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LA PROCEDURA DI LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO DEL DEBITORE: I PRESUPPOSTI E L’AVVIO

La procedura di liquidazione del patrimonio del debitore: i presupposti e l’avvio

Il Decreto-Legge n. 179/2012, convertito in Legge n. 221/2012, ha introdotto nella Legge n. 3/2012, una Sezione seconda (artt. 14ter-14terdecises) che disciplina la procedura di liquidazione del patrimonio del debitore in crisi da sovraindebitamento

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In alternativa all’accordo del debitore ed al piano del consumatore, il legislatore ha previsto la procedura di liquidazione dei beni del debitore, che si apre con la domanda del solo debitore e che riguarda l’intero patrimonio di quest’ultimo, salvo i beni espressamente esclusi. Nei casi di revoca, cessazione di diritto, annullamento e risoluzione dell’accordo o del piano del consumatore, la liquidazione dei beni si apre d’ufficio. La procedura di liquidazione, aperta con decreto del Giudice, è attuata da un liquidatore nominato dal giudice e le cui funzioni possono essere svolte dallo stesso organismo di composizione della crisi.

1) I presupposti per l’avvio della procedura di liquidazione

La procedura di liquidazione del patrimonio del debitore può essere utilizzata sia dal consumatore che dalla impresa non soggetta al fallimento, ma, secondo noi, non dagli enti privati senza scopo di lucro od enti non commerciali (categoria del diritto tributario in cui rientrano le associazioni, le fondazioni e i comitati) perché per questi ultimi la legge prevede un’apposita procedura di liquidazione agli artt. 11 – 21 delle Disposizioni per l’attuazione del Codice Civile (questa disciplina è prevista per le persone giuridiche, ma, nella pratica, si applica per analogia anche agli enti di fatto, cioè senza personalità giuridica nel cui caso si aggiunge la responsabilità patrimoniale illimitata degli amministratori delle associazioni e dei membri del comitato) il cui presupposto è l’estinzione o lo scioglimento dell’ente ed a cui consegue la cancellazione dell’ente dal registro delle persone giuridiche (se l’ente è persona giuridica). Non solo, ma nel caso particolare della fondazione liquidare il patrimonio significa togliere all’ente la possibilità di perseguire i suoi scopi e quindi farlo necessariamente estinguere, mentre con la liquidazione del patrimonio disciplinata dalla Legge 3/2012, l’attività del debitore può proseguire.
Per quanto riguarda le società che utilizzano questa procedura facciamo notare che essa non deve essere confusa con quella di liquidazione della società (prevista dagli artt. 2272 – 2283 c.c. per le società di persone e dagli artt. 2484 – 2496 c.c. per le società di capitali e cooperative) perché quest’ultima è la conseguenza dello scioglimento della società, cosa che non è nella liquidazione del patrimonio che serve soltanto a risolvere una crisi da sovra indebitamento, ma non a sciogliere la società, la cui attività prosegue.
L’art. 14-ter della Legge 3/2012 stabilisce che il debitore in stato di sovraindebitamento “in alternativa alla proposta per la composizione della crisi […] può chiedere la liquidazione di tutti i suoi beni” se non è soggetto alle procedure fallimentari disciplinate dal RD 267/1942 e se non ha fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, alle procedure paraconcorsuali disciplinate dalla Legge 3/2012. La lettera della norma non cita espressamente il piano del consumatore, ma che la liquidazione del patrimonio del debitore – consumatore possa essere chiesta in alternativa anche alla procedura del piano del debitore si deduce dal fatto che il comma 4° dell’art. 12-bis, dedicato a quest’ultima procedura, richiama l’alternativa della liquidazione del patrimonio. Inoltre, sarebbe illogico che il debitore – consumatore possa chiedere tale liquidazione se utilizza l’accordo di composizione ma non in alternativa al piano del debitore.

