Con la sentenza n.629 dell’11 gennaio 2023, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di datore di lavoro che con la minaccia di non retribuire una dipendente, le aveva chiesto a di firmare un foglio in bianco e di ritrattare alcune dichiarazioni rese agli ispettori INAIL .
La sentenza era stata emessa dalla Corte di appello che riconosceva nel caso applicabile la definizione di estorsione del Codice penale per il quale il reato si realizza nel momento in cui il soggetto obbliga una persona a compiere un atto, mediante violenza o minaccia di una conseguenza futura, con l’intento di procurare un profitto ingiusto a sé o ad altri. Il datore di lavoro ha fatto ricorso per Cassazione .
Gli Ermellini confermano quanto deciso dalla Corte territoriale in quanto la prospettazione del licenziamento è idonea ad
integrare gli estremi della minaccia, con la conseguenza che i Giudici del merito, nel ravvisare nella condotta dell'imputato il delitto di tentata estorsione, hanno fatto corretta applicazione dei principi enunciati dalla Suprema Corte, nella pronuncia della Sez. 2, n. 3724 del 29/10/2021. In quell'occasione era stato statuito infatti che "integra il delitto di estorsione la condotta del datore di lavoro che, approfittando della situazione del mercato del lavoro a lui favorevole per la prevalenza dell'offerta sulla domanda, costringe i lavoratori, con minacce larvate di licenziamento, ad accettare la corresponsione di trattamenti retributivi deteriori e non adeguati alle prestazioni effettuate."
Nel caso in esame, si sottolinea che il potere di autodeterminazione della vittima è stato compromesso dalla minaccia del licenziamento ed essa è stata posta concretamente in uno stato di soggezione.
La corte afferma anche che la successiva regolarizzazione del rapporto di lavoro non ha rilevanza per il perfezionamento del reato.
Viene inoltre specificato che non si tratta di violenza privata in quanto tale reato non comporta il vantaggio economico assicurato dall'estorsione che si era invece realizzato nel caso di specie.
Vengono anche confermate le misure sanzionatorie con il diniego delle attenuanti generiche in quanto lo stato di
incensuratezza dell'imputato non ha rilevanza mentre sussiste l'aggravante della recidiva che comporta un aggravio di pena non superiore ad un terzo.