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per la serie, come addolcire la pillola..

Riferimento: LE BALLE DI PRODI

:mad: YouTube - Le balle di Prodi


ormai ho continuamente NAUSEA e domani andrò dal medico a farmi prescrivere dei farmaci per il VOMITO.


NON NE POSSIAMO PIU !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Già peccatto che un farmaco contro la nause da finanziarie e co. scritte con il cervello, sempre che esista, scollgato non sia ancora in commercio.

Ps sono una nuova bambocciona visto che x rispramire sono tornata a vivere con i miei alla tenera età di 43 anni
 
Come il legislatore risponde alla fervida immaginazione dei contribuenti

L'articolo su fisco oggi lascia veramente senza parole. Merita essere riportato qui in modo che chiunque entri nel forum lo legga e capisca da solo di cosa stiamo parlando!!!!! La mentalità dei nostri governanti traspare piu' che chiaramente: fuori dal palazzo non esistono onesti....e anche indebitarsi per un'azienda è un "trucco" per non pagare tasse!!!!
Ecco comunque l'articolo tratto dal "Notiziario Fiscale dell'Agenzia delle Entrate" che merita rimanga a memoria:
"Interessi passivi, una stretta che viene da lontano
Stanno per cambiare le regole per la loro deducibilità. Le ragioni alla base delle modifiche.
Fanno discutere le modifiche contenute nel disegno di legge sulla Finanziaria per il 2008 riguardanti i nuovi limiti di deduzione degli interessi passivi dal reddito d’impresa. L’accusa che viene, da più parti, mossa è quella per cui le nuove regole penalizzerebbero gli investimenti produttivi e, in primo luogo, le “pmi” molto diffuse in Italia. Se ci si limita a considerazioni, per così dire, “da bar”, il ragionamento sottostante a tale critica non fa una piega. Se si passa sul versante della Politica tributaria (con la P maiuscola) è tutta un’altra storia.
Il ragionamento “semplicistico” è facilmente comprensibile: se un imprenditore è costretto a indebitarsi per produrre ricchezza per il Paese, sopportando interessi passivi che vanno a diminuire la ricchezza prodotta, non è giusto che tali interessi passivi non siano deducibili dai ricavi prodotti, perché si pagherebbero tasse su redditi non prodotti.
Per fare un banale esempio, se un imprenditore ricava 1.000 dalla vendita di beni e servizi e spende 600 per stipendi, salari, materie prime e altri costi generali, oltre a 400 per interessi passivi, l’effettivo reddito prodotto è zero; rendendo indeducibili gli interessi passivi, si potrebbero pagare tasse su un imponibile fino a 400, se tutti gli interessi passivi non fossero ritenuti fiscalmente deducibili.
Dove andrebbe a prendere i soldi per pagare le tasse il nostro imprenditore? Di qui a concludere che così si penalizzano gli investimenti produttivi, il passo è breve.
Conclusione che sarebbe ulteriormente avvalorata, sempre in un’ottica “da bar”, dal fatto che solo gli interessi passivi sono le vittime sacrificali e non anche, ad esempio, i costi per materie prime.
L’uomo qualunque un po’ più accorto non riuscirebbe, in sostanza, a spiegarsi cosa hanno di tanto pericoloso gli interessi passivi rispetto agli altri costi sopportati dall’imprenditore, tali da indurre il legislatore a limitarne la deducibilità ai fini fiscali.
Ebbene, per poter consentire al “non esperto” in questioni fiscali di farsi un’idea un po’ meno semplicistica della realtà, bisogna fornirgli qualche altra informazione.
Solo così si sarà reso un servizio al cittadino, mettendolo nelle condizioni di poter giudicare – come è giusto che sia in un regime democratico – le scelte di politica tributaria.
A questo proposito, è sufficiente ipotizzare che il nostro imprenditore – grazie alla globalizzazione dei mercati finanziari – abbia portato all’estero parte della propria ricchezza finanziaria, avendola depositata in una banca in qualsiasi parte del mondo (per quanto riguarda gli imprenditori italiani, i lidi preferiti sono quelli fisicamente più vicini all’Italia, in primis la Svizzera).
Per essere un po’ più precisi, la banca estera in cui si è depositata la ricchezza fa parte di un gruppo bancario che opera anche in Italia.
Ciò posto, ritorniamo al nostro esempio e domandiamoci: “che convenienza avrebbe il nostro imprenditore, che ha tanti soldi depositati nella sua banca all’estero, di indebitarsi con la banca italiana facente parte dello stesso gruppo economico di quella estera?”.
La risposta dell’uomo qualunque sarebbe: “nessuna convenienza”. Perché il nostro imprenditore non ha affatto bisogno di farsi prestare i soldi dalla banca italiana, avendone già a sufficienza nella banca estera; perciò, non sopporterà gli interessi passivi, ma guadagnerà 400 di reddito d’impresa (1.000 di ricavi – 600 di costi) su cui pagherà le sue brave tasse in Italia.
Ed è qui che casca l’uomo qualunque!
Nel dare questa risposta, non si prende in considerazione un aspetto molto importante che guida il comportamento di ogni imprenditore: le tasse per un imprenditore sono un vero e proprio costo che, al pari di ogni altro onere aziendale, va minimizzato.
È allora evidente che se il nostro imprenditore riesce a escogitare una qualche soluzione per non pagare le tasse e non correre seri rischi di essere beccato, tanto di guadagnato per lui e tanto peggio per l’Erario.
Gli interessi passivi – a differenza dei costi per materie prime, per stipendi, per servizi e per ammortamenti – consentono di non pagare le tasse, senza fare uso di costi per fatture false o senza battere gli scontrini fiscali per ottenere profitti in nero.
Il nostro imprenditore che fa profitti “in bianco” in Italia, proprio grazie agli interessi passivi, li trasferisce – quasi per incanto – in Svizzera o in un altro lido estero. E così l’Erario italiano rimane a bocca asciutta, così come rimarrebbe se non si fossero battuti gli scontrini fiscali o si fossero dedotti costi fittizi.
segue.......
 
