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RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI E WHISTLEBLOWING

Responsabilità amministrativa degli enti e whistleblowing

Reati tributari: delitto di dichiarazione fraudolenta e delitto di indebita compensazione. L'evoluzione del sistema punitivo tributario fino al whistleblowing

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L’introduzione dei reati tributari nell’ambito di applicazione della responsabilità amministrativa degli enti segna il punto di approdo di un lungo percorso diretto al contrasto dell’evasione, sul versante sia preventivo che repressivo.

Sul piano penale, tale intervento è pienamente coerente con lo spirito delle modifiche che recentemente, hanno interessato il sistema tributario e che, in discontinuità con il passato, si sono orientate nella direzione di un deciso inasprimento della reazione punitiva.

Sotto il profilo preventivo, invece, si è inteso perseguire un processo virtuoso in cui le imprese sono chiamate a dare un loro fattivo contributo perché indirizzino la propria organizzazione a evitare, o quantomeno ridurre, le situazioni suscettibili di porre le premesse per la commissione di reati, anche fiscali.

Con riferimento al rischio fiscale, l’ente potrà utilmente far riferimento alla positiva esperienza maturata in seno all’istituto della cooperative compliance, che rappresenta la punta più avanzata di un nuovo approccio tra Fisco e contribuente che, anche su impulso di input elaborati in sede internazionale, è andato via via a caratterizzarsi per la presenza di un sistema partecipato, improntato a principi di collaborazione e buona fede

L’ebook Responsabilità amministrativa degli enti e whistleblowing intende esaminare il percorso normativo e giurisprudenziale che è approdato all’introduzione dell’art. 25-quinquiesdecies, D. Lgs. n. 231/2001, nonché le prime applicazioni operative, evidenziandone i principali profili problematici. 

La trattazione iniziale ripercorre l’evoluzione del sistema penal-tributario, a partire dalla Legge n. 4 del 1929 per soffermarsi sulle riforme succedutesi nel tempo, non sempre di indirizzo omogeneo, fino al D.L. 124 del 2019. 

È presente una panoramica generale sulla disciplina della responsabilità amministrativa degli enti di cui al D. Lgs. n. 231/2001, soffermandosi, in particolare, sui soggetti destinatari della normativa e sui presupposti richiesti ai fini della sua operatività, avuto particolare riguardo alle nozioni di interesse e vantaggio e al ruolo chiave del modello organizzativo quale elemento rilevante ai fini della stessa responsabilità dell’ente o dell’accesso agli istituti premiali. 

Successivamente, vengono approfondite le soluzioni esegetiche con le quali la giurisprudenza, prima del D.L. n. 157/2019, ha tentato di attrarre i reati tributari, allora ancora “grandi assenti” del D. Lgs. n. 231/2001, nell’orbita della responsabilità degli enti, ad esempio valorizzandone la natura di reati-fine o di reati-presupposto di fattispecie già ricomprese nell’elenco delle fattispecie di cui al D. Lgs. n. 231/2001.

Speciale attenzione viene dedicata, quindi, 

  • ai reati presupposto previsti dall’art. 25-quinquiesdecies, D. Lgs. n. 231/2001, e 
  • ai più rilevanti punti di intersezione tra le relative norme incriminatrici e la disciplina di cui al D. Lgs. n. 231/2001. 

Segue la trattazione dei più rilevanti profili problematici legati all’introduzione dei reati tributari nel novero dei reati presupposto della responsabilità degli enti

Infine, specifica attenzione è dedicata alla questione della compatibilità tra il principio del ne bis in idem e il nuovo regime di responsabilità degli enti (al contempo) per illeciti amministrativi tributari e per illeciti amministrativi dipendenti da reati tributari

Sono inoltre oggetto di trattazione:

  • il tema dei modelli organizzativi e della necessità di un loro aggiornamento al fine di tener conto del rischio fiscale. Al riguardo, è dato ampio risalto all’istituto dell’adempimento collaborativo e al tax control framework;
  • il tema della valutazione della idoneità del Modello e saranno proposti esempi pratici, calibrati sul rischio fiscale

Sono poi descritte, seppur in rapidi cenni, le attività della polizia giudiziaria ai fini dell’accertamento della responsabilità amministrativa dell’ente e descritte le conseguenze, nei confronti di quest’ultimo, sul piano sanzionatorio. In particolare, sarà dato conto della complessità del sistema punitivo, che si struttura in sanzioni pecuniarie cui si aggiungono le misure interdittive e le misure ablatorie. Con riferimento a tale profilo, sarà evidenziato il rischio di una sovrapposizione delle misure di confisca

Infine, è illustrata una novità particolarmente rilevante in tema di whistleblowing: Sono, in particolare, affrontati i principali aspetti della normativa di cui al D. Lgs. n. 24/2023, che estende l’ambito di operatività di tale istituto a tutti i soggetti privati, caratterizzati da determinati requisiti dimensionali, a prescindere dall’avvenuta, preventiva adozione di modelli organizzativi. 

