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FRINGE BENEFITS: NUOVI LIMITI DI NON IMPONIBILITÀ NEL 2024

Fringe benefits: nuovi limiti di non imponibilità nel 2024

Dal 2024 nuove soglie di esenzione per i fringe benefits riconosciuti ai dipendenti. Doppio limite di non imponibilità fiscale e previdenziale

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Ad opera dell’art. 6 del DDL di Bilancio, nel prossimo anno cambiano dal punto di vista quantitativo e qualitativo le soglie di esenzione per i fringe benefits riconosciuti ai dipendenti.

Così viene introdotto un doppio limite di non imponibilità fiscale e previdenziale.

Ai dipendenti con figli fiscalmente a carico spetta un plafond esente su base annua di 2.000 euro, mentre, in assenza di figli, i dipendenti accedono al limite annuo di 1.000 euro.

Per mitigare l’impatto delle spese per la casa, sempre entro le soglie indicate, debutta ex novo nel DDL di bilancio l’erogazione ovvero il rimborso delle somme sostenute per le spese dell’affitto della prima casa o per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.

TABELLA. IL QUADRO DELLE CONFERME E DELLE NOVITA’ SUI FRINGE BENEFITS VALIDI PER L’ANNO 2024.

NORMA DI RIFERIMENTO
LIMITE COMPLESSIVO ANNUO DEI FRINGE BENEFITS PER IL 2024
CHI SONO I BENEFICIARI 
COSA COMPRENDE 
Art. 6 del Disegno di legge di bilancio
2.000 euro
Lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico
Il valore dei beni e servizi ceduti o prestati, incluse le somme anticipate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche di acqua, luce e gas, nonché le spese per l'affitto gli interessi sul mutuo per la prima casa

1.000 euro
Lavoratori dipendenti senza figli fiscalmente a carico
Il valore dei beni e servizi ceduti o prestati, incluse le somme anticipate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche di acqua, luce e gas, nonché le spese per l'affitto per la prima casa e gli interessi sul mutuo per la prima casa


1) Fringe benefits: limite di esenzione annuo nel 2024

Nel 2023 la soglia di esenzione è fissata a 3000 euro annui per i lavoratori con figli a carico, al lordo possibili rimborsi in denaro relativi alle utenze domestiche intestate al dipendente. 

Nel 2024, viene stabilito un tetto diversificato per i fringe benefits a seconda della categoria di dipendenti di appartenenza:

  • 2.000 euro per i lavoratori con figli fiscalmente a carico;
  • 1.000 euro per i lavoratori senza figli fiscalmente a carico.

Va ricordato che per il legislatore fiscale sono a carico i figli con un reddito annuo non superiore a 2.840,51 euro al lordo degli oneri deducibili (tetto elevato a 4.000 euro per i figli fino a 24 anni) ai sensi dell’art. 12, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986.

Il rimborso delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, del gas naturale e dell’energia elettrica viene riconfermato e riguarda sia i lavoratori con figli a carico che quelli senza figli a carico.

Si ricorda che, in caso di sforamento del limite, la norma prevede l'imposizione fiscale sul totale dei i beni e servizi erogati.

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2) Fringe benefits: interessi su mutui o spese di affitto

I lavoratori potranno fruire dal 2024 di un aiuto al reddito per far fronte al caro mutui o al caro affitti.

Infatti, rientrano per la prima volta in assoluto, tra le somme erogate o rimborsate in esenzione, gli interessi sui mutui e le spese per l'affitto.

Non presenta difficoltà il meccanismo di fruizione del rimborso o dell'erogazione di somme per le spese dell'affitto.

Dato il quadro macroeconomico attuale, sarebbe auspicabile estendere l'ambito applicativo dei fringe benefits ad altre spese dettate dall’emergenza quali gli interessi su tutte le tipologie di prestito e le spese mediche anche per i figli.

