Rimborso spese di giustizia

Cosa prevede il decreto attuativo della delega fiscale in merito alla disciplina delle spese processuali nel contenzioso tributario

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Di seguito si riepiloga la normativa sulla rifusione delle spese processuali nel contenzioso tributario anche alla luce di ciò che prevede l’ultimo schema di decreto attuativo della delega fiscale in materia di contezioso tributario. 

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1) Rimborso spese giustizia: disciplina

L’art. 15 del d.lgs. 31.12.1992, n. 546, come regola generale, recita:  “la parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza”. 

Oltre al contributo unificato, le spese di giudizio comprendono gli onorari e i diritti del difensore, le spese generali e gli esborsi sostenuti, oltre il contributo previdenziali e l’IVA, se dovuti (comma 2-ter),

Il comma 2, prima parte, precisa che la compensazione può essere decisa “soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate”.

La normativa sulla rifusione delle spese processuali è oggetto di ulteriori previsioni restrittive quali:

  1. il comma 2-quater, secondo cui “con l’ordinanza che decide sulle istanze cautelari la corte di giustizia tributaria provvede sulle spese della relativa fase. La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo il provvedimento che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza di merito”;
  2. il comma 2-septies, secondo cui nelle controversie sul reclamo-mediazione di cui all’art. 17-bis “le spese di giudizio sono maggiorate del 50% a titolo di maggiori spese di procedimento”; la norma è ancora in vigore per i ricorsi notificati fino al 3.1.2024 di valore non superiore a 50.000 euro (MEF, comunicato 22.1.2024).
  3. il comma 2-octies, secondo cui se è stata fatta una proposta conciliativa da una delle parti ovvero dal giudice, la parte che non l’ha accettata senza giustificato motivo si si vede addebitare “le spese del giudizio maggiorate del 50%, ove il riconoscimento delle sue pretese risulta inferiore al contenuto della proposta ad essa effettuata. Se è intervenuta conciliazione le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione”.

Nel caso di estinzione del giudizio per rinuncia al ricorso (art. 44) solo il ricorrente “deve rimborsare le spese alle altre parti salvo diverso accordo tra di loro. La liquidazione è fatta dal presidente della sezione o dalla corte di giustizia tributaria con ordinanza non impugnabile”.

Nel caso di inattività delle parti (art. 45) “le spese del processo estinto .. restano a carico delle parti che le hanno anticipate”. La stessa regola si applica anche nel caso di cessazione della materia del contendere (art. 46).

Da ultimo, nel caso di giudizio di ottemperanza, la Corte di Giustizia in composizione monocratica decide per il pagamento a favore del contribuente di somme fino a 20.000 euro e comunque per il pagamento delle spese di giudizio (art. 70, comma 10-bis).

Inoltre per effetto dell’art. 96 c.p.c.:

  • se la parte soccombente ha agito o resistito con mala fede o colpa grave, il giudice su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza (primo comma);
  • quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’art. 91, il giudice, anche d’ufficio, “può altresì condannare la parte soccombente al pagamento a favore della controparte di una somma equitativamente determinata” (terzo comma).

Le spese devono essere effettivamente sostenute dalla parte vittoriosa per lo svolgimento delle proprie difese per cui la condanna non può essere disposta a favore della parte che è rimasta contumace.

La Corte di Cassazione è intervenuta sull’argomento precisando che:

  • la mancata statuizione delle spese di giudizio è una vera e propria omissione concettuale e sostanziale che costituisce vizio della sentenza (sentenza 11.3.1925, n. 2869);
  • il ricorso finalizzato ad ottenere una nuova valutazione sui giusti motivi di compensazione delle spese è infondato sussistendo la discrezionalità del giudice, col solo limite del divieto di addossare le spese alla parte vittoriosa (sentenza 12.7.2005, n. 14691);
  • la liquidazione delle spese consente al soccombente, in qualsiasi fase di giudizio, di controllare il rispetto della tariffa e di denunciare l’eventuale violazione (sentenza 12.2.2005, n. 14669);
  • se il contribuente si è difeso personalmente ha diritto ad ottenere la rifusione delle spese, anche se la causa si estingue per cessazione della materia del contendere (commissione tributaria provinciale di Bologna, (sentenza 22.2.2006, n. 20); in senso contrario l’ordinanza 29.11.2023, n. 33157, secondo cui l’annullamento dell’atto è stato fatto dopo aver verificato la sua illegittimità a ridosso della notifica dell’accertamento;
  • se l’ente impositore decide di ritirare in via di autotutela divenuto definitivo non è  esperibile un’autonoma tutela giurisdizionale, sia per la discrezionalità dell’autotutela sia perché “diversamente opinando, si darebbe inammissibilmente ingresso ad una controversia sulla legittimità di un atto impositivo oramai definitivo” (sentenza 6.2.2009, n. 2870);
  • all’amministrazione finanziaria assistita in giudizio da propri funzionari o da propri dipendenti, in caso di vittoria spetta la liquidazione delle spese di lite effettuata applicando la tariffa per gli avvocati con la riduzione del 20% (ordinanza 10.1.2024, n. 1019); lo stesso dicasi per gli enti locali (ordinanza 11.10.2021, n. 27634);