Come il legislatore risponde alla fervida immaginazione dei contribuenti

Segue articolo dalla Rivista delle Finanze, Seconda parte:
"Riprendendo l’esempio già fatto, se i 400 di interessi passivi pagati alla banca in Italia corrispondono specularmente a 400 di interessi attivi pagati dalla banca estera, due circostanze sono evidenti:
1. il nostro imprenditore si è “auto-prestato” soldi
2. l’“autoprestito” è avvenuto grazie all’interposizione della banca, la quale sicuramente lucrerà una commissione da interposizione.
Il risultato finale è che imprenditore e banca ci guadagnano a danno dell’Erario italiano: la banca incassa la commissione e l’imprenditore italiano non paga un euro di tasse in Italia sui profitti realizzati.
Messo di fronte a questa situazione, l’uomo qualunque più scaltro potrebbe obiettare: “questo è vero, ma il nostro imprenditore dovrà pagare imposte sui 400 euro di interessi attivi incassati in Svizzera e, quand’anche in tale Paese non pagasse un euro di tasse, perché gli interessi attivi non sono là tassati, è comunque obbligato a dichiarare in Italia gli interessi attivi incassati in Svizzera, perché, come ogni residente in Italia, è tassato sui redditi ovunque prodotti”.
Tutto ciò è vero, ma solo in teoria.
Nella pratica, il nostro imprenditore potrà “spersonalizzare” la propria ricchezza, intestandola a società fiduciarie e trust residenti in Svizzera; in alternativa, qualora non si fidasse di chi dovrà poi gestire i suoi soldi, farà questo semplice ragionamento: “che possibilità ha il Fisco italiano di “scoprire” che non ho pagato le tasse in Italia per interessi attivi guadagnati su un anonimo conto svizzero?”.
Se la risposta a tale domanda è che il Fisco italiano ha basse probabilità, il nostro bravo imprenditore non dichiarerà un euro al Fisco italiano (qui subentra un calcolo costi-benefici da effettuarsi sulla base dell’effettività delle disposizioni normative contenute nella direttiva n. 2003/48/Ce, in materia di tassazione del risparmio transfrontaliero, a contrastare possibili evasioni fiscali).
Il discorso finora svolto per l’imprenditore individuale si complica se si rapporta ai gruppi societari multinazionali.
Il principio sottostante rimane comunque lo stesso: in un’epoca di globalizzazione dei mercati finanziari, i finanziamenti costituiscono un agevole strumento di pianificazione tributaria internazionale, volta a minimizzare il carico impositivo negli Stati a medio-alta fiscalità e a trasferire redditi in Stati a bassa fiscalità o che concedono regimi fiscali privilegiati.
Di fronte a siffatto quadro di riferimento, quale sarà la risposta politica più appropriata?
È evidente che l’uomo qualunque non potrà più candidamente affermare che la limitazione alla deduzione fiscale degli interessi penalizza gli investimenti produttivi, perché dietro a questi si può sempre annidare il trucco degli “autofinanziamenti”.
La risposta più sensata potrebbe, allora, essere quella di distinguere i “veri” finanziamenti dagli “autofinanziamenti”, concedendo la piena deducibilità degli interessi passivi pagati sui primi e negando totalmente la deducibilità a quelli pagati sui secondi.
Tuttavia, riflettendoci un po’ sopra, ci si rende subito conto che non è poi così tanto facile per il Fisco italiano scoprire che in Svizzera il nostro imprenditore ha aperto un conto anonimo su cui vanno a finire i profitti guadagnati in Italia, o che ha “spersonalizzato” la sua ricchezza finanziaria.