L'autrice dell'ebook è la dott.ssa Marta Compagnone.

Segue un estratto dall’ebook riguardante:

  • il delitto di dichiarazione fraudolenta, una delle fattispecie statisticamente più ricorrenti nella prassi giudiziaria e, in ragione della sua insidiosità, la più grave tra i reati tributari e
  • il delitto di indebita compensazione.
Estratto dall'ebook: Responsabilità amministrativa enti e whistleblowing ebook 2023 di 250 pagine 

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Per approfondimenti si consigli la lettura completa dell'eBook: Responsabilità amministrativa enti e whistleblowing Reati tributari: dalle origini del sistema punitivo tributario fino alle novità del whistleblowing; ebook in pdf di 250 pagine

1) Delitto di dichiarazione fraudolenta: uso di fatture per operazioni inesistenti

Recita l’art. 2, D. Lgs. n. 74/2000:

“1. È punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

2. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

2-bis. Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni”.

Si tratta di una delle fattispecie statisticamente più ricorrenti nella prassi giudiziaria e, in ragione della sua insidiosità, la più grave tra i reati tributari, come dimostrano non solo i limiti edittali della pena prevista, ma anche l’assenza di soglie quantitative per la sua configurabilità, sicché anche l’indicazione in dichiarazione di oneri giustificati da una sola fattura, per operazioni inesistenti, di modesto importo, integra gli estremi del reato

Dal punto di vista strutturale, il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti costituisce un reato proprio. 

La condotta ha natura bifasica, in quanto all’utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti deve seguire la presentazione della dichiarazione caratterizzata dall’indicazione di elementi passivi fittizi

Il reato richiede il dolo specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, talché il soggetto si deve rappresentare e deve volere tanto la registrazione in contabilità, o la detenzione ai fini di prova, quanto l’indicazione nella dichiarazione dei relativi elementi passivi fittizi. 

L’art. 6 del D. Lgs. n. 74/2000, nell’ottica di superare l’incriminazione per comportamenti prodromici, ha sancito, anche per il reato di cui all’art. 2 in esame, l’espressa esclusione del tentativo. Al riguardo, il D. Lgs. 14 luglio 2020, n. 75, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale”, ha previsto l’introduzione, al comma 1-bis dello stesso art. 6, di una deroga in base alla quale il tentativo sarà ammissibile per gli atti compiuti anche nel territorio di altro Stato membro dell’Unione Europea al fine di evadere l’IVA per un valore complessivo non inferiore a 10 milioni di euro.

Estratto dall'ebook: Responsabilità amministrativa enti e whistleblowing ebook 2023 di 250 pagine 

2) Il delitto di indebita compensazione

Recita l’art. 10-quater, D. Lgs. n. 74/2000:

“1. È  punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.

2. È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro”.

L’art. 10-quater prevede due distinte fattispecie: il primo comma punisce chiunque non versi le somme dovute, “utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro”; il secondo comma punisce il più grave reato ravvisabile nel fatto di chi non versi le somme dovute, “utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro”[1].

La disposizione, inserita solo in un secondo momento nel D. Lgs. n. 74/2000, risponde alla finalità di colpire le fattispecie che si realizzano in un momento successivo alla determinazione della base imponibile, ovvero che si collocano nell’ambito della fase della riscossione[2].

La condotta si realizza, dunque, nel caso in cui il contribuente, attraverso compensazioni non consentite, si sottragga al concreto versamento di somme dovute a titolo di tributo, provocando un danno all’Erario, celato dall’utilizzo di uno strumento ingannatorio, capace di rendere più complicato il riscontro dell’omesso pagamento. La condotta non si sviluppa, quindi, al generico ricorrere di qualsiasi operazione di “compensazione tributaria”, così come disciplinata dall’art. 8 dello Statuto dei diritti del contribuente, ma richiede la compilazione ed il successivo invio di un modello F24, che attesti l’impiego di crediti “non spettanti” o “inesistenti”.

Per tentare di comprendere l’ambito della norma, non si può che partire dalla disciplina fiscale di riferimento: l’istituto della compensazione, che rappresenta una modalità di estinzione dell’obbligazione tributaria, consistente nell’utilizzo dei crediti vantati nei confronti dell’Erario. 

