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CONTRADDITTORIO PREVENTIVO: LA CASSAZIONE MUTA INDIRIZZO

Contraddittorio preventivo: la Cassazione muta indirizzo

Rilettura giurisprudenziale del contraddittorio endoprocedimentale: non esiste un diritto generalizzato al contraddittorio preventivo

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Un tema a lungo dibattuto, vale a dire la fase del contraddittorio endoprocedimentale nell’ambito dell’attività istruttoria tributaria, è stato nuovamente attenzionato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 24823 depositata lo scorso 9 dicembre. La Suprema Corte, rispetto a quanto statuito con precedente sentenza nel 2014, questa volta ha stabilito che allo stato attuale non vi è nell’ordinamento tributario nazionale ed in particolare nella L. n. 212 del 2000 (“Statuto dei diritti del contribuente”), all’art. 12, comma 7, un obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale a carico dell’Amministrazione finanziaria. I giudici di legittimità, quindi, mutando indirizzo hanno fornito una nuova interpretazione circa l’instaurazione della fase difensiva nel procedimento tributario.

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Il contraddittorio endoprocedimentale - Cassazione SU N. 24823/2015

1) Il contraddittorio precontenzioso non è un diritto generalizzato se non previsto espressamente dalla legge

In tema di contraddittorio endoprocedimentale, la Corte di Cassazione, con la sentenza a Sezioni Unite n. 24823 del 9 dicembre 2015, ha invertito la rotta rispetto alle conclusioni a cui la stessa Suprema Corte era giunta con la sentenza n. 19667/2014 (con la quale era stato stabilito il generale diritto al contraddittorio “precontenzioso” scaturente dai dettami dell’ordinamento nazionale, nonché da quello comunitario).

Con la sentenza depositata lo scorso mese di dicembre i Giudici di Piazza Cavour hanno sancito i principi generali a cui deve attenersi il contribuente per presentare memorie o documenti a sua difesa nella fase “precontenziosa”, ovvero quella particolare fase che si instaura al termine dell’istruttoria e della contestazione formale di violazioni rilevate dall’Amministrazione finanziaria e prima dell’emissione dell’atto finale, con la contestuale irrogazione di sanzioni.

Le considerazioni della Corte si aprono con l’analisi del dettato normativo di cui alla Legge n. 2012 del 2000, art. 12, comma 7 (“Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi  di  controllo,  il contribuente puo' comunicare entro  sessanta  giorni  osservazioni  e richieste che sono valutate  dagli  uffici  impositori.  L'avviso  di accertamento  non  puo'  essere  emanato  prima  della  scadenza  del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata  urgenza”) operata sulla base di un articolato quadro giurisprudenziale di riferimento.

Ne emerge, in sostanza, che “la previsione della L. n. 212 del 2000 (Statuto del Contribuente), art. 12, comma 7, non è fonte di un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale a carico dell'Amministrazione fiscale”.

In questi termini l’orientamento del giudice di diritto appare chiaro: le garanzie fissate nella L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l'attività imprenditoriale o professionale del contribuente (indipendentemente dal fatto che l'operazione abbia o meno comportato constatazione di violazioni fiscali). Sulle ragioni di tale limite, la Suprema Corte evidenzia come con le verifiche “in loco” si ha un’intromissione autoritativa dell’Amministrazione finanziaria nei luoghi di pertinenza del contribuente, volta alla ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli. In tale contesto, il contraddittorio rappresenta per il soggetto ispezionato quell’utile confronto tra Amministrazione finanziaria e contribuente che permette a quest’ultimo di fornire chiarimenti in ordine agli elementi acquisiti in sede di accesso.

Nella sentenza in rassegna la Cassazione puntualizza, inoltre, che l’obbligo generalizzato di attivazione del contraddittorio endoprocedimentale in campo tributario non trova fondamento neanche nei principi costituzionali, facendo riferimento, in particolare, agli artt. 24 e 97 della Costituzione, come non può essere ricondotto alla disciplina comunitaria.

In punto di diritto la Corte di giustizia dell’Unione europea, le cui decisioni devono essere utilizzate dai giudici nazionali per formare i propri giudicati, ha stabilito che in seno al procedimento tributario vige l’esclusione del contraddittorio nell’ambito della raccolta di informazioni: "l'amministrazione, quando procede alla raccolta d'informazioni, non è tenuta ad informarne il contribuente né a conoscere il suo punto di vista" (cfr. sentenza 22.10.13, in causa C-276/12 Jiri Sabou: punto 41).

In conclusione la Corte di Cassazione, pur ribadendo l’esclusione dell’esistenza di un principio generale per il quale l'Amministrazione finanziaria, in rapporto a qualsiasi atto lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente, sia tenuta ad attivare (anche in assenza di specifica disposizione e a pena la nullità dell'atto) il contraddittorio endoprocedimentale, ammette che nel campo dei tributi “armonizzati” (quindi di competenza comunitaria come l’I.V.A.) esiste, invece, un obbligo generalizzato al contraddittorio endoprocedimentale, sanzionato, in caso di violazione, con la nullità dell’atto impositivo.

Aggiunge, però, che “affinchè il difetto di contraddittorio endoprocedimentale determini la nullità del provvedimento conclusivo del procedimento impositivo, non è sufficiente che, in giudizio, chi se ne dolga si limiti alla relativa formalistica eccezione, ma è, altresì, necessario che esso assolva l'onere di prospettare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato (cfr. Cass. 11453/14, 25054/13, ss.uu. 20935/09), e che l'opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell'interesse sostanziale, per le quali l'ordinamento lo ha predisposto (Cass., ss.uu., 9935/15, 23726/07; Cass. 1271/14, 22502/13)”.

Di contro ed in ultimo, in tema di tributi "non armonizzati", vale la pena rilevare che per i giudici di legittimità l'obbligo dell'Amministrazione finanziaria di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente qualora sia stato specificamente sancito dal legislatore.

2) In allegato il testo completo della sentenza della Corte di Cassazione

Sentenza n. 24823 del 09/12/2015  - Contraddittorio entoprocedimentale - tributi "armonizzati"- obbligatorietà - inosservanza - conseguenze - onere del contribuente - tributi non armonizzati - applicabilità - condizioni - specifica previsione normativa - necessità

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Allegato

Sentenza Cassazione . 24823 del 9 dicembre 2015
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