“La valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92, comma 2 c.p.c. rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cassazione, sentenza 12.1.2021, n. 289).

Art. 92 c.p.c.

Il giudice, nel pronunciare la condanna di cui all’articolo precedente, può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue; e può, indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui all’art. 88 (ndr.:dovere di lealtà e di probità), essa ha causato all’altra parte.

Se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero.

Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione.
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2) Rimborso spese giustizia: l'estensione della compensazione delle spese dal 4.1.2024

Il d.lgs. 30.12.2023, n. 220, ha ristretto il riconoscimento della rifusione delle spese di giudizio a favore del contribuente modificando il testo del comma 2 dell’art. 15 secondo cui le spese di giudizio sono compensate (e non più “possono essere compensate … soltanto”!) in caso, non solo, “di soccombenza reciproca” o quando ricorrono gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate”, ma anche “quando la parte è risultata vittoriosa sulla base di documenti decisivi che la stessa ha prodotto solo nel corso del giudizio”.

Art. 15, comma 2

Testo in vigore fino al 3.1.2024Testo in vigore dal 4.1.2024
Le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte dalla corte di giustizia soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate.Le spese del giudizio sono compensate, in tutto o in parte, in caso di soccombenza reciproca e quando ricorrono gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate ovvero quando la parte è risultata vittoriosa sulla base di documenti decisivi che la stessa ha prodotto solo nel corso del giudizio

La finalità delle due disposizioni è duplice: da un lato anticipare i tempi del contenzioso e dall’altro scoraggiare la proposizione di ricorsi con la possibilità della negazione della rifusione delle spese di giudizio ovvero con la compensazione nel caso di soccombenza reciproca o da ultimo, se la causa è stata avviata senza produrre i documenti   a supporto delle ragioni del contribuente prima dell’impugnazione dell’atto impositivo. Ma per la cartella di pagamento non è prevista l’applicazione dell’art. 6-bis della l. 27.7.2000, n. 212, per cui il contraddittorio non è stato avviato. Nè il contribuente ha potuto chiedere l’accertamento con adesione ai sensi del d.lgs. 19.6.1997, n. 218

La modifica  si presta a facili critiche considerando che la distinzione che va fatta tra gli atti impositivi per i quali può ravvisarsi una delle seguenti ipotesi:

  • è previsto il contraddittorio in sede precontenziosa. La soppressione dell’art. 17-bis ora lascia in vita il solo accertamento con adesione per cui se il contribuente dovesse trovarsi nell’impossibilità di produrre i documenti a proprio favore, anche magari per l’inerzia di terzi, risultando vittorioso in udienza, grazie agli elementi ora forniti, si vedrebbe negare la rifusione delle spese processuali; va tenuto presente che, secondo i lineamenti di riforma, in presenza di processo verbale di constatazione, il contribuente non può richiedere l’accertamento con adesione; se la procedura è avviata per il “contraddittorio informato” di cui all’art. 6-bis della l. 27.7.2000, n. 212, per la comparizione, il contribuente può restare indifferente, non partecipando al contraddittorio o non fornendo i chiarimenti e i documenti necessari per l’archiviazione o la riduzione dell’imponibile, rinviando tutto al contenzioso, ma vincendo subisce la compensazione;
  • è assente la fase precontenziosa per “gli avvisi bonari”, di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del d.p.r. 29.9.1973, n. 600, e 54-bis del d.p.r. 26.10.1972, n. 633, gli avvisi di liquidazione e le cartelle di pagamento; per tali atti non è previsto il contraddittorio precontenzioso e i documenti di prova “decisivi” del contribuente vengono prodotti per la prima volta proprio allegandoli al ricorso e, quindi, in giudizio; stando all’interpretazione letterale, nel caso di vittoria, le spese verrebbero compensate;
  • l’avviso di accertamento, generalmente, è fondato su più rilievi per cui frequentemente taluni vengono accolti e altri respinti, evidenziando la soccombenza reciproca che porta alla compensazione delle spese, anche qualora la sentenza cancelli la maggior parte dei rilievi tributari.