Si distinguono due tipologie di compensazione: “verticale” e “orizzontale”. 

La compensazione “verticale”, prevista dalle singole leggi d’imposta, consiste nel riporto di un credito ad un periodo successivo al fine di ridurre, mediante detrazione, un debito sorto o che sorgerà nel medesimo periodo. Tale compensazione riguarda i crediti e i debiti relativi al medesimo tipo di imposta e può essere effettuata senza limiti.

La compensazione “orizzontale”, disciplinata dall’art. 17 del D. Lgs. n. 241/97, opera in relazione a crediti e debiti relativi a imposte diverse, contributi, sanzioni e tutti gli altri pagamenti eseguibili con modello F24[3].

Occorre, tuttavia, evidenziare che il richiamo operato nell’art. 10-quater all’art. 17 del D. Lgs. n. 241/97 determina l’applicabilità della sanzione penale ivi prevista per le sole indebite compensazioni effettuate in sede di versamento unificato mediante modello F24 (compensazione orizzontale), non essendo applicabile a quelle operate in sede dichiarativa (compensazione verticale).

Ai fini della demarcazione tra crediti “non spettanti” e crediti “non esistenti”, si ritiene rilevante la definizione di crediti inesistenti fornita dall’art. 13, comma 5, secondo periodo, del D. Lgs. n. 471/97, come modificato dal D. Lgs. n. 158/2015, in base al quale “si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e all’art. 54-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633”.

Nella relazione dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, n. III/05/2015 del 28 ottobre 2015 vengono ritenuti crediti: 

  • “inesistenti”, quelli: (i) che risultano tali sin dall’origine (perché il credito utilizzato non esiste materialmente o perché, pur esistente, è già stato utilizzato una volta); (ii) che non sono esistenti dal punto di vista soggettivo (cioè dei quali è riconosciuta la spettanza ad un soggetto diverso da quello che li utilizza in indebita compensazione); (iii) sottoposti a condizione sospensiva; 
  • “non spettanti”, quelli utilizzati: (i) oltre il limite normativo; (ii) in compensazione in violazione del divieto di compensazione per ruoli non pagati.

Il reato si perfeziona all’atto dell’invio o della presentazione del modello F24 all’istituto di credito convenzionato, cui è stata conferita apposita delega irrevocabile, ai sensi dell’art. 19 del D. Lgs. n. 241/97.

Si tratta, infine, di un reato proprio, nonostante la norma disponga che possa essere commesso da “chiunque”, poiché è sempre richiesto che il soggetto attivo sia chiamato a determinati obblighi verso l’Erario. 

Fronte attualmente di grande attenzione operativa da parte della Guardia di finanza, come attestato dalle numerose attività che hanno portato sovente a sequestri per importi considerevoli, sono le compensazioni inerenti ai crediti fiscali[4].

Ai fini della responsabilità amministrativa degli enti il delitto di compensazione assume rilievo, per scelta del Legislatore, solo in relazione a condotte fraudolente transfrontaliere per importi di evasione all’IVA superiore ai 10 milioni di euro. 

Ciò non può che incidere sulla latitudine applicativa della disciplina di cui al D. Lgs. 231, che non si fatica a immaginare potrebbe essere particolarmente compressa. 

Ulteriore considerazione attiene all’inclusione, forse per disattenzione[5], nell’ambito dei predicate crime di entrambe le fattispecie di cui all’art. 10-quater, nei medesimi termini e con le identiche conseguenze sul piano sanzionatorio, a nulla rilevando il diverso disvalore di cui pur tiene conto il D. Lgs. n. 74/2000[6]

Estratto dall'ebook: Responsabilità amministrativa enti e whistleblowing ebook 2023 di 250 pagine 


[1] La norma, introdotta dall’art. 35, comma 7, del D.L. n. 223/2006, è stata interamente riscritta ad opera del D. Lgs. n. 158/2015. 

[2] Cfr. CARACCIOLI I., Omesso versamento iva, “frodi carosello” e concorso di persone, in Fisco, 2006, 4877, secondo il quale il diverso orientamento “si giustifica per il fatto che, com’è noto, il settore della riscossione è, nell’attuale momento storico, quello che maggiormente soffre, a causa della precarietà delle strutture e delle metodiche riscossive, destinate a lasciare ampi spazi negativi quanto ai risultati attesi. Dunque, il vecchio e tradizionale ricorso alla deterrenza penale continua a mantenere il suo fascino”; in argomento, v. anche BADODI D., Indebita compensazione, in AA.VV., La riforma dei reati tributari. Le novità del D. Lgs. n. 158/2015, a cura di NOCERINO C. -. PUTINATI S, Torino, 2015, 237 ss.; SOANA G.L. - FANELLI O., I reati tributari, IV ed., Milano, 2018, 393 ss.