Verrà naturale suggerire al legislatore la stipula di accordi tra Autorità politiche, italiane e svizzere.
Tuttavia, gli accordi devono essere voluti da entrambi i contraenti e le Autorità politiche svizzere potranno obiettare a quelle italiane che se i conti anonimi sono svelati per fini fiscali all’Erario italiano, escogitando meccanismi di “ripersonalizzazione” della ricchezza, nessun residente italiano depositerà più un euro nelle banche svizzere, rivolgendosi, ad esempio, a quelle monegasche. Così, la Svizzera, che ha fatto nei secoli del segreto bancario la sua principale fonte di ricchezza, rifiuterà l’accordo.
Le autorità elvetiche potranno rispondere a quelle italiane che solo un accordo multilaterale, cioè tra tutti gli Stati del mondo, può risolvere il problema.
Tuttavia, il nostro uomo qualunque si renderà conto che un accordo del genere difficilmente vedrà mai la luce. E anche se ciò avvenisse, ci sarebbe sempre il rischio che qualche Stato “predichi” bene ma razzoli male.
In questa logica di fondo, è tutta da verificare l’effettiva tenuta sul campo delle previsioni normative contenute nella direttiva n. 2003/48/Ce, in materia di tassazione del risparmio transfrontaliero, la quale comunque non si applica a soggetti di diritto diversi dalle persone fisiche beneficiarie effettive.
Che cosa rimane allora da fare al nostro legislatore?
Risolvere il problema alla radice: negare la deducibilità degli interessi passivi sopportati dagli imprenditori residenti in Italia. Proprio perché consapevole che ci sono imprenditori che quando si indebitano con le banche lo fanno per davvero, la deducibilità non è totale ma parziale.
In tal modo, gli imprenditori che si indebitano per davvero saranno costretti a pagare, in termini di parziale indeducibilità degli interessi passivi, il prezzo di quelli che lo fanno solo finta, i quali, pur subendo la parziale indeducibilità, potranno continuare a trasferire all’estero parte dei profitti guadagnati in Italia.
E’ questa, a mio parere, la filosofia ultima delle proposte di modifica normativa contenute nel disegno di legge finanziaria per il 2008.
Un’ultima osservazione – questa rivolta principalmente agli esperti fiscali – va fatta sulla previsione normativa contenuta nel 3° comma dell’articolo 96 del Tuir, in corso di approvazione.
Consapevole che a seguito della parziale indeducibilità degli interessi passivi, la fervida immaginazione dei contribuenti tenterà di escogitare manovre volte ad aggirare i nuovi limiti in modo da continuare a trasferire impunemente all’estero ricchezza prodotta in Italia, il legislatore ha accolto una nozione sostanzialistica di interessi passivi.
Sono stati, infatti, equiparati agli interessi passivi gli oneri e i proventi assimilati, derivanti da contratti di mutuo, da contratti di locazione finanziaria, dall’emissione di obbligazioni e titoli similari e da ogni altro rapporto avente causa finanziaria, con esclusione degli interessi impliciti derivanti da debiti di natura commerciale.
In tal modo, se – per magia di finanza aziendale creativa – un interesse passivo si trasforma in un costo per derivati sostanzialmente assimilabile a un interesse passivo, anche questo costo subirà la relativa indeducibilità ai fini fiscali. Michele Andriola"
 
Riferimento: per la serie, come addolcire la pillola..