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3) Fringe benefits: procedura da seguire per fruire dei benefit sul mutuo

Nel caso dei mutui, la Circolare Agenzia delle entrate n. 326/E/1997, specifica che l’ambito applicativo della disposizione comprende 

  • sia il finanziamento concesso direttamente dal datore di lavoro 
  • sia le forme di finanziamento concesse da terzi con i quali il datore stesso abbia stipulato accordi o convenzioni, anche in assenza di oneri specifici a proprio carico. 

Di regola, la concessione del prestito agevolato da parte di terzi prevede la stipula di un’apposita convenzione con un istituto di credito in base alla quale il datore di lavoro si accolla una quota degli interessi relativi al prestito erogato al dipendente, corrispondendo direttamente alla banca il relativo ammontare.

Conseguentemente, l’importo corrispondente alla quota degli interessi di cui si fa carico il datore di lavoro non entra nella disponibilità del dipendente e la banca addebita a quest’ultimo la rata del prestito al netto del suddetto ammontare. 

L’Agenzia delle entrate, con la Risoluzione n. 46/E/2010, chiarisce che, se l’azienda accredita il contributo tramite bonifico sul conto corrente su cui avviene la disposizione permanente di addebito del mutuo, con data della valuta di accredito del contributo coincidente con quella di addebito della rata del mutuo da parte della banca, secondo il piano di ammortamento, si evita che il contributo erogato dal datore di lavoro rientri nella disponibilità del dipendente.

Pertanto, secondo le regole generali, ex art. 51, comma 4, lettera b), del T.U.I.R., in caso di concessione di prestiti, compresi i mutui prima casa, concorre al reddito da lavoro dipendente il 50% della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi, computati al netto del contributo erogato dall’azienda.

Dal canto suo, l’azienda deve esporre nelle annotazioni al modello 770, insieme al valore di eventuali compensi in natura concessi ai propri dipendenti, anche l’ammontare del contributo aziendale erogato in relazione ai mutui stipulati dai dipendenti medesimi. 

Va aggiunto, poi, che, in caso di mutuo ipotecario stipulato per l’acquisto, la costruzione ovvero la ristrutturazione dell’abitazione principale, il dipendente mutuatario può fruire della detrazione del 19% degli interessi passivi, ai sensi dell’art. 19, comma 1, lettera b), del T.U.I.R., limitatamente alla quota degli interessi effettivamente rimasta a suo carico, vale a dire al netto del contributo aziendale.

4) Fringe benefits: criticità di rilievo

Il beneficio previsto dal DDL di bilancio può tradursi in uno svantaggio per il dipendente, visto che occorre considerare, per il calcolo degli interessi, il tasso ufficiale di sconto di fine anno.

Qualora quest’ultimo aumentasse, si verificherebbe un differenziale imponibile per le rate precedenti all’aumento, che non è prevedibile a priori da parte del datore di lavoro.

Ne deriva che la circostanza che il contributo datoriale debba essere accreditato sul conto corrente di addebito del prestito nella stessa data in cui la rata viene addebitata comporta una serie di incombenze gravose a carico del datore di lavoro specie se si tratta di mutuo tasso variabile, dal momento che, prima dello scadere di ogni rata, il datore deve aggiornare l’importo del contributo ed effettuare il calcolo dell’eventuale quota imponibile da indicare in cedolino prendendo a riferimento il tasso ufficiale di sconto di fine anno.

Probabilmente sarebbe opportuno, ad esempio, in sede di stesura definitiva della legge di bilancio 2024, consentire il rimborso degli interessi pagati dal dipendente sulla scorta della certificazione rilasciata a fine anno dalla banca o, in caso di erogazione diretta del mutuo, prevedere l’utilizzo, in sede di calcolo del valore imponibile, del tasso di sconto vigente alla data dell’accensione del prestito. 

Fonte immagine: Foto di Mohamed Hassan da Pixabay
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