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VESTIARIO: LA DEDUCIBILITÀ PER AUTONOMI E PROFESSIONISTI

Vestiario: la deducibilità per autonomi e professionisti

Ai fini della deducibilità è necessario distinguere tra vestiario tecnico da lavoro e vestiario generico

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Alle spese sostenute dal professionista, dal lavoratore autonomo e dall’imprenditore individuale per il vestiario non sono state dedicate norme specifiche dal legislatore e la giurisprudenza è povera di precedenti; motivo per cui, per inquadrare correttamente la fattispecie, si ci dovrà rifare alle norme generali che regolano la deducibilità dei costi dal reddito di lavoro autonomo (per professionisti e autonomi in generale) e d’impresa (per gli imprenditori individuali) e alle poche sentenze sull’argomento che son state pubblicate.

In esame non sono i capi d’abbigliamento acquistati per dipendenti o collaboratori, bensì quelli acquistati dal professionista, dal lavoratore autonomo o dall’imprenditore individuale per se stesso, le cui linee di deducibilità presentano una sensibilità più marcata.

Il punto di partenza è sempre l’inquadramento per natura e, nella situazione in esame, nel perimetro del concetto di vestiario possiamo ritrovare due diverse fattispecie, non necessariamente aventi lo stesso trattamento fiscale:

  • il vestiario tecnico: costituiscono la fattispecie quei capi d’abbigliamento necessari per l’espletamento del lavoro, come può essere, ad esempio, il camice per il medico, o altro;
  • il vestiario generico: costituiscono la fattispecie quei capi d’abbigliamento necessari per una consona presentazione del professionista presso la clientela, ma che non presentano una funzionalità tecnica.

Come anticipato, dal punto di vista normativo si dovrà fare da riferimento alle norme generali che regolano la deducibilità dei costi dal reddito d’impresa e dal reddito da lavoro autonomo.

Per quanto riguarda il reddito d’impresa, risulta fondamentale l’articolo 109 comma 5 del TUIR, il quale prescrive che “le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito”, costitutivo del principio di inerenza.

Per il lavoro autonomo, invece, la norma più attinente è l’articolo 54 del TUIR: questo articolo non demarca altrettanto chiaramente il principio di inerenza, ma la prassi e la dottrina concordano comunque che, anche in questo caso, sia richiesto un rapporto funzionale di collegamento tra costi sostenuti e compensi percepiti, ai fini della deducibilità della spesa.

Per quanto riguarda la giurisprudenza, due sono le sentenze (la seconda è di recente pubblicazione) più rilevanti che prendono in esame la fattispecie, e che permettono di inquadrare la situazione in modo più chiaro:

  • Sentenza numero 6443 del 22/07/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano: la quale afferma una ipotesi di deducibilità parziale al 50% delle spese sostenute per vestiario generico, qualificandole come costi ad uso promiscuo, ed inquadrandoli nell’articolo 54 comma 3 del TUIR;
  • Sentenza numero 177/2 del 14/02/2023 della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Veneto: la quale, premettendo che “in tema di imposte sui redditi, ai sensi dell'articolo 109 del TUIR, per poter dedurre un costo è necessario che lo stesso sia certo e determinato nel suo ammontare, documentato, nonché inerente ossia necessario per l'attività svolta dal professionista”, sostiene che “le spese per l'abbigliamento inteso in senso generico e non specifico per lo svolgimento dell'attività, quale ad esempio una toga per un avvocato e/o una tuta per un artigiano, non rientri in tale disposizione non essendo sufficiente la mera considerazione che anche l'abbigliamento concorra all'immagine del professionista”.

Pertanto, per il vestiario generico non tecnico, se la prima sentenza presentava degli elementi di maggiore apertura, pur con il limite della deducibilità parziale in conseguenza della promiscuità del costo, nella seconda interpretazione la deducibilità è da escludersi per difetto di inerenza.

In ragione di ciò è possibile affermare che:

  • il vestiario tecnico sarà per intero deducibile dal professionista, dal lavoratore autonomo o dall’imprenditore individuale, in quanto strumentale, e di conseguenza inerente, allo svolgimento dell’attività;
  • il vestiario generico, non tecnico, potrà considerarsi deducibile, possibilmente parzialmente, se il professionista, il lavoratore autonomo o l’imprenditore individuale, sarà capace di dimostrare il collegamento esistente tra il costo sostenuto e i ricavi o i compensi percepiti.

In definitiva, in considerazione delle norme generali e delle due sentenze sopra citate, la deducibilità anche parziale delle spese sostenute per vestiario non tecnicamente collegabile all’attività svolta dovrà essere valutata caso per caso e non senza una certa quantità di prudenza.

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