2) La domanda di avvio della procedura di Liquidazione

La domanda di avvio della procedura di liquidazione è proposta al Tribunale competente territorialmente per il luogo di residenza del debitore (se questo è un consumatore), o di quello della sede principale (cioè la sede effettiva dell’attività che può non coincidere con la sede legale) se il debitore è una impresa non soggetta al fallimento. La domanda deve essere corredata della documentazione di cui ai commi 2° e 3° dell’art. 9 della Legge 3/2012, vale a dire:
  • l’elenco di tutti i creditori, con l’indicazione delle somme dovute;
  • l’elenco di tutti i beni del debitore;
  • l’elenco degli eventuali atti di disposizione (vendite, donazioni, remissioni di debito, ecc.) del proprio patrimonio compiuti negli ultimi cinque anni dal debitore;
  • le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni;
  • l’attestazione della fattibilità della liquidazione rilasciata dall’organismo di composizione delle crisi che assiste il debitore;
  • l’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento del debitore e della sua famiglia, previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata dal certificato dello stato di famiglia (se il debitore ha famiglia. Riteniamo che questo punto debba trovare applicazione anche per i soci delle società di persone che possono utilizzare queste procedure se ricavano la maggior parte del loro reddito dall’attività della società);
  • le scritture contabili degli ultimi tre esercizi, se il debitore esercita attività di impresa (comma 2° dell’art. 14-ter).
Alla domanda sono allegati anche l'inventario di tutti i beni del debitore, recante specifiche indicazioni sul possesso di ciascuno degli immobili e delle cose mobili ed una relazione particolareggiata dell'organismo di composizione della crisi (che assiste il debitore anche nella procedura del liquidazione del patrimonio) che deve contenere:
  • l'indicazione delle cause dell'indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore persona fisica nell'assumere volontariamente le obbligazioni;
  • l'esposizione delle ragioni dell'incapacità del debitore persona fisica di adempiere le obbligazioni assunte;
  • il resoconto sulla solvibilità del debitore persona fisica negli ultimi cinque anni (è chiaro che i contenuti di queste prime tre lettere devono essere riportati nella relazione dell’organismo solo se il debitore è una persona fisica);
  • l'indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;
  • il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda(comma 3°).
L’organismo di composizione, entro tre giorni dalla richiesta, da parte del debitore, della relazione particolareggiata di cui al capoverso precedente dà notizia della richiesta e, riteniamo logicamente, del prossimo avvio della procedura di liquidazione del patrimonio all’agente della riscossione (Equitalia od altro) ed agli uffici fiscali, anche presso gli Enti Locali, competenti territorialmente in base all’ultimo domicilio fiscale del debitore (4° comma).
La domanda di avvio della procedura liquidazione è inammissibile se la documentazione presentata non permette di ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale del debitore (5° comma).
Non sono compresi nella liquidazione (cioè non entrano nella massa attiva di essa finalizzata a soddisfare, cioè pagare i crediti ammessi al passivo):
  • i crediti impignorabili ai sensi dell'art. 545 del codice di procedura civile;
  • i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività, nei limiti di quanto occorra al mantenimento suo e della sua famiglia indicati dal giudice (crediti che in gran parte coincidono con quelli di cui alla lettera precedente);
  • i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo (per questi ultimi beni e frutti) quanto disposto dall'art. 170 c.c., cioè fatta eccezione per i debiti contratti dal debitore per scopi estranei ai bisogni della famiglia;
  • le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge (6° comma), ma anche, riteniamo, le somme di denaro impignorabili per legge, come il capitale o la rendita maturata che l’assicuratore deve al contraente od al beneficiario in base ad un contratto di assicurazione sulla vita (art. 1923, 1° comma, c.c.).
Il deposito, cioè la presentazione della domanda di liquidazione sospende, ai soli effetti del concorso con gli altri crediti ammessi al passivo, il corso degli interessi convenzionali o legali fino alla chiusura della procedura di liquidazione, a meno che i crediti non siano assistiti da ipoteca, pegno o privilegio, salvo quanto previsto dagli artt, 2749, 2788 e 2855, commi 2° e 3°, del Codice Civile (comma 7°), cioè salva l’estensione del privilegio accordato al credito alle spese ordinarie per l’intervento nel processo di esecuzione ed agli interessi dovuti per l’anno in corso alla data del pignoramento e per quelli dell’anno precedente e per gli interessi legali maturati dalla data del pignoramento fino a quella della vendita forzata dei beni del debitore, il diritto di prelazione del creditore pignoratizio sugli stessi interessi e l’estensione dell’ipoteca su di essi (solo che in questo caso l’ipoteca si estende agli interessi dovuti per i due anni precedenti e per quello in corso alla data del pignoramento ed agli interessi legali maturati dal termine di quest’ultimo anno fino alla data della vendita forzata dei beni del debitore).
L’art. 14-quater della Legge 3/2012 prevede che la procedura di accordo di composizione della crisi da sovra indebitamento e quella di piano del consumatore possono essere convertite nella procedura di liquidazione del patrimonio del debitore, sulla base di un decreto del Giudice, avente i contenuti di cui all’art. 14-quinquies, comma 2°, che esaminiamo nel prossimo capoverso, emanato su istanza del debitore o di uno dei creditori, nei seguenti casi:
  • di annullamento dell’accordo o di cessazione degli effetti dell’omologazione del piano del consumatore nel caso in cui e' stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo ovvero dolosamente simulate attività inesistenti;
  • quando il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti secondo l’accordo di composizione alle Amministrazioni Pubbliche (comprese le Agenzie fiscali) oppure agli Enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie;
  • se risultano compiuti durante la procedura dell’accordo di composizione atti diretti a frodare le ragioni dei creditori diversi da quelli di cui al primo punto di questo elenco;
  • se il proponente non adempie agli obblighi derivanti dal piano del consumatore, se le garanzie in esso promesse non vengono costituite o se l'esecuzione del piano diviene impossibile per cause imputabili al debitore.