Ciao Luigia.
A monte di ogni decisione c'è sempre e solo la presunzione del sottostante illecito e, questa degli interessi, o meglio l'esempio utilizzato, è l'ultima circostanza a riprova.
Non si ricorre alle banche per pagare 13, 14 o tfr; non si ipotecano immobili dei tirolare di azienda per sopperire al mancato incasso di forniture.....no.
Tutto ciò si fa per eludere, per evadere, per fregare il fisco.
Siamo al ridicolo, come ridicolo posso considerare chi ha stilato il testo.
Sono decenni che la Svizzera non paga interessi sui c/c, cosa più che giustificata dal fatto che se vuoi privacy vera (salvo sporadiche motivate deroghe), allora mi paghi. E in che modo? Ti tengo al calduccio i tuoi soldi e non pretendere nulla in cambio. Ma dove vive sta gente?
Il 99% delle aziende, grandi e piccole, ricorre a varie forme di finanziamento produttrici di interessi passivi e.........
Sinceramente non mi vengono neppure le parole per descrivere lo stato d'animo e, ancora di più, quando sento Visco criticare alcune imposte perchè ingiuste e quando viene ventilata lipotesi di riduzione della pressione fiscale dello 0,000002% quando la base imponibile è già andata al 130%.
Cmq, le fondamenta scricchiolano ma di crepe non se ne vedono, a meno che non siano ben nascoste e non saltini fuori di botto.
Ciao
 
L'indeducibilità degli interessi per punire gli evasori

Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-01058 Versione per la stampa
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Atto n. 3-01058

Pubblicato il 9 novembre 2007
Seduta n. 248

ZANETTIN , COSTA , SCARPA BONAZZA BUORA , ALBERTI CASELLATI , PIANETTA , GIRFATTI , AMATO , CASOLI , VENTUCCI , STRACQUADANIO , BONFRISCO - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
nell’edizione on-line del sito “Fisco Oggi”, notiziario ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, è stato pubblicato in data 7 novembre 2007 un commento relativo alle modifiche che la legge finanziaria per il 2008 pone con riferimento alla disciplina della deducibilità degli interessi passivi dal reddito di impresa, dal titolo “interessi passivi una stretta che viene da lontano”, a firma di Michele Andriola;
il commento, che si propone di spiegare le ragioni di “Politica tributaria (con la 'P' maiuscola)” che sottendono alla scelta di prevedere forti limitazioni alla deducibilità degli interessi passivi per le imprese, illustra la correttezza di tale decisione politica alla luce del fatto che, altrimenti, la deducibilità degli interessi passivi consente alle imprese di continuare a mettere in piedi espedienti che consentono loro “di non pagare le tasse, senza fare uso di costi per fatture false o senza battere gli scontrini per ottenere profitti in nero”;
in sintesi, la tesi sostenuta nell’articolo è che gli imprenditori italiani (la generalità degli imprenditori italiani, evidentemente) sostengono interessi passivi non per necessità, avendo bisogno di finanziare la propria attività (cosa che rende iniqua l’indeducibilità degli interessi passivi dal reddito di impresa), bensì per accurata scelta di malversazione fiscale a danno dello Stato, avendo i capitali propri necessari, ma preferendo portarli all’estero per percepire lì interessi attivi e proventi non tassati in Italia, che vanno a pareggiare gli interessi passivi pagati in Italia, ma fiscalmente dedotti con conseguente occultamento del proprio reddito;
in sintesi, la tesi sostenuta nel citato documento è che “il nostro imprenditore si è auto-prestato i soldi grazie all’interposizione di una banca estera” e che, quindi, non resta al legislatore altra soluzione che stabilire l’indeducibilità degli interessi passivi nella determinazione dei redditi d’impresa;
il pregiudizio ideologico che traspare verso chi fa impresa in Italia, piccolo o grande che sia, potrebbe essere derubricato a puro folklore, se non fosse che:
1) l’autore, Michele Andriola, non è uno sprovveduto che fa commenti “da bar”, bensì un giovane funzionario dell’Agenzia delle Entrate che opera presso la Direzione Centrale Accertamento di Roma - Ufficio Soggetti di grandi dimensioni, ossia in posizione assai vicina ai vertici dell’Agenzia, nonché risulta essere funzionario alquanto considerato all’interno dell’Agenzia stessa, tenuto conto del notevole spazio pubblicistico di cui gode sul Notiziario ufficiale della medesima, nonché delle numerose partecipazioni, in qualità di docente, a corsi e convegni organizzati dall’Agenzia per formare il proprio personale;
2) il luogo di pubblicazione dell’articolo non è una qualsiasi rivista o testata, bensì FiscoOggi, ossia il notiziario telematico ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, con quel che ne consegue in termini di oggettiva responsabilità per ciò che essa ritiene evidentemente degno di pubblicazione;
ciò detto, non si può non evidenziare come l’articolo citato consente di cogliere, con rara trasparenza, le reali motivazioni della novella legislativa, proposta dal Governo, in queste ore all’esame del Parlamento: gli interessi passivi devono essere resi indeducibili dal reddito di impresa come regola generale applicabile a tutte le società di capitali (anche le più piccole, già vessate dagli studi di settore nonostante l’obbligo di tenuta della contabilità ordinaria) perché la regola generale di comportamento degli imprenditori italiani è quella di fare impresa indebitandosi non per necessità di sviluppare il loro progetto, ma per volontà di frodare il Fisco;
queste sono conclusioni aberranti, degne di un inquisitore spagnolo dei tempi che furono, piuttosto che di un soggetto preposto ad assicurare il corretto, sereno ed equo funzionamento del rapporto tra Stato e contribuenti,
si chiede di sapere:
se il Governo, nel suo complesso, condivida le argomentazioni del commento a firma Michele Andriola pubblicato il 7 novembre 2007 nell’edizione on-line del sito “Fisco Oggi”, notiziario ufficiale dell’Agenzia delle Entrate;
se risulti che le tesi espresse nel citato documento coincidono con l’impostazione e le direttive generali che i vertici dell’Agenzia delle Entrate impartiscono ai propri funzionari, a cominciare da quelli apparentemente da essi più apprezzati;
se risulti che l’autore, per esporre siffatte tesi, più degne di un volume sul conflitto di classe che non di un notiziario di carattere fiscale, abbia per di più percepito un compenso in denaro a titolo di diritti d’autore, pagato in ultima analisi anche da quei contribuenti che così bellamente e serenamente diffama.
 
