svizzera, al fine di determinare lo Stato di effettiva residenza fiscale e, dunque, la conseguente potestà impositiva.

Allegato

Risposta a interpello n 783 del 17 novembre 2021
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