In definitiva è facile dedurre che si addebita al solo contribuente l’onere di definire la controversia prima di ricorrere al contenzioso mediante la produzione dei documenti a proprio favore. In questa maniera l’ente impositivo ha l’opportunità di conoscere preventivamente le difese con la facoltà di prescindere dal loro contenuto demandando alla sentenza il compito di decidere sul merito. Anche la semplice dimenticanza o incompletezza dei documenti che necessariamente devono esser allegati al ricorso comporta l’impossibilità di beneficiare della rifusione delle spese.

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3) Rimborso spese giustizia: la rilevanza formale del ricorso

Il nuovo art. 17-ter indica i criteri che devono essere osservati per la redazione degli atti del processo tributario, ma soltanto la mancanza della “sottoscrizione con firma digitale dei provvedimenti giudiziari del giudice tributario determina la loro nullità”.

Tuttavia, nel processo tributario trovano applicazione le regole del codice di procedura civile, tra le quali l’art. 46 delle disposizioni di attuazione che al penultimo comma dispone: “Il mancato rispetto delle specifiche tecniche e sullo schema informatico e dei criteri e limiti di redazione dell’atto non comporta invalidità, ma può essere valutato ai fini della decisione sulle spese processuali”. Le specifiche tecniche sono indicate nel d.m. 7.8.2023, n. 110, che, all’art. 1, precisa che queste vanno osservate “per le cause di valore inferiore a euro 500.000”.

Va ricordato che secondo il nuovo comma 2-nonies dell’art. 15 “nella liquidazione delle spese si tiene altresì conto del rispetto dei principi di sinteticità e chiarezza degli atti di parte”. Infine “la violazione delle disposizioni dei commi da 1 a 3, nonché delle vigenti norme tecniche del processo tributario telematico, non costituisce causa di invalidità del deposito salvo l’obbligo di regolarizzarlo nel temine perentorio stabilito dal giudice” (art. 16-bis, comma 4-bis), ma “la liquidazione delle spese del giudizio tiene in ogni caso conto della violazione ad opera dei difensori delle parti” di tale previsione (art. 17-ter, comma 3).

Soprattutto per le controversie di valore minore, che sono le più numerose, il contribuente che decide di proporre l’impugnazione dell’atto impositivo, già di per sé stesso adempimento oneroso dal punto di vista procedurale e telematico, soggiace al rischio di vincere la causa ma con la sentenza che nega la rifusione delle spese processuali poiché egli non ha non avendo consentito all’amministrazione finanziaria di conoscere, in sede precontenziosa, sia i documenti sia i motivi addotti a proprio favore.

La normativa proposta non può non considerare quanto è stato espresso dalla Corte di Cassazione secondo cui:

  1. il giudice, pur essendo dotato di poteri discrezionali nella liquidazione non può emettere la sentenza informata a criteri equitativi (ordinanza 19.9.2019, n. 23347);
  2. nel caso di riforma, anche parziale, della sentenza impugnata, il giudice deve pronunciarsi sulle spese del giudizio che si è svolto avanti a sé sia su quelle relative ad anni precedenti, a prescindere dalla specifica impugnazione (sentenza 19.5.2000, n. 6540); se la sentenza impugnata è confermata, è necessaria la specifica impugnazione (sentenza 25.11.1992, n. 12551);
  3. la condanna alle spese del contribuente, in quanto pronuncia consequenziale ed accessoria, può essere emessa dal giudice anche d’ufficio, indipendente da una specifica richiesta” (ordinanza 12.6.2018, n. 1532).
Fonte immagine: Foto di Ralph da Pixabay
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