3) Il decreto del giudice di apertura della procedura di Liquidazione

Il Giudice, ai sensi dell’art. 14-quinquies, se la domanda di avvio della procedura di liquidazione del patrimonio del debitore soddisfa i requisiti previsti dall’art. 14-ter (che abbiamo esaminato sopra in questo paragrafo e che riguardano soprattutto la documentazione da allegare alla domanda stessa ed i crediti che non possono essere compresi nell’attivo della liquidazione che andrà a soddisfare i debiti), dichiara aperta con decreto la procedura di liquidazione. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 c.p.c. sui procedimenti in camera di consiglio. Il reclamo verso i provvedimenti del Giudice si propone al Tribunale e del collegio non può fare parte il Giudice che ha pronunciato il provvedimento (comma 1°). Con questo decreto di apertura, il Giudice:
  1. quando non sia stato nominato già nella procedura di accordo di composizione o di piano del consumatore (ai sensi dell'articolo 13, comma 1°), nomina un liquidatore, da individuarsi in un professionista in possesso dei requisiti previsti dall'art, 28 del RD 267/1942 per il curatore fallimentare (cioè di un avvocato o di un commercialista oppure di una società di professionisti o di una persona che abbia svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in una società per azioni). Questo liquidatore, ai sensi del comma 8° dell’art. 15 (trattato nel Paragrafo 8), può essere anche un organismo di composizione delle crisi da sovra indebitamento;
  2. dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione della liquidazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive né acquistati diritti di prelazione sui beni facenti parte del patrimonio oggetto della liquidazione da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore al decreto di apertura della procedura. Dal momento che, però, la disciplina della liquidazione del patrimonio del debitore non prevede un provvedimento di omologazione riteniamo che questa manifestamente errata dicitura della norma si riferisca al decreto del Giudice di chiusura della procedura, previsto dal 5° comma dell’art. 14-novies e trattato nel paragrafo successivo. Nel caso contrario, questa procedura paraconcorsuale, quindi collettiva, dei creditori non avrebbe senso in presenza di azioni esecutive o cautelari individuali di alcuni di questi;
  3. stabilisce idonea forma di pubblicità della domanda e del decreto di apertura, nonché, nel caso in cui il debitore svolga attività d'impresa, l'annotazione degli stessi nel registro delle imprese;
  4. ordina, quando il patrimonio comprende beni immobili o beni mobili registrati, la trascrizione del decreto, a cura del liquidatore;
  5. ordina la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione, salvo che non ritenga, in presenza di gravi e specifiche ragioni, di autorizzare il debitore ad utilizzare alcuni di essi. Il decreto e' titolo esecutivo ed e' posto in esecuzione a cura del liquidatore (il 3° comma sempre dell’art. 14-quinquies specifica pure che il decreto deve intendersi equiparato all’atto di pignoramento);
  6. fissa i limiti di cui all'articolo 14-ter, comma 6°, lettera b), cioè quantifica quanto, delle somme che il debitore guadagna con la sua attività autonoma, oppure col suo salario, stipendio, pensione, assegno alimentare o di mantenimento, ecc., è necessario per il mantenimento del debitore e della sua famiglia e, pertanto, non può essere acquisito alla massa attiva della liquidazione avviata col decreto e, comunque sempre rispettando, ai sensi della lettera a) del comma 6° citato, i limiti di pignorabilità di questi crediti fissati dall’art. 545 c.p.c. per cui, per esempio, i crediti alimentari non sono pignorabili se non per causa di alimenti o i crediti per salari e stipendi non sono pignorabili per più del 50% del loro importo (comma 2° dell’art. 14-quinquies).
La procedura di liquidazione rimane aperta fino alla competa esecuzione del programma di liquidazione ed, in ogni caso, ai fini dell’art. 14-undecies, per i quattro anni successivi al deposito, cioè alla presentazione della domanda da parte del debitore (4° comma dell’art. 14-quinquies). Il fine dell’art. 14-undecies è quello di acquisire alla massa attiva della liquidazione i beni e i crediti del debitore sopravvenuti nei quattro anni successivi al deposito della domanda citata, per poi liquidarli e soddisfare anche con le somme così ricavate i creditori ammessi al passivo della liquidazione.

Allegato

Legge del 27 gennaio 2012 n. 3 - Crisi da sovraindebitamento
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