[3] Tale distinzione non è solo teorica perché è foriera di conseguenze diverse in relazione al raggiungimento del limite massimo entro il quale è possibile effettuare la compensazione.  

[4] In particolare, come illustrato nell’Audizione della Guardia di Finanza alla 5^ Commissione (Programmazione economica e bilancio) il 29 novembre 2022, le attività di indagine del Corpo hanno fatto emergere un’ampia casistica di frode: le fenomenologie più ricorrenti sono riconducibili a: 

- lavori edilizi necessari a conferire il diritto alla detrazione mai avviati; 

- crediti oggetto di plurime cessioni “a catena” che coinvolgono imprese con la medesima sede e/o con gli stessi legali rappresentanti, costituite in un breve arco temporale, che hanno ripreso ad operare dopo un periodo di inattività o che da poco si sono formalmente “riconvertite” all’edilizia, i cui soci o amministratori sono nullatenenti, irreperibili e/o gravati da precedenti penali; 

- immobili sui quali sarebbero stati eseguiti gli interventi agevolati non riconducibili ai beneficiari originari delle detrazioni; 

- lavori edilizi incompatibili con le dimensioni imprenditoriali dei soggetti che li avrebbero effettuati e che avrebbero praticato lo “sconto in fattura”; 

- provviste ottenute con la monetizzazione dei crediti trasferite all’estero o reinvestite in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative. 

[5] LUCEV R., Il delitto di indebita compensazione ex art. 10-quater D. Lgs. 74/2000 sotto la lente della Corte Costituzionale in Giur. Pen., 2 aprile 2018; Omesso versamento di ritenute e IVA e indebita compensazione (artt. 10-bis, 10-ter, 10-quater D. Lgs. n. 74/2000), in (a cura di) SALVINI L.-CAGNOLA F., Manuale professionale di diritto penale tributario, Torino, 2021, 813-814.

[6] Non sfuggirà, infatti, che oltre ad un diverso trattamento sanzionatorio, solo la fattispecie di cui al primo comma può beneficiare della causa di non punibilità di cui all’art. 13 dello stesso decreto.  

Estratto dall'ebook: Responsabilità amministrativa enti e whistleblowing ebook 2023 di 250 pagine 

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3) Responsabilità amministrativa enti e whistleblowing: indice