Indeducibilità interessi per punire gli evasori

sembra che qualcuno se n'è accorto......anche nei palazzi.
 
Riferimento: Indeducibilità interessi per punire gli evasori

sembra che qualcuno se n'è accorto......anche nei palazzi.

Forse ci dimentichiamo che esistono aziende di sani principi, che con serie pianificazioni si avvalgono di finanziamenti per investire in azienda macchinari,attrezzature,terreni adibiti a cave di lavorazione ecc.ecc., forse ci dimentichiamo che l'Italietta e' classica nel comportamento non proprio a doc a partire dagli ENTI PUBBLICI nel pagare a tempo ed ora le fatture di lavorazioni eseguiti o forniture effettuate con grande squilibrio finanziario a capo della azienda........alla fine i tartassati anchre questa volta saranno i le medie/piccole come sempre, intanto Guccini canta:
Facciamola finita, venite tutti avanti nuovi protagonisti, politici rampanti, venite portaborse, ruffiani e mezze calze, feroci conduttori di trasmissioni false che avete spesso fatto del qualunquismo un arte, coraggio liberisti, buttate giù le carte tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese in questo benedetto, assurdo bel paese.
Buon lavoro a tutti.-
 
Riferimento: Indeducibilità interessi per punire gli evasori

sembra che qualcuno se n'è accorto......anche nei palazzi.

vedrai che minimizzeranno e che ci passeranno allegramente e volentieri sopra..
prima se ne vanno meglio è.. il punto è che per le poltrone..
 
Riferimento: per la serie, come addolcire la pillola..

D'ora in poi il mio nick sarà "cassandra" o "vaticinio".
Meno male che non sono stato l'unico a cogliere il senso non troppo nascosto dell'argomento trattato e i relatori della nota sono andati giù duro, giustamente.
Io ho definito ridicolo l'articolo, l'esempio e l'estensore ed oggi, ancora di più. mi chiedo dove viva sta gente e in che mani siamo.
Ciao
 
Riferimento: per la serie, come addolcire la pillola..

D'ora in poi il mio nick sarà "cassandra" o "vaticinio".
Meno male che non sono stato l'unico a cogliere il senso non troppo nascosto dell'argomento trattato e i relatori della nota sono andati giù duro, giustamente.
Io ho definito ridicolo l'articolo, l'esempio e l'estensore ed oggi, ancora di più. mi chiedo dove viva sta gente e in che mani siamo.
Ciao
Antò nn è forse più che chiaro in che mani siamo???????????
gli autonomi se questi nn vanno via, son destinati all'estinzione come i dinosauri.
buona giornata, e......... qui piove speriamo in un altro "scivolone" e poi un altro ancora... sto incrociando le dita
 
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