Prefazione
1. La lunga marcia dell’evoluzione del sistema sanzionatorio penal-tributario 
1.1 Introduzione
1.2 Le origini del sistema punitivo tributario: la L. n. 4/1929
1.3 Il c.d. panpenalismo tributario: la L. n. 516 del 1982
1.4 Il modello di tutela penale incentrato sulla “dichiarazione”: il D. Lgs. n. 74/2000
1.5 L’inasprimento della risposta sanzionatoria: il D.L. n. 124 del 2019 e il D. Lgs. n. 75/2020
2. La disciplina della responsabilità amministrativa degli enti
2.1 Perché riconoscere una responsabilità agli enti? L’urgenza di intervenire tra impulsi esterni ed evidenze empiriche
2.2 La vexata quaestio della natura della responsabilità degli enti da reato
2.3 I destinatari della disciplina
2.3.1 Enti e società di diritto straniero
2.3.2 Società unipersonali e ditte individuali
2.3.3 Esclusioni
2.4 Criteri di imputazione della responsabilità dell’ente
2.4.1 Criteri di imputazione oggettiva
2.4.1.1 Interesse e vantaggio
2.4.1.2 I soggetti apicali e sottoposti
2.4.2 Il criterio d’imputazione del reato all’ente sul piano soggettivo: profili sostanziali
2.4.3 Modelli organizzativi
2.4.4 Il criterio di imputazione dei sottoposti
2.4.5 Il Sistema sanzionatorio
3. La responsabilità amministrativa degli enti per i reati tributari
3.1 La rilevanza della materia tributaria ai fini della responsabilità dell’ente: cenni introduttivi
3.2 L’art. 25-quinquiesdecies
3.3 Prima del novum normativo
3.3.1 I reati tributari quali reati–fine del delitto di associazione per delinquere
3.3.2 I reati tributari quali reati-presupposto del delitto di autoriciclaggio
3.3.3 Il caso “Gubert” e l’ammissibilità della confisca diretta nei confronti dell’ente, affermata dalle SS.UU. Penali della Corte Suprema di Cassazione
4. I reati di riferimento
4.1 Il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, D. Lgs. n. 74/2000)
4.2 La dichiarazione mediante altri artifici (art. 3, D. Lgs. n. 74/2000)
4.3 La dichiarazione infedele (art. 4, D. Lgs. n. 74/2000)
4.4 Il delitto di omessa dichiarazione (art. 5, D. Lgs. n. 74/2000)
4.5 Il delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8, D. Lgs. n. 74/2000)
4.6 Il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10 D. Lgs. n. 74/2000)
4.7 Il delitto di indebita compensazione (art. 10-quater, D. Lgs. n. 74/2000)
4.8 La sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11, D. Lgs. n. 74/2000)
5. Prime applicazioni pratiche e problematiche operative
5.1 Le asimmetrie tra responsabilità della persona fisica e la responsabilità dell’ente
5.2 La tenuta del principio del ne bis in idem tra disciplina penal-tributaria e sanzioni amministrative di matrice tributaria
5.3 La responsabilità amministrative nei gruppi d’impresa
5.4 Arriva la prima condanna per illeciti fiscali ai sensi del D. Lgs. 231
5.5 Considerazioni conclusive
6. La costruzione dei modelli organizzativi
6.1 L’importanza dei modelli organizzativi. Le implicazioni derivanti dall’ingresso dei reati tributari tra i reati-presupposto
6.2 La cooperative compliance
6.2.1 Brevi cenni storici
6.2.2 Tratti salienti della disciplina
6.2.3 Il tax control framework
6.3 “Modello 231” e TCF: un raffronto
6.4 Adeguamento dei modelli organizzativi al rischio fiscale
6.5 Limiti dei modelli organizzativi e possibili ipotesi di lavoro
6.6 L’Organismo di vigilanza.
6.6.1 Le funzioni dell’Organismo di vigilanza: dal riconoscimento della sua importanza alla ipertrofizzazione dei suoi compiti
6.7 La costruzione di modelli di organizzazione, gestione e controllo, con efficacia esimente ex D. Lgs. 231/2001
6.7.1 Pianificazione
6.7.2 Risk assessment
6.7.3 Gap analysis e definizione dei protocolli
6.7.4 Sistema disciplinare
6.7.5 Definizione del piano di formazione
6.7.6 La struttura del modello organizzativo
7. Il sistema sanzionatorio della responsabilità degli enti
7.1 L’accertamento della responsabilità dell’ente ex D. Lgs. n. 231/2001
7.2 Il sistema sanzionatorio
7.3 Le sanzioni pecuniarie
7.4 Le sanzioni interdittive
7.5 Le misure di sicurezza (ablatorie) nei confronti dell’ente
7.6 Le misure di sicurezza (ablatorie) nei confronti della persona fisica
7.6.1 La confisca diretta
7.6.2 Confisca per equivalente
7.6.3 La c.d. confisca allargata
7.7 Conclusioni
8. La disciplina del whistleblowing 
8.1 Premessa
8.2 Il whistleblowing nel contesto internazionale
8.3 (segue) nel quadro euro-unitario
8.4 Gli ultimi approdi in ambito unionale: la Direttiva 2019/1937
8.5 Il tax whistleblower
8.6 (segue) il tax whistleblower in Italia
8.7 Analisi della normativa italiana di riferimento
8.7.1 La disciplina prevista dalla L. 179/2017
8.7.2 Il destinatario delle segnalazioni
8.7.3 La disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 24/2023
8.7.3.1 Ambito soggettivo
8.7.3.2 Oggetto di segnalazione
8.7.3.3 I canali di presentazione delle segnalazioni e le modalità di presentazione
8.7.3.3.1 I canali interni
8.7.3.3.2 Il canale esterno presso ANAC
8.7.3.3.3 Divulgazione pubblica
8.7.4 Le Misure di Protezione
8.7.4.1 La tutela della riservatezza del segnalante
8.7.4.2 Il trattamento dei dati personali
8.7.5 Il divieto di ritorsione ai danni del segnalante
8.7.6 Protezione dalle ritorsioni
8.7.7 Limitazioni di responsabilità per chi segnala, denuncia o effettua divulgazioni pubbliche
8.7.8 Le misure di sostegno
8.8. Le possibili criticità sul piano interpretativo e applicativo della nuova disciplina in tema di whistleblowing
8.9 Considerazioni finali
Conclusioni
Bibliografia

Estratto dall'ebook: Responsabilità amministrativa enti e whistleblowing ebook 2023 di 250 pagine 

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